Incontro sulle diagonali di La Plata, trionfo della perfezione urbanistica sudamericana

Per ogni causa un effetto, da ogni intenzione, una conseguenza. Quando nel 1881, il presidente dell’Argentina Julio Roca espresse il suo supporto a Dardo Rocha come governatore della regione di Buenos Aires, l’avvocato e politico di carriera, già cadetto navale come il padre che aveva combattuto assieme a Garibaldi si trovò ad affrontare un problema alquanto raro, nonché particolarmente significativo. Con lo spostamento della capitale nazionale presso l’eponimo centro urbano, la già gremita Buenos Aires che Le Corbusier avrebbe definito, qualche anno dopo “Una fenomenale linea scintillante tra la Pampas, il mare e l’infinito” era stato infatti deciso che l’intera zona rilevante avrebbe ricevuto la nuova qualifica di distretto federale. Un nuovo centro amministrativo e politico doveva essere creato, dunque, per la zona contenente, da sola, il 38% della popolazione del paese. Combattendo contro le pressioni secessioniste della sua amministrazione Rocha guardò allora lungo il corso del grande fiume dell’Argento dove i primi coloni spagnoli, più di duecento anni prima, avevano costruito i loro insediamenti e solide fortezze per espandere il controllo del territorio. A ridosso delle antiche acque e circa 50 Km dal centro di B.A, sorsero così le prime pietre angolari della città di La Plata, una grande costruzione destinata a imporre nuove linee guida per l’intero contesto urbanistico di questa regione del mondo.
Rocha aveva scelto infatti d’ispirarsi, a tal proposito, per il grande impulso all’insediamento di cui era stato investito, ad un’impresa simile compiuta quasi un secolo prima in Nordamerica: la costruzione attentamente pianificata di Washington D.C. Una versione rivisitata, e per certi versi migliorata, dell’antico concetto di una città ideale, in cui ogni strada era disposta secondo un piano geometricamente impeccabile, secondo i crismi teorici, ed un tempo rigorosi, di alcune delle più celebrate città europee. Al fine di perseguire un simile obiettivo, chiamò dunque nella sua amministrazione l’architetto di origini francesi Pedro Benoit, che all’epoca faceva parte del dipartimento di geodesica ed ingegneria della provincia, rivestendo al tempo stesso un ruolo all’interno della locale loggia massonica, come depositario degli antichi rituali e segreti della confraternita di Re Salomone. Un reame iniziatico costruito dai seguaci della logica e la precisione di modalità ed intenti, che avrebbero trovato la più esplicita espressione nei piani estremamente precisi che egli aveva in merito all’incarico destinato a renderlo una personalità immancabile nei libri di storia…

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Un ladro di rottami non conosce riposo. E il riciclar gli è dolce in questo mare di macerie animate…

Nel quarto secolo ad Atene, dopo essere emigrato per ragioni legali dal suo luogo di nascita nel Ponto, visse un uomo che credeva fermamente nelle proprie convinzioni. Ed a tal punto era sicuro del supremo cinismo nel contesto dell’Universo tangibile, da rifiutare ogni imposizione o costrutto sociale, vivendo in una botte e consumando avanzi di cibo per assicurarsi la sopravvivenza. Il suo nome era Diogene, ma tutti quanti lo chiamavano il Cane. Interi volumi potrebbero essere riempiti delle citazioni di costui, spesso risposte date a personaggi celebri che tentavano di mettere in cattiva luce il suo stile di vita. In un celebre esempio, dopo aver ricevuto come dono beffardo da Alessandro Magno delle ossa da rosicchiare, il filosofo rispose famosamente: “Degno di un cane il cibo, ma non degno di un re il regalo”.
Fondamentalmente trasformato nell’immaginario popolare in una sorta d’ibrido inter-specie a metà tra bipede ed i nostri migliori amici, il personaggio di Diogene rivive in uno scaldabagno grazie all’opera dell’argentino Guillermo Galetti. L’artista noto su Internet come Ladron de Chatarra (Ladro di Spazzatura) non tanto per i propri metodi di applicazione, quanto in funzione della sua capacità di sovvertire un destino di entropia elaborando nuove cose o personaggi dove altri vedrebbero soltanto ragioni di abbandono. Ecco allora quel cilindrico “individuo”, che fatto muovere grazie all’impiego di una barra orizzontale, si piega innanzi mentre il volto assume nuove configurazioni. Come la testa di un Transformer, diviene oblungo e pare pronto ad annusare il cerchio dei dintorni erbosi. Dove c’era l’uomo, adesso tutto è cane. Distanti abbai risuonano nella distratta mente degli osservatori…
È un tipo di arte post-moderna, senza dubbio, poiché dedicata con intento radicale a catturare l’attenzione di chiunque, senza suscitare necessariamente pratici pensieri sulla vita, l’esistenza o lo stato politico dell’uomo. Forse per questo l’operato di Ladron, che egli ha dichiarato qualche volta avere dei “significati nascosti”, risulta tanto popolare su Internet, dove ha trovato la collocazione ideale in lunghi e articolati montaggi di materiale, tratto dai suoi canali social e talvolta accompagnato da vari brani di musica Rock & Pop. Forse il più grande dei colmi, per questo insegnante di Buenos Aires con sede operativa a Villa La Angostura che fermamente dubita della tecnologia, come un moderno Diogene, e va predicando sopra ogni altra cosa l’importanza per i giovani di ritornare a saper impiegare la creatività manuale. Tanto che egli narra, nelle poche interviste e materiali di supporto che accompagnano le proprie opere, di essere stato convinto unicamente dalla moglie, con l’aiuto del periodo d’inedia dovuto al Covid, a pubblicare online le immagini ed i video dei propri lavori. La cui varietà è tanto straordinaria, quanto confusa risulta esserne la cronologia o un’effettiva dichiarazione d’intenti…

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Condominio per i pappagalli della Patagonia: un’alta scogliera pericolante

In prossimità della spiaggia di El Condor, nella provincia argentina di Rio Negro, è solito risuonare occasionalmente il grido acuto del falco pellegrino. Occasione al verificarsi della quale, improvvisamente, l’atmosfera sembra subire una repentina quanto sostanziale onda di mutamento. Sparito è il diffuso chiacchiericcio di un famoso popolo della montagna, la nutrita moltitudine di uccelli verdi, gialli e rossi sotto il petto che comunemente vagano per questi ritagli di cielo marcatamente azzurrino. Dove sono i pappagalli? Nelle loro buche, chiaramente. Anche voi, se foste braccati in modo ripetuto da un’impietoso predatore in grado di raggiungere i 240 Km orari, scegliereste di vivere all’interno di un luogo angusto e protetto. Scavato un po’ alla volta, nel giro di anni successivi, tramite la forza esclusiva di un forte becco? Anche questa è la natura. Quella di un volatile da 230-300 grammi di peso, non più lungo di 52 cm, che cionondimeno appare facilmente in grado di apportare cambiamenti significativi al paesaggio. Operando in tal senso in modo analogo a termiti o formiche, con cui condivide d’altronde la stessa propensione alla costituzione di gruppi sociali collaborativi ed ingenti. I più grandi noti, nel caso specifico, per quanto riguarda i membri dell’ordine degli psittaciformi, creature convenzionalmente note per il loro piumaggio variopinto, la dieta onnivora e la capacità innata di riprodurre i suoni. Tutte caratteristiche comuni alle letterali centinaia di esemplari conviventi del Cyanoliseus patagonus, distinto dalla propensione a costruire una rete invisibile di tane interconnesse, per cui la qualifica di mero nido appare alquanto riduttiva, trattandosi piuttosto della più accentuata approssimazione animale di una mitica città sotterranea. Tratteggiata dando priorità alla convenienza, per questi esseri dotati della predisposizione al volo, su una delle tavolozze maggiormente adatte della natura: pareti verticali a strapiombo, sulla giungla o sulla spiaggia, sulla strada, sopra i campi, costituite da conglomerati pendenti di arenaria, pietra calcarea o altre rocce friabili, vittime del tutto designate dell’intento e della forza di volontà dei piccoli, a patto di avere il tempo necessario alla costituzione in essere dei loro significativi progetti. E sarebbe davvero difficile, tutto considerato, immaginare una soluzione abitativa migliore. Nascosta non soltanto dall’occhio scrutatore del famelico falco, ma anche via dalla portata d’innumerevoli mammiferi e serpenti predatori, del tutto incapaci di far presa sulla pietra sdrucciolevole dello strapiombo. Giungendo a costituire, conseguentemente, uno degli spettacoli più memorabili di questo intero ambito costiero e zone circostanti, benché il pennuto in questione non fu sempre beneamato alla stessa maniera. Tanto da diventare, in diverse casistiche pregresse, il bersaglio di campagne d’eradicazione popolari condotte con i pesticidi e gli esplosivi, usati per far saltare in aria le sue città verticali di maggiore rilevanza. Questo a causa dell’idea, del tutto erronea ed alquanto controintuitiva, che potesse prendere d’assalto i terreni agricoli e causare al tempo stesso l’erosione del paesaggio montano antistante…

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Agilità argentina: l’anima del capibara con le zampe di una gazzella

Chiunque abbia mai visto un grosso cane dalla folta pelliccia immergersi momentaneamente all’interno di un laghetto o corso d’acqua, ricorderà la sua trasformazione nel momento in cui è tornato a emergere, ritrovandosi a mostrare ai presenti l’effettiva forma del proprio corpo. Molto più snello del previsto, dimostrando la ragione delle capacità atletiche da lui possedute! Ed è senz’altro una fortuna che lo stesso non succeda con i frequentemente immersi mega-roditori tipici dell’area sudamericana. Perché un capibara smagrito tenderebbe a sembrare qualcosa di radicalmente differente. Qualcosa di dannatamente rapido e chiaramente affilato dal bisogno di dar seguito alla propria sopravvivenza…
Chimerico è l’aggettivo spesso utilizzato in senso figurativo per tentare di riferirsi a qualcosa di remoto ed improbabile, potenzialmente impossibile da contestualizzare. Laddove l’etimologia di questo termine, derivato dalla celebre creatura mitologica di epoca greca e romana, vorrebbe alludere convenzionalmente alla convergenza di tratti concettualmente disallineati all’interno di una singola creatura. Una caratteristica tipicamente attribuibile ai mostri. Ma che figura, in determinate circostanze, anche nel caso degli animali. Abitanti di remoti territori come le pianure della Tierra del Fuego, letterale ultimo confine del mondo, ove la continuativa lotta per la sopravvivenza non è in alcun modo più semplice, né meno feroce, di quella sperimentata ogni giorno nell’ecosistema dell’Africa Nera. Basta guardare, per comprenderlo, la conformazione fisica della specie scientificamente nota come Dolichotis patagonum o più semplicemente “marà”, i cui fenotipi evolutivi parlano di un livello di attenzione particolarmente elevato nei confronti dei dintorni, collaborazione sociale per la difesa del territorio e soprattutto la capacità, altamente caratterizzante, di trasformarsi in un razzo missile che sfreccia tra le erbe ed altre piante della pampa. Una necessità morfologica niente meno che fondamentale nel suo contesto. Poiché come sarebbe possibile spiegare, altrimenti, la sua appartenenza alla stessa famiglia del porcellino d’india ed il capibara, entrambi animali non propriamente noti per le proprie doti di prestanza fisica o velocità metabolica nel momento di darsi alla fuga. Questo perché il nostro amico dalle dimensioni pressoché mediane (69-75 cm per 8-16 Kg) rappresenta essenzialmente un chiaro esempio di convergenza evolutiva nei confronti della lepre europea, migliorata con una velocità massima raggiungibile di fino a 60 Km/h. Abbastanza per eludere dall’intero vasto novero dei suoi predatori, inclusivo di volpi, felini selvatici, grisoni ed uccelli da preda. Benché lo stesso approccio risulti inefficace nei confronti dei cacciatori umani, che nel corso delle ultime decadi ne hanno praticato un eccidio non propriamente sostenibile per l’alto valore della loro pelliccia. Al punto da giustificare l’inserimento nell’elenco delle specie a rischio da parte dello IUCN, nel culmine di una triste storia fin troppo comune negli ecosistemi di una buona metà del mondo. E dire che, prima del nostro palesarci tra le inconsapevoli creature dell’Olocene, le cose stavano andando così bene…

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