Tutto ciò che l’occhio riesce a scorgere, nel tratto di mare situato tra l’isola scozzese di Soay e quella irlandese di Tory, 700 Km a sud dell’Islanda, in origine non era altro che una semplice roccia dell’altezza di un palazzo di quattro piani. Il nucleo granitico di un vulcano estinto, unica parte emergente di un’intera cordigliera sommersa. Eppure come nell’immensità del cosmo, corpi astrali generano il campo gravitazionale che influenza il movimento degli oggetti vicini, attraverso il corso dell’ultimo secolo questa pinna magmatica è giunta a costituire il punto nodale di una questione destinata ad influenzare la vita di centinaia, se non migliaia di pescatori, nonché le relazioni diplomatiche tra quattro paesi distinti. Tanto da poter riassumere la complicata faccenda con l’espressione sintetica: “In Inghilterra, Irlanda, Danimarca e Islanda, tutti quanti vanno pazzi per Rockall.
Fondamento del diritto marittimo dei nostri giorni, da Occidente a Oriente, è che l’utilizzo di una qualsivoglia tipologia di terra emersa crei giurisdizione, inteso come l’incorporamento di fatto nelle operazioni logistiche di una nazione. Così che nel caso in cui qualcuno abiti sopra un determinato luogo, non importa quanto piccolo o remoto, egli genera una zona circolare calcolabile attorno alle 12 miglia nautiche, ove soltanto i pescherecci battenti la stessa bandiera potranno ricevere il permesso d’operare in modo totalmente legittimo ed indisturbato. C’era, inoltre, la problematica pendente del fatto che una nazione ostile, come l’Unione Sovietica, potesse ipoteticamente installare un sito di spionaggio la sopra, lontano da occhi indiscreti. Giusto mentre venivano effettuati i primi test di missili intercontinentali nelle acque del principale oceano settentrionale. Ecco perché, in parole povere, nel 1955 la Gran Bretagna si preoccupò d’inviare presso un isolotto di soli 784 metri quadri l’intero equipaggio della nave di perlustrazione HMS Vidal, il cui elicottero avrebbe depositato il tenente comandante Desmond Scott assieme a un seguito di due persone, per erigere presso la cima l’imprescindibile bandiera dell’Union Jack. “Nel nome della Regina Elisabetta II, signora delle Isole e degli altri Territori, sovrana del Commonwealth, protettrice della Terra etc. etc. oggi prendiamo possesso di quest’isola di Rockall. Sia resa gloria a Sua Maestà.” Il che, dal punto di vista degli inglesi, oltre a costituire l’ultima espansione dell’Impero Britannico, avrebbe dovuto chiudere la questione a sempiterna memoria. Come potrete facilmente immaginare, non fu così. Dopo tutto la vicinanza territoriale con l’Irlanda era maggiore rispetto a quella della terra firma dell’espansionista Albione, il che avrebbe presto proiettato l’importanza strategica di Rockall ai fasti dell’opinione pubblica di entrambi i paesi, con proteste, udienze parlamentari ed una raffica di articoli su quotidiani e riviste ad ampia tiratura. Entro la fine di quell’anno, addirittura, l’ottantaquattrenne membro del Clan Mackay, J. Abrach Mackay, affermò che un suo antenato aveva preso possesso legalmente di quell’isola e nessun governo avrebbe potuto effettivamente reclamarla. Assai prevedibilmente, fu completamente ignorato…
isole
La strana vita dell’oca poco acquatica dal becco del colore di una zucchina d’inverno
“Essere o non essere, quack-sto è il problema” Un’oca. Sulle spiagge dell’isola di Cape Barren, lungo la costa orientale tasmaniana, un gruppo di grossi uccelli grigi si aggirano alla ricerca di piccoli ciuffi verdi tra gli strati di sabbia smossa. Il collo lungo, le zampe palmate, le grandi ali ricoperte di ordinate macchie di tonalità più scura; tutto, in loro, suggerisce l’idea di un anseriforme, la stessa famiglia tassonomica di uccelli simili diffusa nella maggior parte dei continenti. Informazione formalmente vera, benché a conti fatti nessuno sembrerebbe averlo reso noto ai piumosi abitanti di questi luoghi. Che non si avvicinano neppure al bagnasciuga, non cercano le alghe, non fanno insomma nulla di quanto ci si aspetterebbe dalla loro specifica conformazione fisica e predisposizione genetica ereditaria. Questo poiché la Cereopsis novaehollandiae, con una popolazione complessiva di appena 11.000-12.000 esemplari esclusivamente distribuiti in questa terra emersa e alcune piccole isole antistanti, oltre all’intera parte meridionale degli stati australiani, rappresenta il raro caso dell’evoluzione che per fare fronte a situazioni atipiche, parrebbe aver imboccato un’improvvisa via periferica dal corso principale degli eventi. Nicchie specifiche di ambienti chiaramente definiti: c’è moltissimo che può avvenire, nel corso di qualche pregresso millennio, al palesarsi di fenotipi e caratteristiche degne di una voce diversa sull’enciclopedia. Chiedetelo, volendo, a loro stesse. Che da un becco bitorzoluto dall’atipica tonalità verdognola (la lingua pare un piccolo serpente) vi risponderanno usando un verso stranamente fuori dal contesto, come un doppio grugnito alto e basso, simile a quello del maiale. Poiché il modo d’esprimersi, è cosa nota, rappresenta il primo segno di essere in un territorio nuovo.
Gradualmente, avvicinandovi, inizierete quindi a fare la loro conoscenza. Non in modo così cordiale, s’intende: l’oca di Capo Barren, come in effetti non pochi altri rappresentanti di questa tipologia d’uccelli, vanta un atteggiamento alquanto scontroso soprattutto quando necessita di fare la guardia ai propri piccoli, fino a quattro graziosi piumini a strisce bianche e nere che tra luglio e settembre diventeranno una presenza immancabile al seguito della coppia monogama genitoriale. Ma nel loro specifico caso, possono fare affidamento su un’arma incorporata decisamente particolare: la coppia di protrusioni ossee situate nel punto mediano delle ali, funzionalmente non dissimili da un tirapugni in uso nelle gang di strada. Guai, dunque, a chi rendesse manifesto l’apparente intento di avventurarsi nel loro territorio…
L’ultimo castello colonnare che troneggia sotto l’isola scozzese dei giganti
Prima degli articoli sulle riviste, i documentari televisivi, gli influencer di TikTok, le destinazioni turistiche nascevano e guadagnavano la loro fama tramite gli strumenti propriamente interconnessi al mondo della cultura. Così che la citazione da parte dello scrittore James Macpherson di un’isola remota nell’arcipelago delle Ebridi un tempo denominata Staffa (“colonna”) lunga appena 1,2 Km e larga 400 metri, come luogo di nascita di Ossian, il leggendario poeta da lui citato come ispiratore del suo corpus di opere narrative sulla mitologia dei popoli del Nord, avrebbe suscitato a partire dal 1761 l’interesse collettivo dei romantici, incapaci di resistere al sito caratteristico ove sorgeva un antico castello. Personaggi come il compositore Felix Mendelssohn, che ancora nel 1829, durante un’escursione presso l’arcipelago d’isole scozzesi noto come le Ebridi, fu famosamente sorpreso di non trovare sopra le alte coste nessun tipo di rovina, ma al di sotto di queste, lo spazio vuoto di una grande sala simile alla volta di una cattedrale, la cui altezza dalle acque lambenti dell’Atlantico sembrava superare i 22 metri d’altitudine dallo scafo della sua minuta imbarcazione. Dovete considerare a tal proposito come a quell’epoca, persino dopo l’introduzione del metodo scientifico e la nascita dell’archeologia, l’origine naturale di una simile struttura non sarebbe stata particolarmente evidente, questione già all’origine di una disputa mezzo secolo prima tra il geografo del regno Joseph Banks ed F. Cope Whitehouse, egittologo, nonché studioso delle cosiddette civiltà perdute. Ciò detto il musicista Mendelssohn, che aveva differenti sensibilità, senza soffermarsi troppo sulla questione si lasciò trasportare da un diverso scorcio sensoriale, quello garantito dal particolare suono che le onde producevano all’interno di una simile struttura basaltica, costituito da un’innumerevole susseguirsi di formazioni di basalto verticale geometricamente ripetute, simili a quelle dell’ancor più famoso Selciato del Gigante (“Clochán an Aifir“) situato all’altro lato del braccio di mare che separa Scozia ed Irlanda. Un rimbalzare riecheggiante di tonalità melodiose, che egli avrebbe trasformato e riproposto l’anno successivo come tema principale di quello che potrebbe essere chiamato il suo capolavoro, l’ouverture privo di un’opera Die Hebriden, dedicato al sublime senso di solitudine e la natura selvaggia dell’eponimo gruppo d’isole inglesi. Entro cui lo spazio cavo sotto Staffa era stato detto in lingua gaelica, prima del passaggio e della trattazione ad opera di J. Banks, Uamh Bhin ovvero Grotta Melodiosa, finché le associazioni letterarie di cui sopra non l’avrebbero vista ribattezzare con l’attuale qualifica di Fingal’s Cave, dal nome del personaggio ossianico, più o meno basato sulla figura mitologica di Finn/Fionn mac Cumhaill, il condottiero dell’eroica banda di avventurieri noti come Fianna, possibilmente collegato alla creazione stessa di questo luogo senza pari nel mondo…
Trovata l’eruzione che fu in grado di causare uno degli anni più freddi dell’età moderna
Trovare un ago in un pagliaio non è mai una cosa semplice, soprattutto quando si scopre di averlo cercato per quasi un secolo nel pagliaio sbagliato. Così dev’essere sembrato di aver fatto, all’intera comunità scientifica dei vulcanologi, alla recente pubblicazione di uno studio relativo ad uno degli eventi climatici più significativi del XIX secolo. Avvenuto nel 1831, uno dei cosiddetti “anni senza estate” come quello celebre in letteratura di 16 anni prima, per aver costretto a rifugiarsi in una baita svizzera Mary Shelley e Lord Byron, dove scrissero rispettivamente il romanzo Frankenstein e la poesia nichilista Darkness, che parlava della distruzione del Sole. Evento quest’ultimo studiato tanto a lungo ed approfonditamente, da aver gettato alcuni presupposti relativi alla contestualizzazione del raffreddamento temporaneo terrestre dovuto ad eruzioni vulcaniche, tali da condizionare l’applicazione di tale concetto secondo rigidi criteri che sembravano corretti in ogni circostanza di questo tipo: l’Ilopango in Perù nel 536 d.C; il monte Rinjani a Lombok nel 1257; il devastante scoppio nel 1883 del Kratatoa; Tambora nel 1815 e naturalmente, il monte Pinatubo nel recente 1991, capace di raffreddare ogni singolo mese di quell’anno rispetto alle medie globali acclarate. Tutti luoghi situati in prossimità dell’Equatore, nella maggior parte dei casi verificabili grazie a testimonianze coéve tramandate fino alla nostra epoca, dei rispettivi popoli direttamente coinvolti nelle devastanti catastrofi geologiche superiori al grado 4 della scala VEI. Laddove il caso specifico del 1831, menzionato anch’esso da coloro che lo vissero in prima persona, fu sempre in grado di distinguersi per l’assenza di un fattore scatenante chiaro. Possibile che la Terra fosse stata raffreddata da un vulcano, se nessuna montagna venne vista risvegliarsi in quel particolare periodo della storia umana? Ponendosi tale domanda, scienziati dell’università scozzese di St. Andrews, divisione per la ricerca ambientale, decisero perciò nel 2023 di recarsi in Groenlandia, mettendo in pratica uno dei principali metodi a nostra disposizione nella ricerca dello stato atmosferico di epoche remotamente trascorse. Procedendo all’estrazione di un certo numero di cilindrici campioni di carotaggio dal permafrost, per procedere ad un audit dei diversi livelli di profondità, ciascuno corrispondente ad un diverso periodo di accumulo degli spessi strati ghiacciati. Finalità per la quale Hutchison, Sugden, Burke e Plunkett si sarebbero trovati ad applicare l’approccio particolarmente avveniristico della microscopia elettronica, identificando in questo modo l’innegabile composizione delle particelle di tefra (polvere di cenere riolitica) databili perfettamente all’anno incriminato. Con in più una presa di coscienza collaterale, niente meno che rivoluzionaria: dato l’alto accumulo del materiale in questione, qui si era infatti determinato che l’eruzione del 1831, diversamente dalle altre fin qui citate, doveva aver avuto luogo nell’estremo settentrione, possibilmente entro il Circolo Polare Artico. La caccia, a questo punto, era aperta…