L’australiano prende grossi granchi con le mani

Mud Crabs

Avete mai sentito l’espressione “Anche una perla sembra inutile se ricoperta dal sudiciume” oppure l’altra secondo cui “Una rosa può spuntare dal grigiore dal cemento?” Rosa, deliziosa, splendida e gustosa ed attraente, come la carne di mollusco per le grandi occasioni, da servire assieme a birra, vino o un bicchierino di spumante. Ma per prenderla, davvero ce ne vuole. Di coraggio e spregiudicatezza, voglia di sporcarsi nell’attesa di un gradevole momento successivo. Perché ogni fiore ha le sue spine, come anche si usa dire e se vuoi il premio devi meritartelo, con ogni fibra delle tue papille gustative. Tu non hai fame, Mr. Crocodile? Con cappello veramente indicativo, questo è Beau Greaves del nuovo canale naturalistico “A Wild Life With Wildlife” (Vita Selvaggia con le Bestie Selvagge) un breve susseguirsi, almeno per ora, di avventure tra le spiagge e l’outback del paese più biologicamente diversificato a questo mondo, l’Australia. Famosa, oltre che per gli splendidi paesaggi, per la pessima reputazione dei suoi ragni, insetti e gazze dalle piume contrastanti, che picchiano dalle cime degli alberi contro i ciclisti di passaggio. Abitare nelle campagne di questo distante continente, insomma, non offre uno stile di vita adatto a chi non abbia voglia di guardarsi attorno circospetto per proteggersi dalla natura. È come un toro che hai bisogno di domare, la belva ed il timore che va preso per le corna, anzi le tenaglie, e dopo allegramente arrossato nell’acqua sui fornelli. C’è bisogno di una significativa terapia, l’effetto shock, per così dire.
Ora, naturalmente, simili granchi puoi anche prenderli al supermercato. Ma a parte il gran risparmio, troverai di certo qualcuno pronto a garantirti che è la bestia di palude, non quella proveniente dall’enorme ed industriale allevamento, a garantirti l’esperienza piena di gustare il mare scintillante, assieme a tutte le sue isole ricolme di tesori. Tutti i fiumi, in fondo, sfociano da qualche parte, in Australia, come in Africa ed in Asia (l’areale rilevante di questa particolare specie). Ed in quei punti assai scorrevoli vivono colonie sconfinate, del prolifico e imponente Scylla serrata, il comunemente detto “granchio del fango” talvolta soprannominato addirittura “il bacon dell’Oceano”.
Quanto è buono il bacon dell’Oceano, ecco, non può essere descritto. Chi ha assaggiato simili delizie afferma che si tratti della carne di crostaceo più delicata e dolce in assoluto, l’irrinunciabile coronamento di un intero pasto da gourmet. L’aragosta non sarebbe quasi nulla, in confronto ad una simile bontà. Bistecche, costolette o le altre parti dei quadrupedi della radura, al suo confronto, spariscono sul fondo della tiepida memoria, come lacrime in un lago ristagnante. Però ci vuole un certo grado di coraggio, dall’inizio al termine dell’esperienza. Perché da sempre chi ha mangiato bestie relativamente “piccole” ovvero in grado di essere servite tutte intere, è dovuto scendere a patti con l’essenza della loro complessiva forma, inclusi gli occhi che ti fissano, prima e dopo il sopraggiungere della cottura…

Leggi tutto

La marcia nevrotica del pappagallo

Crazy Cockatoo

La vita è fatta di momenti e un susseguirsi di diverse situazioni, l’una interconnessa all’altra, ciascuna frutto delle circostanze. Ce ne sono di semplici e ripetitive: il risveglio mattutino, l’ora di pranzo, spegnere la lampada sul comodino. Comparabilmente, esistono di certo le eccezioni che per loro imprescindibile natura, tanto spesso, tendono a manifestarsi sulla base delle interazioni tra le parti: guarda! Siamo sul princìpio di una sera come le altre. Stanco per l’interminabile giornata, infastidito dalle alternative offerte dalla macchina dell’intrattenimento (Internet l’hai già guardata, la TV da tempo ormai ti annoia) ti dirigi barcollando verso il morbido del materasso, la piumògena presenza della casa, unica forma di riscossa dall’incedere delle ore senza luce. Quand’ecco palesarsi, senza nessun tipo di preavviso, un suono disarmonico e piuttosto preoccupante. Pare il rotolare di una palla di metallo con dentro un criceto fatto di silicio. Ma in un certo senso, ricorda più che altro la ritmata vibrazione di un centesimo di dollaro, appoggiato lievemente sopra il ghiaccio secco, che si agita per la mancanza di una superficie definita. Soprattutto, cosa preoccupante, sembra farsi sempre più vicino. Mentre apri la porta dell’androne per accendere la luce rilevante, la cacofonia comincia a farsi più ordinata. Si individuano i fonémi, un susseguirsi di sillabiche eminenze, ostiche potenze, teoriche sostanze che si agitano sopra il margine della significanza. Sono…Vado…Dico…Una parola dopo l’altra, la creatura si presenta e poi racconta la sua storia. Ma non c’è davvero di che preoccuparsi. Nessun pericolo che alberga nella notte, niente alieni che percorrono quel corridoio. È “soltanto” il pappagallo. Come, quale pappagallo? Casa tua, roba tua. Non è colpa nostra, se ti sei scordato di aver preso un cacatua.
E che splendida, meravigliosa ed ottimerrima fra le idee! Non c’è lubrificante maggiormente funzionale, per il meccanismo orologistico del tempo senza un senso, che un compagno non-umano da accudire. È soltanto l’interrelazione tra le cose molto differenti, il tuo vivere tranquillo e l’occhio tondo del pennuto che ti scruta e parla nel contempo, a poter tappare il buco dell’entropica avanzata dei minuti. Basta ripetizioni, via le distrazioni. Soltanto un trespolo, due gallette e lui con te, per sempre uniti, nell’ottima giornata e nell’inquietante notte, parimenti necessaria. Stranamente il video manca di contesto (molti suggeriscono si tratti di un repost) ma è piuttosto chiaro, in effetti, quale sia il motivo di una simile e tremenda eccitazione. Nessuno, eppure tutti, al tempo stesso. Il tipico cacatua, uccello originario dell’area australiana-indonesiana, costituisce uno degli animali domestici più complicati da gestire, eppure stranamente rinomato e assai diffuso. Stiamo parlando di un essere tutt’altro che addomesticato, nella maniera tipologica del cane o gatto, ma che piuttosto resta legato ai suoi padroni soprattutto per il filo tenue dell’affetto proveniente dal bisogno. Qualche volte, persino usando la simbolica e comune catenella. Siamo insieme, volenti o nolenti… Tanto vale, trarre il massimo da questa situazione? Però, dopo tanti “Polly vuole cracker” giunge infine l’attimo della riscossa…

Leggi tutto

Una macchina per prendere i cinghiali

Boar Buster

Stancamente preoccupato per lo stato dei miei pomodori, guardo il notiziario presso il posto di lavoro. Un’altra giornata senza svolte, un pomeriggio intero da trascorrere adagiato sul sedile della distrazione. Sopraggiungerà il momento? Finalmente, l’attimo glorioso della mia liberazione? Quando ecco che d’un tratto, suona il cellulare, chiamante: Alfa-Tango-Charlie, nome in codice Boar Buster (l’acchiappa-cinghiali) possibile che…Ma no, sarà soltanto un altro cervo. Sarà un grosso uccello che acquisisce familiarità con il becchime per maiali. Il tempo sembra rallentare mentre effettuo l’accesso sull’applicazione rilevante, inserisco il codice e la password reimpostati giusto l’altro giorno, dopo un lungo periodo d’insuccessi. Mentre sullo schermo del mio cellulare, si profila l’assoluta meraviglia: non 10, non 20, ma 28 problematiche creature, ordinatamente intente a consumare il cibo che gli ho messo nella posizione rilevante. Attentamente ben determinata. Giusto sopra le gibbose e irsute schiene incombe l’ottimo recinto, pronto a chiudersi sul mio comando. Il tasto rosso dell’ATTIVAZIONE sembra farsi sempre più grande, mentre gravita verso il mio dito d’entusiasmo…
L’antico detto giapponese recita: “Una volta sposato, trasferisciti dove non vivono i cinghiali”. Il che può essere interpretato in vari modi, più o meno letterali: guardati dalle intromissioni degli invidiosi; la vita di città è più adatti ai giovani recentemente uniti nella stipula matrimoniale; oppure del tutto letteralmente, stai attento al Sus scrofa leucomystax, il maiale con i baffi bianchi (caratteristica della variante d’arcipelago) se non vuoi finire per pentirtene più avanti. Esattamente quello che indirettamente, per una commistione di fattori, certamente fecero i primi coloni europei giunti presso le americhe del Nuovo Mondo. Ma sulle loro caravelle e i molti bastimenti, carichi di attrezzi e valide provviste, albergava inevitabilmente un’ampia selezione di animali, tra cui suini domestici in significativa quantità. Ora, il maiale che noi conosciamo solamente in forma di prosciutto, bacon, costoletta, è in realtà una creatura dall’intelligenza penetrante e la notevole capacità di adattamento. Qualcuno tende a paragonarlo, nei rari casi in cui venga adottato come animale domestico, ad una sorta di cane estremamente inquisitivo, che richiede continue attenzioni e il pugno di ferro nell’educazione a comportarsi, pena la distruzione, e successiva digestione, dell’intero insieme delle suppellettili e mobile casalinghe. Perché un conto è vivere a stretto contatto con l’uomo, tutt’altra storia è dimostrarsi adatti a farlo.
Così il maiale fu considerato, nei secoli, soltanto un cibo. Fin dall’epoca delle prime colonie spagnole e portoghesi, presso gli insediamenti dei futuri Stati Uniti furono tenute le scrofe con i cuccioli e i consorti, ciascuna utile a nutrire varie valide generazioni, una ricchezza ed un tesoro per la società. Simili creature, occasionalmente, scappavano dagli utili recinti deputati, ritornando subito allo stato brado. E ancora oggi i loro discendenti, che vengono chiamati in gergo razorback, prosperano e si moltiplicano per le vaste praterie del Sud. Nel romanzo del 1884 Le avventure di Huckleberry Finn il giovane titolare fa credere al suo crudele padre di essere morto, ricoprendo le pareti di una capanna con il sangue di una di queste creature, spregiudicata almeno quanto lui.

Leggi tutto

L’incedere scorrevole del super-verme

Super-worm

Il problema dell’individualismo è che preclude la pur utile e fondamentale specializzazione. Nella sezione biologica dei grandi mammiferi erbivori, quella dispensa presso cui attingono ogni sorta di gran canide, uman-ide o felino dalle zanne prominenti, vige la regola del branco. Mucche o fulve gazzelle, equini, cervidi e tutta l’allegra compagnia degli inermi e vividi bersagli, tendono all’aggregazione per variabili motivi, ma fra tutti, certamente, emerge sempre quello dell’analisi statistica situazionale. Ovvero la creatura ben conosce, senza poi capirne la ragione, la regola per cui su quattro potenziali cacciatori, cinque prede rilevanti, l’ultima è sicuro che si salverà. Non c’è una vera cooperazione, come manca nel piano urbanistico dei negozi e dei servizi cittadini: ciascuno prende posizione per brucare, o alternativamente vende le sue merci, dove maggiormente gli conviene. Caso vuole, vista l’artificiale scarsità delle opportunità di sopravvivere, che questo avvenga in mezzo alla perplessa collettività. Ma guarda qui, che differenza! Questo famoso video girato presso la spiaggia di Parnaioca a Rio de Janeiro, risalente ormai a quasi 10 anni fa, mostra un agglomerato vagabonde di larve di mosche dette della sega (sottordine Symphyta). Creature che in età adulta prendono il nome dal vistoso ovopositore usato per posizionare i loro pargoli futuri sullo stelo e sulle fronde circostanti, ma che in questa fase giovane della vita, rassomigliano piuttosto, per sperimentata evidenza, ad altrettanti mini-bruchi neri, fitofagi e del tutto deliziosi. Li adora il passero, che ne fa pranzo e cena o colazione, li divora il merlo come fossero gustose merendine. E ciò avviene, normalmente, già dall’albero o il cespuglio presso cui sono nati. Figuriamoci quindi nel momento in cui, come da programmazione evolutiva, i vermi lasciano tale relativa sicurezza per migrare verso nuovi orizzonti, alla ricerca di più verde clorofilla da fagocitare.
Come può proteggersi, l’approssimazione incolore di un innocuo caterpillar senza peli ne veleni, dal cupo battito dell’ala sopraggiunta? Non certo andando più veloce, né nascondendosi nel pieno di una scarna e inevitabile radura. Bensì, con metodi di metamorfosi ulteriore. Dal numero e l’aggregazione nasce l’illusione della forza, soprattutto, e in parte anche una sorta di ulteriore resistenza. Tutti per uno, saldamente incorporati l’uno all’altro, i Symphita si trasformano in unica creatura, vagamente incomprensibile allo sguardo e di sicuro da lontano, sorvolandola a distanza di cautela, preoccupante per chi deve procacciarsi il cibo. In questo senso, un agglomerato di simili larve costituisce una forma di cooperazione sufficientemente avanzata da poter parlare di comportamento elevato, e nel contempo, tanto specifica da trovare un’effettiva applicazione unicamente nell’ambito di ciò che è insettile, per forma e dimensioni. È anche vero, del resto, che se 10 o 20 erbivori della savana, vedi lo gnu con le sue corna, potessero aggregarsi nella versione maggiorata della stessa cosa, ormai di certo lo farebbero ed avrebbero ormai primeggiato tra le bestie e anche gli umani. Come palle rotolanti o usando un termine globalizzato, mugghianti katamari

Leggi tutto