Sciocco scoiattolo, tuo figlio non è una nocciolina!

Red Squirrel

I roditori hanno una naturale propensione al raggiungere il nucleo centrale del problema. Nel caso celebre del topo messo dentro a un labirinto, ad esempio, ogni volta va a finire nello stesso modo: non importa quanto sia lungo e tortuoso il sentiero da seguire. Quanto piccolo il pezzetto di emmenthal bucato… “Quel formaggio sarà mio” sembra enunciare il cacciatore, prima d’inoltrarsi, gambe in spalla, coda a far da strascico e timone, verso quell’uscita benedetta col tesoro posto a far da sacro segnaporta. E naturalmente, non si può risolvere una tale cosa, il dedalo degli scienziati, senza visitarne il centro esatto, come fosse il cuore di una ghianda, della noce oppure della vita stessa, riprodotta in forma percorribile per dar ludibrio ai cupi sperimentatori. Può sembrare crudele, eppure non lo è. Può dar l’idea di una sublime forma di tortura, l’ansia di un irrisolvibile miasma, ma è invece bello per l’umano, come per il topo, trionfatore dell’ennesima battaglia con la fame di emozioni e placide soddisfazioni. Incredibile, meraviglioso.
E i criceti nella ruota. Corrono senza un perché, verso destinazioni mai sentite, viste o raccontate, vivide soltanto nella loro mente. Dove si nasconde, intonso, un’altro tipo di remoto labirinto. Forse il più complesso, fatto di villi e di cavilli, quel cervello che li spinge a deambulare tanto per campare, industriarsi, evitando di annoiarsi. Quando un roditore, qualunque sia la sua genìa, entra in quel mondo dell’insussistenza, nulla può fermarlo, neanche l’evidenza. Ecco una scoiattola del tipo chipmunk, lo sciuride Tamias dalle graziose strisce, che ha concepito l’idea strana, quanto illogica, di far di un paracarro la sua casa. Si tratterebbe, stando alla descrizione del presente video, della struttura metallica protettiva, evidentemente cava, posta tutta intorno ad un RV (l’acronimo, tipicamente americano, che indica i camper oppure le roulotte). Già un ostico proposito, visto il modo in cui l’accesso sia soltanto un limitato buco nero, pressappoco circolare, con un diametro che è pari ai fianchi dell’intera bestiolina. E praticamente impossibile, quando si nota come la futura abitatrice, prima di potersi rilassare, dovrà introdurvi il proprio figlioletto “alquanto” cresciuto. Diciamo, adolescente? Anzi, si. Praticamente è grosso quanto lei.
Ma nella società degli arrampicatori silvani, quadrupedi dalla soave coda, l’età non una conseguenza dell’anagrafe. Bensì quella che ti senti dentro! Così, da esemplare bamboccione, offre l’unica collaborazione di raggomitolarsi, per quanto possibile, aspettando di essere portato a meta, per sdraiarsi e accendere il televisore. E spingi e tira, alza e premi (uff!) Nonostante tutto, alla fine…

Leggi tutto

Street Fighters delle australi circostanze

Kangaroo Fight

Talvolta prendo i miei canguri, tutti quanti i miei canguri e li dispongo attentamente su due file di otto quadratini l’una. Poi li scelgo col cursore, finché non si ode quella voce, FIGHT! C’è un ordine preciso nell’armata dei macropodidi, potenti marsupiali; schiere di studenti dediti all’apprendimento della boxe, come altrettanti monaci di Shaolin, la piovigginosa; poi giovani virgulti, quadri destinati a realizzare grandi cose; e soprattutto, sopra a tutti, gli spietati e intrepidi Dominatori. Sono pochi, tra gli sballonzolanti sgherri coi piedoni, a poter vantare la corona di conquistatore del torneo. Che ricade solamente sulla testa di chi si è saputo imporre sopra il ring caduceo della sua esistenza.
Due ragioni, soprattutto: l’amore di una don-gura. O l’impiego esclusivo di una pozza d’acqua, se ci si trova ben lontani dall’umidità del mare. È l’usanza, lo stilema. Non è chiara la ragione per cui certe volte, il combattimento tra i canguri si trasformi in un complesso rituale, fatto di pose calibrate, gomiti raccolti e veri e propri haymakers, pugni degni del possente Cassius, detto qualche volta Alì. Piuttosto che cercar di sottomettere il nemico, come usano fare i felini o i nostri amici cani, costoro inscenano l’epica storia degna di uno show televisivo. Inizia così: con un colpetto, dato con la zampa anteriore destra, sul collo del prescelto. A quel punto, possono succedere due cose. 1: la sfida viene rifiutata, perché il ricevente si considera incapace di raccoglierla, o in alternativa, è di gran lunga più imponente di quel presuntuoso. Ebbene si, i canguri hanno una certa considerazione per il prossimo troppo sicuro di se, e se possibile, evitano d’infierire. O per meglio dire, riconoscono i meriti sportivi del fair play, e come pugili ante-litteram, si attengono ai principi di categoria. Ma se il guanto artigliato della sfida viene, metaforicamente, distanziato dal terreno, allora 2…
Non c’è wrestling, lotta greco-romana o taekwondo che tenga. Non c’è neanche l’arbitro, tenetemi. Quello che invece salta facilmente all’occhio della mente, è l’invisibile presenza di sei tasti, due manopole in totale: come negli antichi cabinati, del 2000 d.C, in cui Tekken si faceva grande, oltre i limiti di un singolo paese. C’era il karateka giapponese, ovviamente, come pure il thailandese esperto nel muay thai, vedi copione collaudato. In un trionfo di sterotipi, validi fin dall’epoca immediatamente precedente, il russo era massiccio. L’americano, carismatico. E l’australiano, che ve lo dico a fare. Era Roger, dal manto marroncino chiaro! L’esperimento perfettamente riuscito del Dr. Bosconovitch, con coda lunga, orecchie dritte e un ottimo marsupio. Dentro al quale, qualche volta, figurava il suo secondo (per un gran totale di quattro temibili guantoni, due grandi, due più  piccolini). E un tripudio di complementari combo, da studiare.

Leggi tutto

L’Australia invasa dagli uccelli che odiano le biciclette

Australian Magpie

E invece amano i cani. Settembre-Novembre, dolce primavera. Germogliano sui rami, le future sagome dei fiori. Crescono piante da ogni dove, addirittura sopra i caschi dei ciclisti, d’Oceania. È una contromisura. Primavera, tempo di far spazio per la prole: e un po’ ovunque in giro per le strade cittadine, ma soprattutto presso le ciclabili chissà-poi-perché, compaiono dei nidi esposti in bella vista sopra le biforcazioni degli arbusti, con 2-5 uova bluastre, ovali, dal diametro massimo di 28 mm. Chi le ha può averle costruite, dico io, se non Cracticus tibicen, la gazza australiana! Che non è propriamente una gazza in senso europeo, ovvero il parente prossimo del corvo. Era normale infatti, durante l’epoca delle colonizzazioni, assegnare i nomi agli animali sulla base della somiglianza. E indubbiamente questo uccello, lungo intorno ai 40 cm, con la sua colorazione bianca e nera, le lunghe zampe e il verso modulato, poteva ricordare da vicino la famosa ladra addomesticata dell’opera di Rossini, benché molto più prolifica e presente. Ma siamo di fronte a tutta un’altra cosa. Che si riproduce in forma di piccoli pulcini rosa, non come quell’altra, attraverso graziosi batuffoli nerastri già formati. E lo fa di continuo, di continuo, esattamente come gli altri 22 membri della famiglia degli Artamidae, o passeriformi australiani. Nessuno intelligente, adorabile, e malefico quanto lo è lei.
Guardate, per comparazione. la povera Amber di Amber and Billo’s, un programma radiofonico d’intrattenimento, mentre si ritrova qui a gestire quel particolare comportamento della volatrice australiana, estremamente aggressivo, che gli etologi definiscono swooping. Lei percorre pedalando, in preda alla paura, il solito tragitto casa-lavoro. Già preoccupata, perché ben conosce ciò che sta per accadere. Le gran signore pennute di quei luoghi sono abituate, ormai da tempo, alla presenza degli umani. In ogni bbipede manifestazione, tranne una: la bicicletta. Questi uccelli, già marcatamente territoriali come propensione, nella stagione in cui depongono le uova si trasformano in feroci guardiani della loro casa, pronti a difenderla sulla punta dell’ultimo becco. E proprio questo fanno, ripetutamente, ogni qualvolta si avvicina un presunto nemico, sferragliante, con manubrio e con sellino, l’ibrido tra due ruote, due gambe ed una testa. Soprattutto questo, la dannata testa. Del malcapitato di turno, sopra cui la gazza piomba come un falco della notte. Ci sono diversi gradi d’intensità. Dapprima l’uccello si limita a volare tutto attorno, gracchiando la sua furia preventiva. Quindi inizierà a colpire con il petto il retro del casco, facendo schioccare minacciosamente il becco. A quel punto, se l’intruso non si è ancora allontanato a sufficienza, inizierà a colpire.

Leggi tutto

L’orbita bovina di una macchina da latte

Mucche rotanti

“Eppur si muove, Galileo” La mucca, intorno al Sole. Viceversa che… Una miriade, l’infinito letterale, ovvero la quantità di atomi viaggianti attorno al mozzo di una ruota; ciascuno bianco, oppure nero. E a macchie, di pelo nel pensiero di una bestia che ricorda il tempo delle pere. In mezzo al prato? Sopra i pascoli montani? Anche, talvolta. Però questa, adesso, è diventata la sua vita: fare da dente a un ingranaggio enorme, fuori dall’(in)umana comprensione. Uguale alla molecola, uguale alla conchiglia, persino al vortice dell’Universo. Concepito per macchiare la tazzina di caffé di tutti quanti, e anche il ceruleo cielo di un calorico avvenire, fatto con i dolci, la panna e il siero sentimento dello yoghurt semi-liquido che gli slavi chiamano kefir. Nulla di tutto questo, avremmo mai, altrimenti. Neanche l’ultima delle perdute briciole, potrebbe mai graziare i nostri piatti e bicchierini, senza l’operoso e involontario sforzo collettivo dei bovini. Sempre siano ringraziati. Quanto eternamente, poco ma sicuro, preservati.
Etologi allarmisti, giorno dopo giorno, si risvegliano pensando ad un futuro di drammatici frangenti, ove si estinguessero, volesse il Fato, esseri di poco conto quali la zanzara tigre. Terribile sciagura! Pensa, persona pizzicata in bilico tra strascichi d’estate e cupo autunno, che non soltanto tale improvvido visitatore sugge, crudelmente, il fluido rosso che ti scorre nelle vene. Nossignore! Ella, la femmina dello zanzaro (che a mò di leone, più che altro, dorme tutto il dì e la notte ancora) svolge una funzione d’ecologico sostentamento. Senza le sue larve, cosa mangerebbero i ranocchi, i rospi gli scorpioni d’acqua? E se lei smettesse di riempire i cieli della Terra, sarebbe la fine dei graziosi passeri, libellule, gufetti e spaventose dobsonflies. Natura vuole, che tutto quel che consuma, in qualche modo, presto oppure tardi, nutra, a sua volta, l’affamata rimanenza dei camminatori, strisciatori e volatori e nuotatori e…Però tanto maggiormente una creatura, la sua genìa, risulta essere integrata con la vita degli umani, meno è probabile, tale evenienza.
Perché acquisisce un posto nella società civile, anche se simile, di certo, a quello degli schiavi di una classica ed antica rimembranza. Immaginate la conquista di Cartagine, quelle alte mura devastate dai Romani. E il sale gettato, a profusione, sopra i campi già anneriti dalle fiamme della guerra. E i contadini catturati, con collari e inespugnabili catene, e i loro polli trucidati, perché ormai facevano buon brodo. Di certo, quel dì, un intero popolo rischiò di estinguersi, per lo sdegno represso di generazioni e l’odio di spietati legionari. Eppure, se così fosse davvero stato, come sarebbero mai nate tante strade consolari, i magnifici acquedotti e le perdute stalle dei lunati buoi? Quando mai sarebbe a tale punto progredita, oltre i limiti della sua epoca, una civiltà che ancora ci offre valide lezioni e spunti meritevoli di “cose da evitare” oppure, “come prosperare, nonostante tutto”.
Riduzione di esistenze a parte involontaria di un grandioso insieme: questo sacrifizio imperdonabile. L’enormità spasmodica dei tempi senza tempo. Eppure in nessun caso, mai e poi potresti definirla: iNUTILE.

Leggi tutto