Ibizious, fantasmagorica bibita con il gusto degli anni ’90

Ibizious

Se questo energy drink esistesse veramente, berlo sarebbe un’esperienza elettrizzante. La voce fuori campo introduce il discorso:”È difficile trovare te stesso in città. È così per tutti. Quindi se hai un sogno…devi spingere sul gas.” Poi, apoteosi. La metafora del movimento è un’arma potente in pubblicità. Partire verso l’orizzonte, perdersi in lontananza, per andare dove? Per fare cosa? Non importa, tu comincia mandando giù il primo sorso. Il nostro travolgente drink si occuperà del resto. Come le bibite frizzanti, Ibizious è gradevole e rinfrescante. Alla maniera della birra, suggerisce l’idea della trasgressione o del divertimento. Poi inizia a fare DAVVERO effetto. Diventando, almeno a giudicare dal suo video di presentazione, la più valida alternativa alle sostanze allucinogene degli sciamani siberiani. Questa è una pubblicità che parte a 1000 e poi alza il tiro 1000 volte, mantenendosi in equilibrio su quella sottile linea che divide la chiarezza d’intenti dalla più ridicola parodia. Andandoci talmente vicino che, probabilmente, ben pochi capi d’industria del settore degli energy drink accetterebbero di farne la propria bandiera. Poco male, perché in effetti il cliente è un altro: si tratta del promo annuale per l’evento del club Amnesia sito sull’isola di Ibiza, il famoso Matinee, un tripudio musicale con DJ, ballerini e performer da ogni parte del mondo, in grado di attrarre con facilità diverse migliaia di spettatori. La volta scorsa ci avevano mostrato la storia catartica, raccontata in prima persona, di un uomo che perdeva il lavoro e sceglieva di superare la sua frustrazione con un viaggio liberatorio. Ormai non c’è più tempo per questo, così ci invitano a bere. Riuscendo a portarci in uno spazio concettuale straordinariamente nuovo, eppure in certo senso familiare. Fresh, nay, Super-Fresh!!

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La mantide-vespa religiosa? Si può anche addomesticare

Mantispidae

La maggior parte delle creature fantastiche proviene dalla semplice unione di più specie animali. Il classico drago ricorda nell’aspetto una lucertola gigante, con l’aggiunta di un bel paio di ali di pipistrello. La chimaira, figlia di Tifone ed Echidna, aveva il corpo da leone, la testa da capra e la coda di serpe. Se l’appendice posteriore  fosse stata invece di scorpione bé, allora avremmo detto di trovarci dinnanzi all’amichevole manticora. Il tarasque, conquistatore della Provenza medievale, era una tartaruga spinosa con la testa di leone. Il qilin, saggio abitante di alcune foreste dell’Estremo Oriente, aveva corna di cervo, testa di leone, scaglie di pesce e zoccoli di bue. Tutti questi esseri presentavano un tratto in comune: la tremenda pericolosità per l’uomo. Guardate invece questo insetto. La mantispidae, anche detta mantidfly, si riconosce dalle ali di libellula, le zampe di mantide e il corpo a strisce gialle e nere di una vespa. Per di più, esiste davvero! Fosse stato più grande, fra manticore, tarasque e qilin non avrebbe affatto sfigurato. Fortunatamente la sua famiglia di neurotteri non supera i 3 cm di lunghezza. Non dispone neanche del temuto pungiglione. In questo video Ed Kern, utente americano di YouTube, ce ne mostra una che ha trovato durante un barbecue in giardino, imbottigliato, addomesticato e nutrito per un paio di giorni. Dal punto di vista di noi esseri umani, superata la naturale diffidenza verso il suo aspetto, la mantidfly è un piccolo animale insolito, buffo e anche un pò grazioso. Questione di punti di vista: tutt’altra storia è la fine che fa fare a quella succulenta mosca, sminuzzata in un paio di secondi. Anche il metodo con cui le mantispidae vengono al mondo, in effetti, potrebbe dirsi un pò sinistro…

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Cameriere, c’è un gatto nel mio cappuccino

Kazuki Yamamoto2

“Non si preoccupi, può berlo.” Risposta inevitabile: “Ma è troppo KA-WA-IIIIiiii!” In tale classica espressione deliziata, generalmente gridata in falsetto dagli amanti del Giappone di ogni età e parte del mondo, c’è un amore spontaneo che nasce dal comprensibile entusiasmo per qualcosa di speciale. Kawaii (かわいい) vuol dire carino. Dolce. Adorabile. Grazioso. Tenero…Qualcuno tempo fa decise che, per meglio trasmettere l’unicità di questo termine così esclusivo anche in lingua italiana, si dovesse usare il terribile neologismo PUC-CIO-SO, accompagnato da un’espressione estatica e dal gesto assai nipponico delle dita a V, possibilmente accennato appena, in una sorta di scatto nevrotico che però impegni entrambe le mani allo stesso tempo. E io mi vedrei un pò così, tipico turista beota occidentale, seduto al bancone di questo incredibile bar della città di Osaka. Il posto in cui lavora Kazuki Yamamoto, sovrano incontrastato nel sublime campo della latte art, ovvero quel procedimento che consiste nel creare immagini sulla schiuma del cappuccino. Come si può restare impassibili di fronte a tutto ciò? Costui non crea semplici figure, usando stuzzicadenti o cucchiaini per disegnare forme vagamente simili al soggetto da rappresentare, ma scolpisce letteralmente piccoli gatti, panda, giraffe e altri animali sulla sommità spumeggiante di quella semplice tazzina, mediante un procedimento che sembrerebbe assomigliare alla più mistica stregoneria. Miao! Apprezzato il gustoso aroma, bevuto il caldo e gradevole estratto del chicco di caffè, verrebbe quasi da aspettarsi l’imprevisto. Che dentro il bicchiere rimanga, magicamente, il candido gattino che tanto ci aveva intenerito col suo sguardo kawaii. Tutto bagnato e miagolante, destinato presto a squagliarsi e tornare in quei luoghi eterei da cui era provenuto. Concreto e al tempo stesso impermanente, come del resto ogni cosa bella della vita.

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Roteando gloriosi bastoncelli sfolgoranti

LightToys

Questo sistema di visualizzazione luminescente potrebbe dirsi il giocattolo definitivo, purché si accetti di pagarne il prezzo, tutt’altro che accessibile. Ve lo ricordate Star Wars Kid? Quel giovane canadese che tentò goffamente, mazza da golf alla mano, di riprodurre le movenze del cattivissimo Darth Maul? A renderlo famoso, probabilmente, furono anche le mille rielaborazioni fatte al computer dagli appassionati, che aggiungendo il colorato effetto speciale del fascio luminoso anti-protonico lo trasformarono nel perfetto emulo di un vero signore dei Sith. Ecco, in questa performance del ballerino cecoslovacco Vojta Stolbenko si può assistere a un qualcosa che ricorderebbe da vicino i più sfrenati e folli video di quel filone, se non fosse per il trascurabile dettaglio che l’intera sequenza è stata registrata dal vivo, senza alcun tipo di aggiunta digitale. Ciò avviene grazie ai particolari strumenti che il performer tiene in mano, gli splendidi Pyroterra Visual Poi, prodotto innovativo che sarebbe, in un certo senso, l’evoluzione iper-tecnologica del semplice glowstick, ovvero il bastoncello fluorescente impiegato in occasione dei concerti o di altri spettacoli notturni. Facendo turbinare questi futuribili arnesi come una qualunque majorette quello che si ottiene non è una semplice, statica scia luminosa, ma una sequenza di immagini o video preparati al computer e poi caricati via USB, con 48 pixel di estensione e ben 16 milioni di colori (magari non tutti insieme). Solo non fateli cadere: come dicevamo, la coppia costa quasi 1.500 dollari.

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