Pseudorca dei mari profondi: lo sguardo sornione di un falso assassino

E i loro versi risuoneranno dell’infinito senso d’inquietudine reale o percepita, il vuoto inconoscibile dei più profondi abissi marini. Di un popolo pensante, con cui comunicare non è sempre facile. Ma MAI del tutto impossibile, trattandosi da ogni di punto di vista rilevante, di esponenti particolarmente affusolati dello stesso ramo dell’evoluzione che ci appartiene. Mammiferi di un tipo più “evoluto”, persino di noialtri, volendo collegare tale caratteristica all’effettiva distanza percorsa, nel mutamento dei fenotipi, dalla loro forma primordiale terrestre. E tra tutti, soprattutto quei delfinidi, non più antichi del Miocene superiore in grado di costituire la risposta alla domanda implicita di quanto sia possibile inseguire strutture di ragionamento e/o mentalità complessa, in un ambiente ove non è concesso l’utilizzo di mani prensili o strumenti artificiali che rispondono al bisogno di manipolare la natura. Così creature assai diverse, per la propria discendenza e patrimonio genetico, tendono a vivere tutte nella stessa maniera. Si assomigliano, persino, per quanto le loro storie pregresse possano risultare distanti. Questo essere non è una balena nonostante la lunghezza di fino a 6 metri ed un peso massimo di 2.300 Kg. Né costituisce un tipico esempio di delfino, con la sua colorazione tendente al nero ed un muso tondeggiante privo di un lungo rostro che amplifica le particolarità della sua gestualità espressiva. Ragion per cui appare almeno in linea di principio comprensibile, l’errore inizialmente commesso dal naturalista britannico Richard Owen nel 1846, che trovandosi al cospetto del teschio di uno di questi esseri, lo classificò inizialmente come un tipico esempio di orca, il più intelligente, scaltro, per certi versi terrificante predatore dei sette mari. Che tuttavia o proprio per questo non ha mai attaccato l’uomo, una caratteristica del tutto condivisa anche da quella che lui stesso avrebbe battezzato in seguito col termine binomiale di Pseudorca crassidens. Benché la dentatura, muscolatura ed aggressività inerenti di questo animale, senza dubbio, lo avrebbero quanto meno predisposto a tale attività ecologicamente auto-distruttiva. Siamo qui al cospetto, a tal proposito, di un carnivoro la cui reputazione potrebbe essere decisamente peggiore, se soltanto un maggior numero di persone ne conoscessero la forma ed aspetto esteriore. Un letterale alieno xenomorfo, nero, lucido e dotato di una serie impressionante di 44 denti usati per cacciare pesci, seppie o delfini più piccoli, con funzione ed aspetto non così distante dallo stereotipo associato agli squali. Ma forse è proprio la suddetta e persistente rarità dei contatti con l’uomo, attualmente, a connotarne in modo significativo le circostanze. Perché se quasi nessuno può affermare di averne incontrata una, quante pseudorche possono effettivamente rimanere in vita, attualmente?

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L’onirica chimera che potrebbe aprire un importante capitolo della conservazione indonesiana

“Eccezionale scoperta: rintracciato in mezzo alla foresta il misterioso TI-GEL-BOAT” fu l’entusiastico annuncio di Antara, l’agenzia per le notizie del Borneo, riferendosi a una straordinaria ed impossibile creatura che nel 1975 fu tenuta brevemente presso una prigione a Tengarong, in attesa che scienziati ed accademici venissero a studiarne le caratteristiche del tutto prive di precedenti. Opportunità più unica che rara, in effetti, destinata ad essere rimandata una, due, un numero infinito di volte, finché l’animale in questione, forse per il declino della sua salute, o più ottimisticamente per un gesto altruista dei suoi carcerieri, scomparisse totalmente dai radar. Un disinteresse motivato, paradossalmente, proprio dalle “troppo” straordinarie caratteristiche menzionate nell’articolo di riferimento; in cui la strana denominazione si concretizzava in qualità di commistione anglofona di varie e disparate specie animali. Volendo indicare che l’ibrido si presentasse nella seguente maniera: “Corpo di una TIGRE, collo di un LEONE, proboscide d’ELEFANTE, orecchie di MUCCA, zampe di CAPRA, piedi da POLLO ed una barba, di nuovo, da CAPRA.” Alchimie al di fuori della ragionevole portata dell’evoluzione, a ben vedere, ma di certo non della potente immaginazione umana. Ancorché fosse possibile pensare tale descrizione come un punto d’incontro tra le due, riferito ad un qualcosa di molto più plausibile di quanto si potrebbe essere inclini ad immaginare. Tradotto in termini meno comparativi, apparirà dunque possibile che siamo qui a parlare di un quadrupede dotato di una livrea striata, zampe lunghe ma non troppo massicce, artigli o zoccoli con dita separate, orecchie tonde ed erette. Qualcosa di assolutamente conforme ad un possibile cucciolo di tapiro della Malesia (T. indicus) l’unico rappresentante vivente di tale genere nei territorio dell’intera Eurasia, con l’aggiunta di un paio di tratti non conformi: la criniera e la barba sotto il muso. Il che non sarebbe stato neanche tanto insolito da concepire, visto che stiamo parlando di una popolazione territoriale la cui contestualizzazione cronologica più recente trova collocazione maggiormente probabile attorno ai 4.000-5.000 anni dall’Era odierna. Il che avrebbe fatto di un ipotetico Tigelboat ancora vivo sottoposto a studi scientifici approfonditi, una delle scoperte scientifiche del secolo nel campo della criptozoologia. Ma il destino, talvolta, può essere crudele…

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Pensieri senza fondamento: credevi che l’insetto con la forbice non sapesse volare?

Bersaglio delle iperboli più surreali, il dermattero è l’abitatore esapode che in Italia viene definito forbicina, per il possesso dei cerci, le tenaglie a uncino situate in corrispondenza del suo affusolato posteriore. Avvistamento non così infrequente negli ambienti domestici, ove tende a rifugiarsi nei pertugi angusti e umidi o nel mezzo della polvere nascosta, le sue molte specie sono state al centro di racconti o narrazioni folkloristiche generalmente minacciose, tra cui l’ipotesi secondo cui sarebbe in grado d’infliggere punture dolorose, o addirittura andare in cerca dell’orecchio umano per intrufolarvisi, inducendo alla follia col battito dei propri piedi sul padiglione oculare. Prima di scavare, attraverso la carne e l’osso, un tunnel fino al morbido cervello, ove procedere a deporre le proprie uova! Orribile, terrificante non-verità! L’entomologia non è d’altronde un tipo di ambito disciplinare particolarmente affine alla sapienza del quotidiano, così da dare ambito a un certo numero di luoghi comuni al netto della logica facente parte del senso comune. Il tipo di elucubrazioni in base a cui, guardando una creatura oblunga e vermiforme, che deambula rapidamente in cerca di un ombroso nascondiglio, giammai si penserebbe che potesse accedere alle gioie del… Decollo. Una mosca ronza e infastidisce le persone vagheggiando attorno. Una zanzara ama librarsi andando in cerca del suo pasto, come un missile a ricerca di calore indifferente ai pensieri del mondo. Mentre il dermattero si libra raramente, ma se decide di farlo, potete essere certi che ci sia una valida e condivisibile ragione. Non è ad esempio ignoto l’aneddoto, effettivamente documentato dalla scienza, di persone risvegliate dal rumore di dozzine o addirittura centinaia di questi insetti, che dal soffitto si lasciano cadere a terra come reazione a un improvviso rumore. Uno sciame da ogni punto di vista rilevante, come quello di api o formiche, motivato dalla sovrappopolazione e la percepita assenza di cibo. Non eusociale per nascita, la forbicina è d’altra parte totalmente priva di indole territoriale, e per sua natura socievole coi propri simili, giungendo a formare legami che vanno ben oltre quelli tra fratelli e sorelle provenienti dallo stesso nido. E trasportano con se nei nuovi territori, mentre decidono grazie all’istinto il modo più efficace per dividersi le fonti di cibo…

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Un rapace che ghermisce cavallette: attenti all’agile scaltrezza del baza nero

La maggior parte della documentazione foto/videografica reperibile su Internet dell’Aviceda leuphotes, uccello più comunemente detto baza nero, lo ritrae posato sopra un ramo o mentre sosta brevemente per abbeverarsi in uno specchio d’acqua dell’Asia Meridionale. Questo perché non è particolarmente facile, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, riconoscerlo mentre si eleva sopra il limite della foresta, librandosi alla ricerca di una preda. Non più grande di un comunissimo piccione e con ali nere simili a quelle di un corvo, simili pennuti si presentano da oltre una distanza media come nulla più che stormi di volatili perennemente intenti ad inseguirsi vicendevolmente, come fossero impegnati a prendere il controllo del territorio. Ma le apparenze spesso ingannano ed invero ciò diviene chiaro se si guarda nella loro direzione sufficientemente a lungo, o da vicino. Così che emerga nella percezione dell’immagine nel suo complesso l’essenziale sovrapporsi di una serie di righe contrastanti, di una doppia tonalità di marrone. E il petto bianco sopra quel disegno, con la testa di un colore nero ornata da una cresta verticale che ricorda vagamente un accessorio di moda. Non che al possessore o l’eventuale compagna tale tratto interessi particolarmente, con l’unico corteggiamento noto del genere Aviceda consistente in brevi esibizioni ed acrobazie in volo mentre il maschio s’inclina da una parte e dall’altra per poi posarsi sopra un albero vicino. Troppo intento ed in ogni concepibile circostanza professionale, mentre sorveglia dall’alto il territorio dei domini che condivide lietamente con i propri simili, ove lanciarsi per conquistare il premio che costituisce il principale mezzo di sostentamento concessogli dai pregressi fenotipi ereditari. Già, perché il volatile in questione, nonostante la lunghezza raramente superiore ai 30 cm, è un tipico rapace della stessa schiatta dei suoi simili, principalmente creati per ghermire piccoli mammiferi, rettili o altre prede di passaggio. Se non che i bersagli da egli preferito, analogamente a uccelli di tutt’altra e passeriforme schiatta, appartengono quasi esclusivamente alla genìa degli insetti. Ed a scanso di equivoci: non è senz’altro semplice avvistare ed afferrare qualcosa di tanto piccolo e sfuggente… Lo sappiamo fin troppo bene, in questa estate eccessivamente calda e popolata dal passaggio delle zanzare…

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