Due modi per scavare sul finir di una giornata uggiosa

Snow Fort

È stato un gran miraggio, quello che d’improvviso, lungo una strada di scorrimento della provincia di Alberta, lassù nel vasto Canada e in prossimità di quattro grossi serbatoi argentati, capitò a qualcuno. Egli/colei vide tre persone (almeno) che si aggiravano dubbiose attorno a un alto cumulo di neve. Con costoro, c’era pure un cane. Dico c’era, perché d’un tratto, tutta quella gente, assieme all’animale, non si vide più. Dove se n’erano andati? Dentro un gran castello sotto il suolo. Chi l’aveva costruito, ecco…Ah, ah, ah!
È una tendenza naturale ad esplorare il mondo e tutto quello che implica, nel suo profondo caveau accogliente. Ovvero la leggenda, fattosi effettiva legge di natura, secondo cui nel buio sotterraneo si nasconderebbe un magnifico diamante. Grande come il mare, splendente quanto il cielo. Su questa gemma sono state dette molte cose: avrebbe dodici sfaccettature, addirittura. Giacché giace già tagliato, tale oggetto inconoscibile nei fatti, perfetto in ogni minimo dettaglio, mai visto da nessuno eppure tanto a lungo ricercato. La sua luce è rossa, con riflessi tenui d’argentata luce di speranza; per un futuro, ancora da venire, senza più necessità: ma giorni, tutti uguali, di tiepido compiacimento. Lo stato di chi ha ritrovato la piacevole passione, il senso giusto delle ore. Che poi sarebbe, in questo caso, l’hobby di scavare.
Si presenta accalorato ed elettrico, il capo-cantiere del progetto presente, questo Magnusdonvon, alias […] Mentre esplìcita le mistiche significanze della sua creazione. Palésa i cunicoli nascosti. Del suo/loro invidiabile, complesso e sinuoso fortino, ricavato a forza dalla neve marzolina (eh, qui siamo davvero a Nord, signori miei) quando basta un sogno e neanche serve un segno. L’aver visto, ad occhi chiusi, la voce cavernosa, e aver sentito il volto conturbante di Persefone, sposa degli Inferi, che pronunciando l’irresistibile parola del potere: “?*!?” Ha dato l’ordine, suvvia. Così, per cominciare. Al primo diradarsi delle nebbie levantine, di questa domenica tranquilla. Però solo fino a un certo punto. Diciamo, fino all’arrivo del trattore? Che viene per l’appunto consigliato dagli appartenenti alla piccola eppur determinata congrega del buco, di nuovo pronta a farne una delle sue.
“Vogliate avere la sublime cortesia di essermi gregari nel presente tour [parafrasi]” È stranamente cortese, per essere una persona dedita a una missione tanto astrusa. Sul suo chiaro invito alle Presenze del Pertugio, si alza il ponte levatoio, invisibile ma di sicuro pregno! Ed il visitatore, con la videocamera, si fa Dante al suo Virgilio, quando entra. E testimonia. Uno spazio, stretto. Dell’ambiente, buio. Ma pieno di sorprese, tra cui una camera centrale, in cui sedersi e meditare. Non fumare qualche calumet, di sicuro, vista l’assenza di un camino, perché “Potete fare buchi per fare entrare la luce” Dice lui: “Ma è molto meno divertente”.

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