La gara degli aerei che atterrano da fermi

valdez

Tutte le cose sono fantastiche, ma se giudichi un pesce dalla sua capacitá di salire un albero gli arrecherai un gran dispiacere. La variabilitá delle specializzazioni é un’importante strumento di affermazione individuale. Da un lato all’altro dell’Oceano Atlantico i cieli vengono solcati da futuribili jet di linea, affusolati e agili quanto uno squalo martello in cerca della sua preda. Tra i piccoli centri abitati dell’Alaska é di casa invece un altro tipo di aeroplano. Il bushplane, placido e piacente come un roseo salmone di fiume, semplice nell’aspetto, si riconosce dal suo gusto spontaneo e un pó retró. Pare costruito, esteriormente, come si usava fare qualche anno fa. Peró si arrampica, dal canto suo, meglio di un lemure equadoregno, purché l’azzurro arbusto del suo desiderio risulti essere un frutto della nostra immaginazione. Ci sono diversi modi per praticare il volo motorizzato. La capacitá di decollare e atterrare in poco spazio, riassunta con l’acronimo inglese STOL (short take-off and landing) consegue da tutta una serie di accorgimenti, variabilmente visibili ai non iniziati. Ciascuno degli esperti in materia ha le sue idee, che mette in pratica con entusiasmo e sapienza costruttiva. Per il tipico pilota di queste regioni, irraggiungibili via terra per diversi mesi l’anno, l’arte di farsi bastare piccole piste, piú o meno improvvisate, diventa un significativo punto d’orgoglio, a suo modo importante quanto la capacitá di seguire alla lettera le istruzioni di un controllore di volo sopra l’aereoporto di un’affollata cittá. L’inverno questi piloti lo trascorrono cosí, passando da un lato all’altro del continente, per trasportare cose o persone oltre le tormente di neve e la morsa dei ghiacci piú impietosi. Poi, ogni volta che arriva il mese di maggio, si riuniscono coi loro mezzi per decidere chi sia il migliore. Lo spettacolo risultante, per chi abbia voglia di apprezzarlo, ha ben pochi eguali in tutto il mondo.

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Martelli esplosivi messicani: una festa

San Juan

L’uso piú insolito per un campo da calcio é probabilmente quello che ne fanno da un centinaio di anni a San Juan de la Vega, nella regione messicana del Guanajuato, al fine di onorare l’omonimo patrono della cittá. Una volta l’anno, durante la settimana di carnevale, centinaia di persone si radunano presso l’impianto sportivo di paese e lo disseminano di resistenti lastre di metallo, per poi prenderle a martellate. L’occasione si svolge nel corso un’intera frenetica, faticosa giornata. La lunga scena di per se sarebbe giá piuttosto peculiare. A tale generica descrizione si aggiunga che: ciascuno degli interessati porta un fazzoletto sul volto, per meglio rassomigliare a un bandito indigeno del sedicesimo secolo. I martelli sono del tipo gigante che gli anglofoni chiamano sledgehammer, ovvero quelli comunemente utilizzati nei cantieri. E soprattutto, sulla testa di ciascun attrezzo c’é una generosa quantitá di esplosivo fatto in casa, a base di cloruro di potassio e zolfo. Immaginatevi come sarebbe capitare lí per caso: parrebbe di assistere a una surreale battaglia fra le persone e il suolo. Dall’esito finale, stranamente, incerto. Soltanto al dissiparsi del fumo si paleserebbe un vincitore…L’orbita terrestre, riempita di martelli sfuggiti alle mani! Il ridente paesino di San Juan, sito ad appena 20 minuti da Celaya, é famoso per un mercato caratteristico, detto El Jardin, presso cui gli abitanti mettono in vendita oggetti d’artigianato e i prodotti genuini dei loro ricercatissimi campi. Piú di un turista americano, durante un viaggio verso sud, classica occasione di sfogo e divertimenti da far seguire alle fatiche di una laurea, passando da queste parti é rimasto colpito dai loro piatti a base di jicama, la patata piú famosa del Messico, che vengono spesso preparati all’interno delle haciendas locali, ormai perfetta versione latino-americana degli agriturismi europei. Quattrocento anni fá, tuttavia, i rapporti internazionali tra queste regioni e il cosiddetto uomo bianco erano, indubbiamente, di tutt’altra natura. Schiacciati sotto il peso del colonialismo spagnolo, gli appartenenti alle etnie chichimeca jonaz ed otomi, fieri discendenti degli antichi imperi mesoamericani, si erano ritrovati l’ingranaggio di un’industria agricola fondata sullo sfruttamento. Trascorrevano i giorni cogliendo il grano, sotto il cocente sole delle stancanti latitudini tropicali. Ogni domenica si recavano in chiesa, per venerare un dio straniero. E la notte… “Z”

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Cacciatori di un fiume magico del deserto

Rankinstudio

18 luglio 2013, parco nazionale del Bryce Canyon. Il lago Powell, bacino idrico artificiale, riflette placidamente i dardeggianti raggi di un sole che non conosce tregua. Il caldo é feroce, non si avvista una nube e i diversi aspetti del paesaggio, antropico e naturale al tempo stesso, coesistono tranquillamente, sotto il cielo terso di un pomeriggio d’estate. Regna la pace, ancora per qualche tempo… E non di piú. Perché 40 miglia piú a nord, 6 ore prima, si é verificato un grande rovescio di pioggia, improvviso quanto insolito per delle regioni tanto secche degli Stati Uniti. Sulle onde radio, in televisione e da un capo all’altro del web rimbalzano due terribili parole, temute da chiunque abbia mai sperimentato un particolare fenomeno: la flash flood. É questo il nome dell’inarrestabile ondata di detriti e fango che, come uno tsunami, percorre il terreno ben poco permeabile di un precedente letto fluviale, corre a valle e s’infrange caustico contro gli ostacoli, le persone, qualsiasi cosa. Per fortuna, stavolta il mostro serpeggiante non mieterá vittime designate: ben pochi animali sopportano l’arsura di questo luogo e ancor meno individui l’hanno eletto a loro dimora. Se un albero cade nella foresta….? Le aquile di mare osservano dall’alto, distaccate. Per gli uomini é piú complicato. La grande onda ci affascina, ma non andremmo mai a metterci sulla sua strada: spavalderia e curiositá non sempre vanno a braccetto! Per ottime ragioni evolutive. Considerando questo, é un bene che si possa contare su di lui, David Rankin, l’equivalente idro-terrigeno di un cacciatore di tornado. Qui l’osserviamo stupiti mentre, ancora una volta, si dedica alla registrazione diretta di una simile contingenza, cosí feroce e al tempo stesso tanto spettacolare; con lui la moglie e un collega, anche loro dediti alla rischiosa attivitá. L’attesa é spasmodica. Si approntano le telecamere, si verifica il piú probabile punto di passaggio del flusso torrentizio, pieni di ansiosa speranza e reverenziale entusiasmo. Si spera che il fiume miracoloso giunga puntuale, comparendo d’improvviso sul suolo di un arido arroyo abbandonato.

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L’esperimento del vetro che scoppia all’improvviso

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Una goccia, uno spermatozoo trasparente, un girino o un lucente pezzettino. Vetro, fuso dal calore di una fiamma intensa, che cade rumorosamente nell’acqua, diventando così duro da resistere ai colpi di un martello: la chiamano lacrima del Principe Rupert di Baviera, esiste da quasi 400 anni e anche se non serve praticamente a nulla, costituisce una dimostrazione degna di nota, punto di passaggio verso l’acquisizione del moderno metodo sperimentale. Tonda e splendida, pare invulnerabile, finché qualcuno non gli stringe delicatamente la coda. A quel punto esplode, proiettando le sue schegge con una forza di 3000 metri al secondo (Mach 3). Potenzialmente pericolosa eppure ideale per fare degli scherzi, almeno a sentire alcuni resoconti dell’epoca. La vendevano, incredibilmente, come giocattolo per bambini. Chi l’ha resa popolare, del resto, non andava certo per il sottile. Rupert, il figlio più giovane dell’elettore del palatinato Federico V e di Elisabetta Stuart, regina di Boemia, aveva passato la vita fra i campi di battaglia e le flotte in guerra, prima di dedicarsi, negli ultimi anni che gli restavano, alla ricerca di una suprema verità. Riesce facile immaginarlo giovane comandante di cavalleria, durante la guerra civile inglese del 1642, mentre prima di un grave scontro ripassava in tenda il suo autore preferito, Sir Francis Bacon. Fra le sue mani, una copia stampata de La Nuova Atlantide, il romanzo utopistico che conteneva questo significativo brano: “Fine della nostra istituzione è la conoscenza delle cause e dei segreti movimenti delle cose per allargare i confini del potere umano verso la realizzazione di ogni possibile obiettivo.” Così parlava, in quel celebre testo, il rettore dell’università di Re Salomone, descrivendone le caratteristiche al gruppo di visitatori basìti che vi erano approdati per sbaglio, mentre cercavano le coste del Perù. E questo diventó, anni dopo, anche il credo della Royal Society of London, la più antica organizzazione scientifica in funzione ancora ai giorni nostri. Venne fondata nel 1660, da un ideale gruppo delle più straordinarie menti al servizio del primo sovrano d’Inghilterra dopo la restaurazione, Carlo II. Fra queste, inevitabilmente, figurava l’ormai vecchio condottiero, ex-ammiraglio, poi esule in Germania, bucaniere nei Caraibi e per qualche tempo anche governatore coloniale. Stanco e un po’ provato, trovò il suo sfogo nella scienza e nelle arti, guadagnandosi l’insigne titolo di “guerriero filosofico”. Era il prototipo dell’Alchimista di Stato….

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