É tornato in un vortice roteante di fuoco e scintille, ha una matrice di punti luminosi ed è più agguerrito che mai. Questo buffo ed inutile macchinario in grado di spegnersi da solo è il discendente di una vecchia conoscenza di Nico Nico Douga, il famoso sito di video sharing che si affianca in Giappone al più internazionale YouTube. Lo スイッチをONするとOFFするロボット (Robot che muove l’interruttore da ON ad OFF / Suitchio-ONsuru-to-OFFsuru-robotto) originariamente ospitato in una scatola di legno, vi combatteva con il suo creatore Kairoshi grazie a tecniche di montaggio video, cambiando a piacimento l’espressione disegnata con un semplice pennarello. Oggi, nell’epoca dei droni da combattimento e degli smartphone quasi senzienti la potenzialità di ribellarsi delle creature artificiali appare aumentata a dismisura, tanto da rendere necessario un upgrade digitale di questo grande classico del web – ma anche il suo predecessore vorrà dire la sua. La guerra per la posizione dell’interrutore è appena iniziata, chissà cosa ci riserva il futuro…
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La battaglia dei robot alti 30 cm
In questa RC Robot Gachi Battle c’è di tutto: scatole trasformabili che camminano, rapido gioco di gambe, samurai dal peso di un paio di chili al massimo e la più sublime esecuzione di un’ura nage da questo lato dei campionati mondiali di jūdō. La passione del Giappone per la robotica (mecha) incontra ancora una volta lo stile e l’estetica kawaii dei manga, creando dei guerrieri tascabili tanto efficienti quanto simpatici nella loro apparente goffagine. Benchè ciascuno di questi lottatori sappia eseguire un gesto o due al massimo, la tecnologia coinvolta appare piuttosto avanzata e solo raramente si ricorre all’arbitro in cravattino per risolvere la tenzone.
Sculture vaganti su spiagge desolate
Strandbeest è il nome di una serie di sculture cinetiche prodotte dall’olandese Theo Jansen, teorico dell’evoluzione, ingegnere e genetista immaginifico. I suoi animali artificiali sono elaborate strutture in PVC che montano bottiglie di plastica ad aria compressa, vele e sensori meccanici al fine di fagocitare e riciclare l’energia del vento. Il loro metodo di deambulazione non sono ruote, inadatte al suolo accidentato delle spiagge, ma molteplici zampe come quelle degli insetti, disposte secondo modalità incredibilmente complesse e stranamente funzionali. Hanno talvolta rudimentali capacità di percepire e persino cervelli meccanici per comprendere, voluminosi ma leggerissimi meccanismi in grado di ricordare la posizione dell’acqua, per loro molto pericolosa, ed evitarla.
La sua teoria vede queste creature come alternativa agli esseri biologici, nuove forme di vita in grado di adattarsi alle condizioni atmosferiche e sopravvivere, per lo meno ipoteticamente, in totale autosufficienza. Viene da chiedersi se non sia proprio questa strada low-tech, dal basso profilo energetico ma ricca di creatività ed implicazioni filosofiche a poter finalmente produrre i robot post-umani dei migliori romanzi di fantascienza: il piccolo Asimo un giorno esaurirà le batterie, ma Animaris Modularius potrebbe anche guardare indietro ai suoi creatori mentre percorre un pianeta deserto da millenni.