Immaginate una parete impenetrabile messa come barriera tra due universi sovrapposti e tridimensionali, simili dal punto di vista fisico, eppur diversi nel funzionamento. In modo radicale. Da una parte, ci sarebbe l’etere di un’aria respirabile. Una matrice di leggere particelle, invisibili, compenetrate dalla luce; dall’altra, il mondo di un tutto unico e indiviso, fatto di materia solida, terra fissa e ben compatta. Il primo di questi diversi ambienti, grazie al calore e alla possente luminosità, sarà l’ospite di ogni forma di vita. Nobili camminatori, bipedi o quadrupedi, lo percorreranno fieramente. Come loro predisposizione, si affolleranno presso la rigida barriera che divide i due diversi Regni. Altri esseri, sbattendo forti ed ampie ali, tenderanno invece ad allontanarsi maggiormente, ove l’aria è maggiormente rarefatta e luminosa.
Verso il confine della parte contrapposta, parimenti, strisceranno i vermi. Creature cieche e quasi prive di coscienza, adattate a prosperare nelle sabbie dell’insussistenza. Mentre oltre un certo numero di metri dalla barriera, da codesto lato, regnerà il silenzio. Ma tenete ben presente, nella vostra immaginifica creazione, come ciò non significhi: mancanza di un valore. Tanto che in corrispondenza del confine, vivranno dei giganti verdi, assetati. Costoro, a cavallo tra uno spazio e l’altro, con radici tese verso il basso, rami che si tendono verso la luce e l’infinito, succhieranno il fluido di quei mondi. Riuscendo a far fiorire l’ultima generazione delle piante. E poi l’ultima, di nuovo. Perché il muro tende a spostarsi verso l’alto, con il tempo. E ciò che passa dalla luce all’ombra, non può sopravvivere. Viene alchemicamente trasformato, in sostanza liquefatta: il fluido degli antichi boschi atlantidei. L’oro nero, eureka! Petrolio, petrolio per nutrire i meccanismi della nostra sacra civiltà. Sia questo posto sotto la terra ferma, oppure in mezzo al mare sconfinato.
Il carburante oggetto di un antico desiderio viene spesso ripescato da una piattaforma colossale, con le palafitte di cemento armato. Così noi suggiamo, come quelle piante ormai defunte facevano coi fluidi nutritivi, della tenebra nascosta. Ma riuscirci non è facile: richiede un tipo di radici assai particolare. Chilometri d’invincibile metallo. In grado di bucare, molto a fondo, proprio dove si ritrovano quei tristi giacimenti. Lance del destino, le trivelle. Un pungolo insistente, in grado di rimescolare ciò che è immobile da sempre. Ben oltre il concetto del bene, del male e l’intenzione. L’energia del mondo elementale, in potenza, non può essere controllata. È inconoscibile, immisurabile, priva di limiti evidenti; se buchi la Terra, in mezzo all’Acqua, per ossigenare dei tesori fra la dolce e pura Aria del tuo mondo…Qualche volta, ciò che ottieni, è puro Fuoco divampante. Ma non temere, umano combustibile, un po’ scriteriato. Tuo è l’ingegno e il mezzo che risolve ogni problema: Machina ex Machina. Scivola sereno, verso la salvezza!
invenzioni
Costruisce ciotole con l’energia del Sole
Ninnoli e trastulli, piccole, curiose bagatelle. Perché assemblare faticosamente i propri oggetti del divertimento, oppure utili strumenti, col sudore della propria fronte! Meglio sarebbe, grondare copiosamente, ma non per la fatica. A causa del calore di quell’astro che ci dà sostentamento, il gusto della luce per vedere oltre ad almeno (1) un’alba al giorno. Sole, a chi soltanto il giusto, a chi davvero troppo: nel deserto occidentale egiziano, oltre le alte torri della cittadella sopra il Cairo, ben oltre l’ombra di piramidi tentatrici, il di bianco vestuto Markus Kayser scarica dall’auto il suo bagaglio. Dentro ad esso c’è un sistema, all’apparenza non dissimile da un velivolo spaziale. Per una questione di pannelli.
Pare un po’ un prestigiatore, intento a preparare il palco del suo favoloso exploit, dinnanzi a un pubblico che è già sparito; soffia solo il vento del silenzio, mentre osserva, solitario, l’occhio della videocamera. Lui orienta il meccanismo, appronta l’implemento di concentrazione della luce. Si tratta, niente meno, che di una lente di Fresnel, invenzione ottocentesca dell’omonimo fisico francese (Augustin-Jean). Costruita con una zigrinatura che permette di ottenere un potere diottrico elevato, oltre a una distanza focale assai ridotta in uno spazio relativamente contenuto; meno della metà dello spessore, rispetto a soluzioni tradizionali. Serviva originariamente, non per i cannocchiali, poiché la chiarezza delle immagini sarebbe stata troppo bassa, bensì per potenziare a dismisura i fari delle navi. Amplificava la luce, come adesso la riceve. Assieme ad un sistema semovente automatico, nonché alla Missione di trovare la risposta. Per un quesito pregno e significativo: che faremo, di qui a poco? Esauriti i carburanti fossili, finito il mondo delle fabbriche o catene di montaggio, senza l’energia utile a plasmare i materiali della ciotolina del bisogno, dove potremo mai mangiare, questi automatici, nutritivi, giornalieri e mistici corn flakes? In quale astruso recipiente…
È un bel problema. Perché se un tempo esistevano dei metodi, davvero accessibili, per far girare sopra un tornio dell’argilla, traendone perfette cose tondeggianti e concave, adesso mancano, nell’ordine: la voglia, i torni e pure l’argilla. Enter, him: l’artista. A dirci di non rinunciare. La soluzione, tu potrai trovare – “basta” assemblare l’equivalente costruttivo dello specchio di Archimede. Portarlo in automobile 4×4 fino ai confini della civiltà, dove si trovano delle polveri speciali, composte in maggioranza dall’ossigeno e il silicio. Orientare il tutto, accendere il motore ad energia solare. Per lasciare che sinapsi positroniche, oppur la loro equivalenza, facciano il resto e tirino la FORMA, fuori dalla SABBIA. Del resto, biente cucchiaio per i disperati…
Perché poi la pila piena non rimbalza mai?
Provateci adesso, oh, per favore fatelo subito senza un singolo grammo d’esitazione. La notte è giovane, il giorno lo esige. Lanciate il telefono cellulare contro qualcosa!* WHOMP – Il muro, il suolo, la terra o il capitello dorico che avete nell’angolo del salone, con sopra la testa dell’ultimo Imperatore. È forse l’oggetto in questione, per qualche ragione, tornato indietro? (Certo che no) l’onnipresente strumento dei nostri tempi informatizzati non è un boomerang, oppure il possente martello di Thor. Eppure compare, all’orecchio di tutti, negli attimi meno appropriati. Dunque dev’essere, per evidente inferenza, dotato di un grande Potere. Il sublime incantesimo dell’Onnipresenza. Ma ciò lo rende, delicato alle incidenze del Fato. Non c’è invero bisogno delle fiamme inesauribili dell’omonimo Monte, per sbriciolarlo come una mummia dei tempi egizi, improvvisamente esposta alle nebbie umide dell’alba dei nostri giorni; basta che cada, da un’altezza di 10-20 cm, a seconda del vostro modello. Benché mele migliori avessero, in un tempo lontano, dimostrato l’effetto invisibile della gravità. Che tutt’ora condiziona tutti. Attira verso il basso ogni cosa, ma con variabile apporto energetico conseguente. Il problema maggiormente rilevanti dei moderni smartphone, come lascia intuire il nome, è l’approccio complesso ai problemi fin troppo semplici. Giacché l’ingegneria moderna, con i suoi perentori dettami, ci ha imperiosamente obbligato ad essere “intelligenti”. Abbandonando i due vecchi amici, il caro nichel e l’amorevole cadmio, e muovendoci verso frequentazioni dotate di una certa doppiezza. Lo ammetto, gli accumulatori agli ioni di litio presentano innegabili e fondamentali vantaggi: sono piccoli. Leggeri. Mantengono a lungo la carica e quando necessario, la recuperano in un paio d’ore, o tutt’al più giu di lì. Ma se simili implementi energetici vengono danneggiati, o sovraccaricati… Si, forse non ne siete a conoscenza. Però nella vostra tasca quotidiana, miei amanti dei gadget sappiatelo, tenete una piccola bomba. Che per di più non rimbalza! Di certo non l’avrebbe accettato Sir Isaac Newton, né tantomeno il nostro buon Alessandro Volta, colui che per primo aveva avuto l’Idea. Di metterci un catodo. Con sopra un anodo. E viver per sempre felice.
Adesso è il momento: raccogliete da terra il telefonino. Che ovviamente non si sarà rotto (*ce l’avete la custodia, vero?) Aprite il misterioso sportellino dietro il telecomando della TV. Dentro ci troverete, supremo mistero dei nostri giorni, due piccoli cilindri di metallo. Si, no, si. Nel mondo moderno, incredibile a dirsi, c’è ancora un legame coi tempi che furono, di energia intercambiabile ed usa e getta. Nascosta dai nostri occhi di economisti, ecologici amanti della natura. Queste due sono PILE. Studiatele. Accarezzatele, mostrategli il vostro affetto. E quando meno se lo aspettano, scagliatele contro il vostro nemico. Se erano scariche, anche soltanto un pochino, torneranno indietro. Perché? Ecco…
Sublimazione casalinga della plastica da buttar via
Il riciclo è un concetto moderno che permette di andare oltre l’apparenza delle cose inerti. Questo senso inesatto che la materia prima, una volta lavorata, sia del tutto fissa ed incapace di mutare, priva della scintilla sacra naturale. Ciò che era, era. Non sarà mai più! È andato perso il gusto di chi distillava il fluido mercuriale. E supervalutiamo, da entusiasti ecologisti, la potenza delle nostre fabbriche e tecnologie. Per ogni albero che cade, muore e si decompone, sorge dalle sabbie una bottiglia in plastica. La quale, una volta svuotata dei suoi contenuti, resta vuota “spazzatura”. Ma ebbene ciò che la compone, il succo solidificato del petrolio che si chiama plastica, non è tanto diverso, nei suoi presupposti, dall’essere vegetativo deceduto. Può fare o dare ancora molto, questa vera linfa trasmutata.
Porre le fondamenta di una simile rinascita, purtroppo, non è affatto facile. La maggior parte delle volte, forti dello spirito d’appartenenza, ci affidiamo al nostro netturbino di fiducia. Buon per noi. La raccolta differenziata, come dimostrano gli studi di settore, può fare veramente molto. Quattro secchi dentro casa, ciascuno destinato ad altrettante Provvidenze: plastica, vetro, carta e il Nulla (ovvero l’umido, che si spera possa evaporare senza troppi danni, almeno lui). E da lì quaderni, elastici, vestiario, barattoli e…Tutte le altre innumerevoli creazioni della nostra economia di scala. L’industria, dopo la fine dell’impiego, che ritorna nuovamente tale, in un circolo senza via d’uscita. Il quale ricorda l’immagine del gran serpente Ouroboros, eternamente condannato a mordersi la coda. In quanto se pure la ricicli, quella bottiglia lì, non ritorna certamente albero. Ma darà vita a un’altra, quasi uguale a lei! Finché un giorno, prima o poi, qualcuno dallo scarso senso civile (giammai!) Non finisca per gettarla dentro a un cassonetto per il vetro. E allora, la catastrofe. L’inesorabile dannazione: uno spreco che si verifica, alla fine, senza via di scampo. Nessuna speranza, dunque? Senz’altro. Se si seguono le strade della consuetudine.
Per sfuggire a quel destino esiste, tuttavia, una strada del riciclo Superiore. Maggiormente degno di essere stimato: fatto in casa, per creare oggetti dal sentire personale. Ciò che è stato messo insieme dalle macchine, può disfare la sapiente mano umana. Immortale. Specialmente se aiutata da strumenti di lavoro, come il principe fra questi – la fiamma purificatrice. Questa ragazza, nota con lo strano nome internettiano di “The Art of Weapons” tale cosa l’ha scoperta, ormai da molto tempo. Perché lei produce fionde, incredibilmente, dalla plastica dei tappi di polietilene ad alta densità. Che dapprima squaglia dentro al forno. Dunque, avvolta dagli aromatici fumi della termoplastica liquefatta, prende quell’ammasso come fosse l’amalgama di un dolce, lo intreccia, spiana e mette dentro ad una morsa. Per lasciarlo indurire in una bitorzoluta mattonella che già da se, in particolari case post-moderne, potrebbe ben fungere da arredo stravagante. Ma come facilmente potrete immaginare, non finisce qui. Perché a quel punto taglia, fresa e lima, fino all’ottenimento di una caratteristica forma ad Y, usata fin dai tempi degli antichi nella caccia e per il tiro d’intrattenimento. Manca solo il sassolino. Chissà se le lattine sforacchiate avranno anche loro… Nuova vita.