Pappagallo cacatua che nutre il cane

Pappagallo da biscotti

Con gli occhi che strabuzzano dalle orbite pelose, la lingua grondante una saliva rosea e soddisfatta, il pelo delle orecchie un po’ scomposto. Un osso bianco che gli fluttua sulla testa, dall’invitante dicitura: MILK-BONES. Guardo il border collie sulla scatola e capisco: si, proprio questa è la felicità. Ricevere un biscotto in dono, da qualcuno, all’ora splendida della Rivoluzione. Sia Rovesciata l’aristocrazia delle credenze, non domani! Adesso, immediatamente! Venga distrutto l’autoritaria Cospirazione degli umani che acquisiscono, attraverso incomprensibili stregonerie, sapori Prelibati. Solamente per nasconderli nel buio delle cose oscure malamente scalcagnate. Non c’è barriera valida allo scopo di fermare il cambio delle ere. Perché il cane è grande e nero, pacifico e satollo. Si accontenta di ricevere il suo rancio quotidiano. Mentre io, il pappagallo.
Sorge il sole sopra un mondo differente: Cacatua alba, potere ai piccoli artigliati. Scientificamente identificati da cotanto appellativo, un misto del patrio idioma malese e della lingua dei latini, tanto carico di metaforici significati. Comunque,  il nome proprio dell’uccello è solamente Spike. Come una punta: spike, penetrata per abuso nella limpida cucina, con lo scopo di riscrivere la costituzione delle bestie casalinghe. È una scena, curiosa. Interessante, senza dubbio. Il volatile, una nuova conoscenza internettiana grazie solamente al suo canale aperto ad-hoc, ha trovato sopra il piano di lavoro questa confezione di primizie quasi incommestibili, pensate per dare soddisfazione al più accondiscendete dei palati; perché il cane mangia, quasi sempre. È la sua prerogativa massima, il sincero fondamento del suo ego. La potenza del suo naso, che lo guida a una maggiore comprensione delle cose. Come questa, soprattutto. Che il pappagallo stia per capovolgere i rapporti di potere. Provocando il caos.
Gli appartenenti alla famiglia dei cacatuidi, tra tutte le creature dell’ordine degli psittacidi, sono certamente i meno benvoluti. Nelle loro terre di selvatica appartenenza, tra cui l’Australia, l’Indonesia, le Filippine e la Nuova Guinea, sono visti come l’approssimazione ragionevole e piumata degli orrendi Gremlins cinematografici. Divorano e distruggono le coltivazioni del sorgo e dei girasoli. Mangiucchiano l’involucro dei fili della luce, causando interruzioni elettriche e il profumo tipico del pollo arrosto. Poi, una volta giunti presso i centri urbani, strappano le guarnizioni delle finestre, rosicchiano gli arredi da giardino. Questi uccelli sono estremamente prolifici e il loro becco, duro e ricurvo, ha la capacità di penetrare anche la terra, che talvolta scavano in cerca di cibo. Sono tali approcci al passatempo quotidiano, veri istinti primordiali. Che ben difficilmente possono sparire, anche nel caso in cui si cresca in una casa amorevole quanto ospitale, dove l’abbondanza fa da onnipresente schema delle cose. Non è pura disobbedienza civile. O pura e semplice anarchia…

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Non toccare il sifonoforo sommerso

Sifonoforo

Viola e bianco, viola e bianco. Non è un pesce, non è un fiore. Non ha petali né cuore. Non ha squame, pinne o una vescica natatoria. Più che nuotare o camminare, giace, semi-trascinato via dalla corrente. Eppure è vivo, molte volte, questo parente prossimo della medusa Physalia physalis, l’orribile, temuta (assolutamente meravigliosa) caravella portoghese. Un essere che si compone, esattamente come il qui presente, di un certo numero di zooidi. Ovvero multipli organismi, un tempo indipendenti, oggi fusi in questo singolo…Animale. Se vogliamo. Mitologico, quanto meno. Sembra del resto, la ragionevole approssimazione di un bizzarro unicorno spaziale, con la coda vaporosa di un grazioso pechinese. È un’antenna quella? Un lungo naso? Beh, non c’è davvero di che arrovellarsi. Il suo ritrovamento ha lasciato basiti anche coloro che lo hanno scovato, per la prima volta, esattamente un paio di stipendi fa.
Siamo verso la fine giugno: l’equipaggio della E/V Nautilus, presso un punto imprecisato del Golfo del Messico, comprende dai rilevamenti del sonar di bordo che è giunto il momento di attivare i droni telecomandati. Cani sciolti di questo vascello, dotato di un solo antesignano al mondo, lungo 64 metri,
 con a bordo 31 scienziati e 17 membri dell’equipaggio. Stiamo parlando, molto evidentemente, di uno straordinario mezzo esplorativo. Per una spedizione destinata a giungere, verso settembre e ottobre, fino alle propaggini settentrionali del Mar dei Caraibi, con l’obiettivo di approfondire la nostra conoscenza geologica, archeologica e biologica di questi luoghi splendidi, tanto spesso visitati e ancora ricchi di segreti da scoprire. Soprattutto grazie allo strumento della telepresenza e il megafono divulgativo del web, vivace almeno quanto tali abissi sospirati. Sede anch’esso di misteri e mostri alieni, parimenti all’altro luogo qui citato. L’incontro si è verificato, dunque, sotto gli occhi di noi tutti. O almeno, di coloro che fossero tanto fortunati da trovarsi presso il sito in streaming della spedizione in quel momento topico e inatteso, quando Kelly Moran con il suo collega, alla guida remota di uno degli iper-tecnologici sommergibili di cui sopra, forse l’Hercules, oppure l’Argus, si è ritrovata sotto i fari un tale diafano fantasma. Riconoscendolo immediatamente, il che non era facile. Cribbio, guarda qui che roba!
I sifonofori fanno parte del vasto gruppo tassonomico degli Cnidaria, lo stesso dei coralli, degli idroidi e delle semplici meduse. Benché abbiano, con queste ultime, ben poco a che vedere. Si tratta di un ordine che ha sempre affascinato e perplesso gli scienziati, per le sue caratteristiche davvero uniche, l’aspetto bizzarro e la placida pericolosità. Tali esseri all’apparenza indifesi e facilmente fatti a pezzi, infatti, spesso nascondono l’arma terribile dei nematocisti: zooidi specializzati nel rilascio di un veleno assai potente, che colpisce il sistema nervoso e i linfonodi, mettendo subito fuori combattimento i loro presunti predatori. Incluso, neanche a dirlo, l’uomo.

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Il dilemma del cavolo e del cane

Maymo Vegetables

E del broccolo e della banana. Del porro, della rutabaga e della salvia. O della mezza melanzana. Può il cane, divorare i peperoni? Il limone da cui prende il suo colore? La scaròla, un pezzo di radicchio, lo spinacio e la biancastra foglia dell’indivia belga? Certamente, che domande. Se gli piace, addirittura. Ma non tutto fa verdura: ogni valida primizia della terra, nell’ultimo video di Maymo “The Cute Dog”, viene posta sulla cima della sua graziosa testa e soppesato. Affinché i principi maggiormente nutritivi di ciascuna cosa possano acquisirsi per osmosi, dallo sguardo di quel muso bianco e un pò rosato. Carico di un bizzarro sentimento, della devozione e di pazienza, soprattutto quest’ultima, nonostante le bizzarre imposizioni del padrone, in dura marcia verso la celebrità. Sembra di sentirlo articolare una parola, a un tale cane…A me, ancora! (Di salvezza).
È del resto un lemon-beagle, questo, che ben conosce le ragioni della fama digitale: ogni settimana, sospinto dall’aspettativa di ricevere una manciata di biscotti, si lascia coinvolgere in diverse situazioni. Molto differenti dalla vita quotidiana, l’insegna di un quadrupede comune. Ti sorprenderò. Disse l’uomo senza volto al suo migliore amico: c’è un continuo crescere dei presupposti, tra lo tsunami di palline, l’incontro con lo squalo-dirigibile, gli abiti ridicoli e le corna di renna e così via. Che, per l’appunto, mai furono particolari come questi dell’ultimo exploit, né tanto carichi di controsensi. In quanto è noto che, nonostante sia teoricamente onnivoro, il cane non gradisce le verdure. Nella ciotola, né tantomeno innanzi ai propri occhi, come capita coi cuccioli, posti a confronto con oggetti poco adatti ai loro teneri palati. Ma che lo sembrano, dal primo sguardo e dall’odore. E chi non ha presente la classica scena del cagnolino, oppure cagnolone mai cresciuto, che saltella intorno ad un limone, ad un fagiolo o una noce dentro il guscio. Devo…mangiare…ma?! Il nesso ultimo di un irreale show: dare prova finalmente, in barba a tutti i cani militari sottoposti a duri addestramenti, che l’unica salsiccia che profuma è quella della mente. Ed è inutile, invero, sventolarla come prova irresistibile d’autocontrollo. Il cane vuole, sopra ogni altra cosa, che sia soddisfatto il suo padrone. Non la patria, né la divisa o il medaglione del suo battaglione. Soltanto quando ciò è impossibile, talune volte pensa a se. [Bark, bark!] E così via, cocomero e carota. Quanto dura, dannazione? Cento, CENTO tra frutti e verdure, dall’A di asparago alla Z di zucchina, l’aureo cane ha ricevuto, alla media di uno per secondo, collocati attraverso alcuni lunghi mesi di lavoro, tentativi e la ricerca, lo sviluppo di particolari soluzioni. Alcuni degli oggetti alimentari in questione, troppo tondeggianti per poter trovare posto sopra il cranico emisfero della belva, sono stati lavorati come fossero cappelli. Da una mano sempre posta fuori della scena, affinché sia chiaro chi è il protagonista: solamente lo stupendo tavolino, vivido e vivente, ma pacifico, latente. Che parrà, di volta in volta, un pompiere o un poliziotto, il centrotavola di un pranzo luculliano. Piuttosto che l’improbabile ballerino, di un pomeriggio a perder peli, presso il carnevale di Rio de Janeiro. Quanta calma, ci dimostra. E quale pace d’animo assoluta. Finché, dopo un lungo pazientare, non riceve in dono un cavolo indifeso, da fagocitare:

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Porto a spasso il pappagallo con la moto

Macaw Bike 2

Quest’uomo comprende la reale potenzialità dell’orgoglioso e variopinto Ara ararauna, il tipico ornamento di un salotto degli amanti degli uccelli, sopra trespoli monumentali e circondati dallo sterco. Novanta centimetri di lunghezza. Oltre un metro di apertura alare. Eppure, tutto quello che può fare è dire il nome del padrone? Chiedere un bramato e piccolo croccantino? Da sgranocchiare, pian pianino, con quel becco ricurvo in grado di sollevare facilmente una valigia bella piena? Piuttosto che imbarcarla e andare in viaggio, come niente fosse, oltre le regioni del domestico languìre… Per giungere alla fine, sui limiti dell’orizzonte. Tra i pietrosi monti di una campagna del Mediterraneo, a pochi metri dell’asfalto e innanzi ai fari di un veloce motociclo, da cui si ode quel richiamo un po’ insistente: “Halŏ? Halŏ?” Non è un videogioco ma un destino di scoperta. Per segnare il tempo della scena o della scienza: è in fondo questo, uno stupendo esperimento. Che dimostra come, ebbene si, è possibile portarsi in giro il proprio uccello prediletto. Senza l’uso del guinzaglio, né di differenti imbracature. Purché ci s’ingegni per volare, pressapoco come lui.
Siamo presso la spiaggia di Kolimbithres, nel bel mezzo del barbagliante Mar Egeo, presso l’isola di Paros. Tra le Cicladi, probabilmente la migliore. E l’autore del video, nonché proprietario del protagonista, si fa definire su Internet con l’handle Waterskyzone. Un nome che suggerisce una passione importante per lo sci d’acqua, benché qui messa in secondo piano, brevemente, a vantaggio di un indimenticabile giretto su due ruote. In sella assieme a Vito, il pappagallo. La vista di un uccello tropicale come questo, per una volta libero di vagheggiare per l’aere sconfinato, susciterebbe normalmente l’immagine di ombrose foreste presso l’equatore e ricche di alberi con accoglienti cavità. Presso cui nidificare, ben lontani dagli umani. Perché è piuttosto raro, per non dire inaudito, che una simile creatura possa un dì tornare libera, una volta assaporata la comodità del vivere dentro una casa. Di essere serviti e riveriti, come un raro gioiello, privo di altro senso che la propria mirabile esistenza. Le ali, allora, si riducono ad un manto di nebbiosa sussistenza. Mentre l’occhio tondeggiante, attento al minimo dettaglio, scruta occasionalmente oltre i pannelli delle porte a vetro, verso il mare o il mondo assai distante. È questo il nostro stesso fato, oltre a quello delle bestie nella casa, se si perde la voglia di rischiare, mettendo in discussione i quotidiani presupposti.
L’evidenza è un torvo consigliere: può sembrare, raggiungendo la maturità, che portare fuori casa il pappagallo, come fosse un Fido quattrozampe, sia un rischio immeritevole di considerazione. Che certamente, un grosso gatto se lo mangerebbe. O un falco se lo prenderebbe, una faina, una formicaleone lo risucchierebbe. E quanto spesso si odono qui a Roma, i versi dei raminghi che si annidano, sperduti, tra gli alberi di Villa Borghese…Ma sono liberi, per le loro penne, addirittura!

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