Bello, il comodino. Mettici un draghino!

Paper Mache Dragon

Chi non ha mai sognato di possedere il simbolo lucertiforme, e ala-di-pipistrello del Demonio non ha spazio, oppure manca di obiettività. Più ci riempiamo casa di scaffali, tavolini, mensole o termosifoni, meno è facile capire cosa è il caso di appoggiarci sopra. Chi usa chincaglierie moderne, orologini digitali. Altri acquistano anticaglie nei mercati delle pulci. Qualcuno, più semplicemente, compra i pupazzi per bambini dell’Ikea, tipo GOSIG RÅTTA il roditore. Ma c’è un limite alla gioia e la passione che può darti, osservare, giorno dopo giorno, lo stesso topo grigio di peluche, che ti fissa di rimando coi suoi piccoli occhi di plastica semi-trasparente. Persino JÄTTESTOR, l’elefante alto 60 cm, dopo un po’ ti stanca, perché manca di mordente ed a soltanto due paciocche zanne ben torniti, benché sia tenero al tuo tocco un po’ annoiato. Il fatto è che oggi siamo abituati a vivere in confini definiti: l’ordine urbano delle cose, il tranquillo ambiente di lavoro, un letto morbido la sera ed al risveglio, molto spesso, una tazzina di caffé. Ma lo sai da dove viene, spesse volte, quel caffé? Milioni di zibetti, giù nella foresta sudamericana, mangiano le bacche dell’albero di Kopi. Poi qualcuno, tutti i giorni, va a raccogliere ciò che esce dal di dietro dei preziosi beniamini. E custodendolo con cura, lo impacchetta in ricche confezioni, per spedirle su un aereo fino a noi. Assolutamente, davvero delizioso.
Siamo circondati dal mistero, anche se lo dimentichiamo per nostro istintivo desiderio. E sarebbe quindi bello, buono e giusto, averne un vivido memento dentro casa. L’incubo di spine, denti e diafane membrane alari, che ti fissa e fa la guardia, contro l’incedere del tempo e dell’oblio. Ci sono infiniti soprammobili, a questo mondo, e l’infinito chiaramente include pure il drago. Ma chi li ha visti, questi oggetti, ben capisce: che ne esistono di due versioni. Una è graziosa, ha il nome da vichingo come il topo e l’elefante, ma il suo cuore è morbido, i denti senza punte acuminate (affinché non cavino, quel che invece va protetto e conservato, per stereotipo pediatrico diffuso) L’altra è gotica, adatto a chi ama le cose gotiche, il metallo nella musica oppur la plastica brunita. Ma sai cosa ti dico? Di quella roba, ce n’è pure troppa in giro! La lucertola sputafuoco è diverse cose, e molto naturalmente, pure un mostro da evitare per istinto, la cui foggia ispira un certo grado di terrore. Perché a questo lui serviva, quando venne per la prima volta disegnato, nei bestiari ed incunaboli e sui tovaglioli da taverna). Ma ciò tralascia troppo spesso l’altro aspetto, la bellezza. Un vero drago è affascinante. Un drago vero è fantasioso e addirittura comico, per certi versi. Possibilmente, se lo guardi, non scordi tanto presto. Ma soprattutto: ciascun mostro meritevole, più o meno medievale, è un frutto assai diverso, a seconda dell’albero da cui cade, sul suolo di un giorno fantastico e operoso.
E l’artista Dan Reeder della città di Seattle, nello stato di Washington che lui chiama scherzosamente washingmachine, quell’arbusto l’ha coltivato molto (molto) a lungo. Il secondo termine di accrescimento sarà presto aggiunto alla puntuale biografia, chiara come il numero degli anni, 62. Che parla di come, fin da quando ne aveva 22, lui abbia coltivato questa prolifica passione per la carta. Di giornale, di riviste, di vecchi cataloghi di centri commerciali. Ma non per scriverci, semplicemente. Bensì appallottolarla, sopra un tavolo protetto dagli schizzi, assieme a colla candida e vinilica, per dire alla francese: Papier-mâché, la “carta ciancicata” o in termini d’italica persuasione, ben-Pesta. Questo materiale antico, che fra tutti quelli usati per scolpire in tre dimensioni è al tempo stesso il più accessibile, nonché versatile da usare.

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Il drago robotico più grande del mondo

Tradinno

Ci sono diversi modi per mantenere una tradizione; forse il più suggestivo è questo. Nel comune tedesco di Furth Im Wald, al confine con la Repubblica Ceca, da cinque secoli a questa parte si tiene la processione, festa e rappresentazione teatrale del Drachenstich, l’Uccisione del Drago. Le caratteristiche del programma parlano da se: 1500 persone coinvolte tra attori, figuranti e organizzatori. 750 bambini che sfilano in variopinti abiti d’epoca. 200 cavalli seguiti da quasi altrettanti carri storici, non allegorici. Tornei e accurate ricostruzioni di giostre medievali. E poi…Lui. Un robot animatronico, che sarebbe degno di un film de Il Signore degli Anelli non fosse che oggi, in quel campo, si fa tutto al computer. Che quasi ricorderebbe una macchina teatrale creata per il ciclo operistico dei Nibelunghi, se non per quel piccolo dettaglio. Ovvero l’essenziale capacità di muoversi liberamente attraverso un intero paese, camminando su quattro realistiche zampe. La sua performance, infatti, si svolge all’aperto. Tradinno è il dragone verdeserpe, scaglioso, sputafuoco, cornuto (e mazziato) del peso importante di 11 tonnellate, che dal 2007 ha preso il posto di quattro attori in costume, diventando il protagonista indiscusso di una delle più antiche rappresentazione folkloristiche di tutto il centro Europa. Piuttosto che da una caverna della Foresta Nera, Tradinno, il cui nome sarebbe un’amalgama tra “tradizione” e “innovazione”, proviene dalle officine tecnologiche della Zollner, rinomata compagnia di prototipazione e messa in opera meccatronica, con quartier generale nel pieno mezzo del land della Baviera. È frutto dell’appassionata progettazione da parte di 15 massimi esperti del settore, che dentro ci hanno messo di tutto. Nove unità di controllo modulare, ciascuna dotata di due processori DSP; un motore turbo-diesel da 2.0 lt, con la capacità di erogare 80Kw di potenza, più 10 di energia elettrica; due poderosi circuiti pneumatici, finalizzati alla deambulazione; l’organo fiammeggiante, che poi sarebbe una bombola del gas e l’essenziale sistema “di sanguinamento” con 80 litri di acqua colorata, da trafiggere all’occorrenza, con conseguente inzaccheramento dell’eroe di turno, fra il tripudio di tutti i presenti. Il drago è telecomandato.
Un conto è creare sistemi tecnici di supporto all’atmosfera di un evento, ma qui si è andato davvero oltre; un mostro simile, così perfettamente funzionale, toglie la voglia di fare gli eroi. Chi non vorrebbe, piuttosto, cavalcarlo?

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Il signore degli scarabei robotici giganti

Kabutom

Momotaro guardò l’orologio, guardò il foglio del test di metà anno, infine rivolse la sua intera attenzione sull’inesorabile avanzare di quella dannata coppia di lancette. Per gli ultimi 10 minuti aveva cercato di fermarle con la sola forza della mente. Adesso basta, non ce la faceva proprio più. Stranamente, la sua bocca prese a concersi in una smorfia, mentre le labbra si mossero spontaneamente sussurrando sottovoce “Sono freg…” La vecchia prof. Matsuda, subito guardinga, fece di nuovo saettare il suo acuto sguardo da un lato all’altro dell’aula di matematica, pronta ad intercettare eventuali fughe d’informazioni tra i suoi amati 14 pupilli. Non che il sentimento fosse ricambiato, anzi. “…Ato”. Momotaro, pensa! Non puoi portare a casa un altro brutto voto! Tentando di risolvere l’ardua equazione, finì per distrarsi ulteriormente. Impossibile riuscire a far di conto, quando si è coscienti dell’enorme peso della storia.
Strinse nel pugno l’amato ciondolo magatama, gemma segreta del potere.  Come siamo giunti a questo strano 2560 d.C., l’epoca in cui tutti devono saper fare tutto? Io, ultimo discendente del clan degli artropodi guerrieri, costretto a far di conto come un comune servitore del daimyo di Owari! Dannato il pianeta Terra, che da quei tempi  ha scelto di seguire la via della civiltà. Sono passati esattamente mille anni dalla prima invasione degli alieni di Alpha Centauri, spietati conquistatori dei sette continenti. Da quando Sauratomaton, il tirannosauro corazzato, scatenò l’onda che sommerse i palazzi di Atlantide e di Mu. E nessuno mai dimenticherà Deltraidazon, lo strisciante limulo chelicerato, grande divoratore degli eserciti d’Europa e delle Americhe settentrionali. Soltanto i nostri antenati samurai seppero resistere a quei terribili nemici, stringendo le  misteriose alleanze che ancora preservano le poche roccaforti rimaste a questa umanità. La guerra non è mai finita, tutti lo ignorano e a me tocca pure andare a scuola! “Uff…” La prof. Matsuda lanciò un minaccioso colpo di tosse, come stesse schiarendosi la voce. Momotaro tacque. La sua ultima speranza: copiare dal foglio della sgobbona, la sua compagna di banco e di occasionali fantastiche avventure. Il tempo stava per finire. Questo era il momento di fare la sua mossa, imbrogliando.

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L’incursione notturna dell’orribile spettro di Natale

cyriak_xmas

Lo squamoso Melanocetus, orrido predatore degli abissi oceanici, per nutrire la sua insaziabile fame userà stanotte un artificio scellerato. Digrignando le fauci, nascosto in silenzio tra ombre oscure e fondali polverosi, sceglierà con attenzione il momento per accendere la luce arcana dell’irresistibile illicio, l’antenna bioluminescente che appartiene da millenni al suo retaggio evolutivo, perfidia vivente e insuperata di ogni remota profondità marina. La grottesca rana pescatrice, dunque, attende immobile l’ambita preda. Ma ad un tratto coi suoi occhi sporgenti simili a fari, adattati perfettamente all’assenza di luce naturale, il mostro scorge in anticipo un ignaro pesce vipera, vittima perfetta per la sua trappola più volte collaudata. Un punto brillante si agita nelle tenebre: l’antenna si è trasformata in invitante e inatteso pasto per il pesce inconsapevole, quasi come si trattasse di un piccolo e gustoso regalo di Natale. Con speranzosa aspettativa la creatura credulona si avvicina…Ma su di essa si chiuderanno invece, ghigliottine chitinose, mascella e mandibola del più tremendo incubo natante in tutto l’universo pelagico.

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