Un fucile decorato come una katana

Beretta Izumi

L’arma simbolo del cacciatore, allo stato attuale delle cose, non può davvero essere paragonata allo strumento bellico dei tempi antichi, un lingotto di materiale ferroso sagomato e poi plasmato, ripiegato ed affilato fino alla capacità d’imporsi sull’integrità della persona. Una spada non colpisce da lontano. Se non sfruttando i meriti della sua estetica, variabilmente sfavillante: poiché le cose belle, pur se talvolta meno utili, rispecchiano in maniera superiore…Il merito, la forza e la saldezza, l’intenzione di far prevalere l’opinione del metallo. O più nello specifico, di colui/colei/coloro che l’impugnano, presso il nemico su di un campo di battaglia, come nell’evento più mondano e ragionevole di una parata, di una qualche austera cerimonia. Ed è probabilmente a un tale mondo parzialmente superato ma pur sempre rilevante, che si sta ispirando la Beretta (Fabbrica d’Armi S.p.A.) nel presentare al pubblico l’ultima esagerazione del suo catalogo premium, il cui prezzo letteralmente tende ad esulare dal sensibile, poiché manca nei materiali pubblicati online a scopo esplicativo. Si tratta, essenzialmente, di un fucile a canna liscia (della tipologia ormai comunemente nota con il termine inglese shotgun) a due canne sovrapposte, il cui castello (la parte metallica tra la culatta e il calcio) è stato minuziosamente ornato da Izumi Koshiro, tra le maggiori autorità viventi nella tecnica dell’incisione su metallo giapponese, specializzato, in modo particolare, nel pur sempre rilevante campo dell’arma bianca nazionale, la katana. Ciò che ne risulta in questo caso, si capisce subito, è un oggetto in grado di attirare l’occhio di chiunque. Come da tradizione dell’attenzione tipicamente shintoista prestata agli oggetti inanimati, il soggetto da lui accuratamente riprodotto avrebbe, nell’intenzione dichiarata, lo scopo di proteggere l’arma e chi la impugna, possibilmente assieme all’intera famiglia. Si tratta di un trittico di draghi serpeggianti, le creature diffuse in tutto l’Estremo Oriente come simbolo di saggezza, fortuna e fonte di ogni sorta di sconvolgimento meteorologico della natura, raffigurati nell’intento d’inseguire la perla sacra, un simbolo da sempre curiosamente, ma non tanto stranamente a conti fatti, tanto simile alla palla usata per giocare con i cani Shih Tzu dell’imperatore della Cina. E se pure lì nell’arcipelago, una terra di guerrieri, la lingua del potere fu parlata unicamente dai guerrieri, che di tali cose raramente si curavano, la grazia e l’armonia sono principi semplici e assoluti, fra le sale della pace come sulla sella di un destriero, dinnanzi alla carica del proprio seguito di samurai.
L’unione fra questi due mondi tanto lontani dal punto di vista geografico, la terra dei tanuki e quella della nostra penisola mediterranea, anch’essa popolata di vulcani, suscita bizzarre ed attraenti suggestioni. Beretta è un’azienda particolarmente antica, che può far risalire la sua eredità fattiva fino al 1526, anno riportato su di un documento d’ordine del doge di Venezia, gelosamente custodito negli archivi privati della sede principale di Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia. Era un’epoca di grandi viaggi e esplorazioni, quella, quando i vari grandi potentati d’Europa spedivano le proprie navi verso il mondo della Terra Incognita, un reame d’inimmaginabili ricchezze e scoperte senza precedenti. Iniziò allora quel flusso di spezie e metalli preziosi, le prime verso Ovest, gli altri verso Est, che avrebbe portata nel giro di un paio di secoli all’istituzione del commercio moderno, a partire da quell’anno estremamente significativo che fu il 1600: data di fondazione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. E parimenti, guarda caso all’altro capo del mega-continente, della gran battaglia di Sekigahara, la fine duramente combattuta del concetto troppo antico di Sengoku, un paese sconvolto dalle guerre tra i suoi principali feudatari.

Leggi tutto

1 24 25 26