Le avventure di una palla incandescente

Nickel ball

A quei tempi, si usava chiedere sui campi di battaglia: “Ottima corazza, mio signore, l’ha forgiata con la musica o coi dischi digitali?” Il quarto duca battagliero delle Fiandre, un modello per noi tutti, aveva in testa uno splendido cimiero con due piume, la visiera e una raccolta intera di Stallone in Laserdisc. Plastica, faceva il nome del suo formidabile destriero. Bianco latteo di colore, questo va da se. E sotto il sole risplendeva il cavaliere, con cipiglio di dragone, ricordando il vetro posteriore di talune auto, ingiustamente ritenute: impervie agli autovelox. Non passava certamente inosservato, benché mai multato, con dodici dischetti catarifrangenti sulla testa. O almeno così dicono, alcuni fieri discendenti di quell’uomo. Gli stessi che poi aggiungono: “Un DVD ferma una freccia, due sul cuore per la punta della spada e tre CD-R doppio strato nello stemma, per scoraggiar l’usurpatore.” Difficile sopravvalutare l’importanza dei supporti digitali, nella storia della guerra medievale. All’epoca, si sa, nessuno aveva ancora aperto un flipper, con la fiamma ossidrica, per poi prendersi la palla e farla rossa, gradualmente, allo scopo di bucare un’armatura.
Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, aveva una munifica dimora sopra un colle, proprio fuori da Charlottesville, a Piedmont, nello stato di Virginia. Monticello si chiamava quella casa, mentre adesso è un’università. Bianco era il suo portico, questo va da se. Ricompare, insieme al volto del suo proprietario, sulla più ingannevole moneta, il nichelino. Tanto piccolo, così privo di valore all’apparenza, che giocando a flipper puoi finire per pensare: “Che sarà mai, spendere un pochino, per ricevere ulteriori tre palline!” Galeotta fu la noia, senza l’ombra di una lira. E così pure le idle hands, (mani disoccupate) che…

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Cappellaia danzante con attaccapanni di metallo

Bakunova

Svetlana Bakunova, giocoliera russa, non indossa un semplice capello nero, bensì tre. Sono fulgide bombette, accessori per l’abbigliamento, a ben guardarli, veramente fuori del comune: paiono palle di fuoco, fulmini nell’aria, mentre volano liberamente per il palcoscenico, rispondendo ai criteri di un’imprevedibile coreografia. L’intero teatro, che si direbbe silenziosamente appassionato, segue con lo sguardo l’impossibile serie di scambi tennistici, tra l’artista e questo rischio, potenzialmente improvvido, di un errore che non si realizza mai. Già sappiamo chi la spunterà. L’attaccapanni, nel frattempo, esegue sonnacchioso le sue mosse, spinto in traiettorie iperboloidi da una forza persuasiva. Centripeta, chiamiamola, o più precisamente il calcio-calibrato, dalla scarpa senza tacco della sua padrona opportunista. Non ci servono raccattapalle con le antenne, in questo game, ma passivi pali danzatori. Un giro dopo l’altro, prosegue nel suo ritmo. Ed appare ipnotica, quasi perfetta in ogni minimo dettaglio, tale dimostrazione d’eleganza, fluidità e maestria manipolatoria, realizzata in base ai canoni di un mondo che si concretizza, ormai desueto. La ballerina, i cappelli ed il bastone. Una visione d’altri tempi, per di-versi significativi…Versi.
Questo è il merito della giocoleria. Laddove le altre arti di un’arena scevra di messaggi, senza testi e nato sui più chiari sentimenti incontrano presto i loro limiti espressivi, la danza degli oggetti può parlare molte lingue. Tutto conta, in una simile poesia di gesti visuali: costumi, fondali, musica ed attrezzi. Mettici le quinte del teatro, invece che il tendone! Qui spariscono la passione della fantasia circense, le gioie clownesche, ricompaiono le atmosfere della nebbia londinese, quando sotto le bombette c’erano i banchieri. Alle soglie del 1900 simili cappelli potevano incarnare un certo tipo d’ideali e il nesso principale di quell’epoca. La nascita della moderna borghesia. Ardevano le ciminiere dell’industria. Già i canti popolari e gli inni religiosi, colonne sonore dell’onnipresente pub di Londra, recedevano lasciando il passo a nuovi accordi musicali, ritornati come un razzo dalle tredici colonie inglesi. Al ritmo del sassofono e del jazz.

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L’invidia distruttiva di Chun-Li

Chun-Li is Jealous

“Supiningu Bādo Kikku” Disse la donzella, prima di ruotare a 180 gradi, con la testa all’incontrario, per poi darsi lo slancio rotatorio sufficiente a rovinare la scena. Cassetti, penne, tavoli e stampelle. E pure lei, finita a gambe all’aria. Quando si arrabbiano, i personaggi pixellosi, meglio stare attenti. Non ce n’è più per nessuna.
E con il concludersi di un lungo 2013, come da programma, nuovamente rifiorisce la passione per il classico, inevitabile compendio riassuntivo. Le 10 notizie più importanti. I 5 “personaggi simbolo” dell’anno. Le mode, le tendenze, i punti cardine dell’immaginazione popolare, come il martello saporito di Miley Cyrus, il cinema generalista e soprattutto Candy Crush…Tutto viene riassunto in lunghi e dettagliati articoli, tabelle e hit parades. Lo stesso, nel frattempo, avviene su YouTube, sebbene per il tramite di eclettiche o bizzarre divisioni. Ed è proprio la categoria in oggetto, da che mondo è mondo, la suprema: quella, spassosissima, delle peggiori/migliori cadute degli ultimi 365 giorni. Gli errori di chi, tanto per apparire, crollava in terra rovinosamente. Tutto è lecito sulla tortuosa strada della fama. Ciascuna acrobazia di danza, tuttavia, presenta un certo rischio nello svolgimento, l’imprevisto. È una cosa imprescindibile, che permea quell’attimo di un pericolo gustoso. Perché, si sa, l’invidia degli osservatori ha sempre un certo peso. Siano pure virtuali. Sarebbe, proprio per questo, molto meglio ricordarsi di Chun-Li. La fantastica guerriera con l’impulso di Bruce Lee, colei che combatteva tra le strade di un antico gioco, andando in cerca del granitico, fiammeggiante uber-uomo M. Bison (professione: dittatore Sudamericano). Lei, che un tempo soprattutto era “LA Donna”, l’unico principio femminile, la sola rappresentante di un’intera metà celeste, nel ristretto pantheon ludico rasterizzato. Trionfatrice indiscussa, proprio per questo, tra energumeni, mostri verdi e criminali senza scrupoli.
Poi, gradualmente, siamo passati ad altre dive. La fascinosa Lara Croft, la spartana Lightning, avvolta dal mistero. Persino Peach, bidimensionale principessa dalla gonna rosa, rapita per mestiere, che ad un certo punto, chissà come, si è arricchita di connotazioni interessanti. Eroina, per evoluzione di contesto. Chun-Li, nel frattempo, rimaneva lì, pensierosa.

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Palle di gelato fatte usando il ghiaccio secco

NightHawkInLight

“Riso al forno con pomodorini” mio caro Fantozzi: “Fuori freddi, dentro palla di fuoco, a 18.000 gradi!” Galeotta fu la frase, buttata lì, in grado di segnare un’intera stirpe generazionale. Non capita di frequente che da una commedia satirica, commento disilluso ai più arcinoti travagli della vita salariata, si possa trarre un tale lume preventivo, così universalmente valido nelle nostre cene di ogni giorno. I cibi sferici a base di verdura, se riscaldati in fase di cottura, hanno invero, e lo dimostrano svariati esempi, questa noméa notevolmente perigliosa: di ustionare i più impazienti, causa l’aspetto innocuo della superficie, rispetto al calor-bianco del ripieno. Proprio come il manto dei pianeti, tremendo mare lavico, ricoperto dall’ospitale suolo della crosta, superficie calpestabile su cui ci muoviamo. Purtroppo, ai tempi non c’era un cibo metaforico da contrapporvi. Una cometa di Halley, la palla di neve che orbita sul piano ellittico di questa stella, da riprodurre nei piatti della cena della mega-azienda, fredda dentro, ancor più fredda fuori, da mordere pian piano, non per salvarsi dall’ustione, ma dal congelamento. Poi, in un giorno straordinario, giunse a corte NightHawkInLight, l’alchimista.
Che ha distillato il succo rosso dal falso frutto della fragola, separandolo dai semi e dagli acheni. Che allungando la sua mano, d’ancestral perizia, fra le pieghe più intangibili dell’esistenza, ne ha tratto gli atomi, ripartendoli nel numero perfetto della triplice unità: due di ossigeno, uno di carbonio, per poi vincolarli nella forma più intangibile di un gas, l’anidride, irrespirabile, manifestazione spiritica dell’aere proditoria. Questa, dunque, l’ha rapidamente congelata dentro a un magico alambicco, chiamato nella lingua degli umani: “refrigeratore”. A meno 20 gradi celsius, ancor non succedeva nulla. A meno 40, s’irrigidiva lievemente l’etere. Raggiunto il numero fatidico di -78.5, giustappunto e per d’un tratto, fu completa l’agognata trasfigurazione.
Da dove prima c’era il nulla, egli trasse con solennità quel sasso solido, dalla forma frastagliata. Era ghiaccio, però di un tipo strano. Perché pareva secco.

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