Il quadricottero telecomandato con videocamera remota si è imposto, in questi ultimi anni, sull’immaginario collettivo, assieme ai cellulari per Internet, le cineprese da casco ed i lettori di libri invisibili dotati dell’inchiostro virtuale. Ed è davvero strano, il modo in cui il progresso tecnico ricalchi fedelmente i ritmi della fantasia. Bastava guardare un film di fantascienza della generazione di Blade Runner o Alien di Ridley Scott, ne cito giusto un paio, per trovare in forma teorica ma credibile ciascuno degli oggetti che oggi albergano nei nostri zaini o nelle borse da lavoro. Per non parlare dei tricorder della serie di Star Trek, precursori degli iPad, degli spettrografi portatili e dei navigatori GPS, tutto in uno, e chi più ne ha, ne installi l’App! Strumenti magnifici, quelli, che poi si sono ridotti nelle dimensioni con il proseguire degli interminabili episodi, esattamente come avviene ai loro equivalenti in vera plastica e compatto liquidmetal. Ma l’universo ideale cinematografico che resta meno riconducibile al nostro, per numerosi quanto ovvi motivi, resta quello di Guerre Stellari. Perché piuttosto che essere speculativo, ovvero basato sulle nostre effettive esperienze storiche di moderna civilizzazione, prendeva spunto dalla mitologia, da Tolkien, dalle filosofie orientali o dalle visioni nebulose della pipa, in serate estive sulle spiagge dell’Oceano della chimerica illusione.
Eppure, i punti di contatto con la realtà ci sono stati e continueranno ad esserci, in questa commerciale novella, come nelle altre fiabe seriali contemporanee. Magari non nella spada laser, nelle astronavi e nel potere straordinario della mente Jedi, ma nel modo in cui vengono rappresentate le pulsioni umane e la loro relazione con il mondo irrinunciabile della tecnologia. Pensate alla scena forse maggiormente memorabile della seconda, bistrattata trilogia: il Pod Racing. Quell’improbabile sport motoristico, se in tale modo poteva ancora definirsi, grazie al quale le bighe romane di Ben Hur tornavano finalmente sui grandi schermi, con motori a pulsogetto al posto dei cavalli, e malefici piloti alieni, cecchini a bordo del tracciato, rocce acuminate per chi sbaglia ad impostare la dannata curva… Lanciarsi a gran velocità, dimenticandosi di tutti e tutto, nella speranza di arrivare fino all’ultimo traguardo! Vi sembra familiare!? Per primi, secondi oppure terzi (ciò che conta è sopravvivere) Ad ogni modo, colui che vince ha quel qualcosa in più. La gravitas che detta il peso dei minuti.
È tutta una questione di prospettiva: laddove pilotare, in prima persona, fragili velivoli richiede un certo grado di prudenza, farlo col telecomando porta innanzi quel supremo gusto di rischiare. E allora guarda un po’: per avere dei riflessi da cavaliere mistico di un’altra galassia, non ci vuole solamente voglia di riflettere (sulla presente condizione). Ma il giusto Allenamento!