La spietata battaglia del formaggio di Gloucestershire

La lieve foschia tipica della brughiera inglese prese d’un tratto a diradarsi, per l’innalzarsi della temperatura di metà mattina. La scena visibile dal fondo della collina, in quel preciso momento, fu drammatica. Almeno dieci persone giacevano a terra, lungo diversi punti del percorso. chi tenendosi una gamba infortunata, chi rotolandosi debolmente, nel tentativo di alzarsi senza appoggiare il peso sul braccio ferito. Il gruppo di addetti alle portantine, sul prato erboso sottostante, parve allora esitare, soltanto per un attimo: non tutti avevano notato, d’altra parte, che le ambulanze erano tornate in fondo all’affollata area parcheggio, da dove aspettavano di trasportare il prossimo carico di coraggiosi fino al vicino ospedale di Gloucester, capitale della regione. Il Maestro delle Cerimonie, allora, fece risuonare il fischietto che indicava il termine della tenzone, dando il via libera ai soccorsi. Proprio mentre la carica dei benintenzionati si lanciava con enfasi lungo la salita di Cooper’s Hill, famosa per la sua pendenza superiore al 50%, qualcuno udì un tonfo sordo non troppo distante: era un oggetto di 4,1 Kg, lanciato alla velocità di circa 110 Km/h, che impattava contro il fianco di un impreparato spettatore. Scaraventato a terra dal contraccolpo, costui cadde a terra col volto i navanti, iniziando a sanguinare copiosamente dal naso. Chi si chinò per aiutarlo a rialzarsi, tuttavia, si ritrovò di fronte un esito inaspettato: l’uomo sorrideva con un ghigno di circostanza, quasi fosse felice di quanto gli era capitato. E in quel preciso momento la gente applaudiva, mentre già le prime vittime claudicanti, le braccia sollevate ad accogliere ogni onore, iniziavano la laboriosa discesa fino all’altitudine del sentiero. Persino chi stava lasciando la scena venendo trasportato in posizione orizzontale, purché cosciente, non emanava un senso di depressione, sofferenza o sconfitta. Ma forza d’animo ed incrollabile entusiasmo. L’intera faccenda appariva nei fatti gloriosa, come l’esito finale di un confronto tra gli eroi del Valhalla. Soltanto poche ore da quel momento, si sarebbe ripetuta una seconda e una terza volta. La quarta discesa, ancora, non era sicura: tutto dipendeva dalla quantità di persone che si erano iscritte per entrare negli annali del villaggio di Brockworth e del mondo.
Già, mondo. Poiché esistono, da un certo tempo, luoghi che hanno mutuato questa usanza realizzandone una versione locale, con ottimi risultati turistici e in genere, un’invidiabile visibilità del prodotto caseario utilizzato. Ma nessuno può fondamentalmente rivaleggiare con la prima e più prestigiosa rotolata del formaggio, che si tiene da un tempo incerto presso questa piccola comunità della contea di Gloucestershire, allo stato dei fatti attuale in occasione del giorno di vacanza primaverile noto come Bank Holiday verso la fine di maggio, mentre in origine, la giornata scelta era invece il dì di Pentecoste. Così come le implicazioni internazionali traspaiono dai partecipanti, che negli ultimi anni hanno incluso persone provenienti da Australia, Nuova Zelanda e Nepal. Il che fa una certa impressione, una volta considerato che stiamo parlando di una festa particolarmente atipica e notoriamente pericolosa, il cui conteggio di chi ne esce non proprio in forma, ogni anno, potrebbe fare invidia ad altre attività imprudenti come la celebre corsa dei tori di San Firmino. Con un vantaggio, indubbiamente importante: nessuna necessità di coinvolgere direttamente gli animali. Benché il più importante tra i mammiferi addomesticati, sia dal punto di vista gastronomico che dell’allevamento, partecipi a suo modo, grazie al prodotto che qui trova realizzazione a partire dal latte, famoso in tutto il paese come elemento pregiato sulla tavola di chi sa capire i meriti di un sapore forte, nonché antico. Sto parlando del Doppio Gloucerster, il giallo tesoro per cui si combatte, secondo la tradizione, facendo il possibile per afferrarlo prima che possa fermarsi spontaneamente (si spera) sul prato antistante la discesa di Cooper’s Hill. Un’attività che dovrebbe avere origine, secondo le teorie più accreditate, attorno al XVIII secolo, quando la gente del posto impiegava lo strano metodo per scegliere chi avrebbe avuto diritto, quell’anno, a coltivare l’appezzamento di terreno facente parte della proprietà comune del piccolo insediamento di campagna. Con un rituale che, in origine, doveva avere un aspetto molto diverso: trattandosi di un metodo per onorare la rinascita degli dei primaverili, infatti, pare che gli oggetti fatti rotolare non fossero semplici formaggi, ma fasci d’erba infuocati. Aggiungendo così l’ustione, al lungo catalogo dei rischi corsi da chi ogni anno, come infuso da un sacro furore, dimentica l’importanza della propria incolumità, facendo il possibile per guadagnarsi la gloria.

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La cerimonia più importante del Polo Sud

Geographic South Pole

Un astrofisico, un geologo ed un tedesco entrano in un bar. Fuori c’è bel tempo ma fa un po’ freddino. Il geologo dice agli altri due: “Allora, come ci si sente a trovarsi sul 90° parallelo?” E l’astrofisico risponde: “Più che altro, vorrei poter guardare con il mio telescopio la stella di Sigma Octanis, ma come sapete qui il sole non tramonta praticamente mai…” Al che il tecnico addetto alle comunicazioni, pilastro a pieno titolo della stazione di ricerca americana Amundsen-Scott, appoggiato sul bancone il suo bicchiere di succo d’ananas, esclama con perfetto accento berlinese: “E ti credo! Ogni volta che spostate quel dannato palo, cambiate il fuso orario di sei-sette ore!” Cala il silenzio in sala. Qualcuno, dalla direzione della porta, sghignazza sguaiatamente. Altri restano in silenzio, contemplativi. Perché ben sanno cosa c’è in fondo al corridoio, vicino alla porta a tenuta stagna che la collocazione relativa, l’abitudine e le circolari delle diverse generazioni di direttori hanno fatto eleggere ad ingresso principale: una vetrina su cinque livelli, ciascuno dei quali carico della più bizzarra selezione di modellini metallici, di bussole, edifici a misura di gnomo, piccoli pianeti di vario tipo… Siamo alla fine di dicembre, ormai, è tutti qui sanno che presto, un’altro curioso oggettino dovrà unirsi alla collezione. Mentre un gruppo di addetti attentamente selezionato, avventurandosi nella relativa calura estiva (quaggiù le stagioni sono invertite) di -15, – 20 gradi, raggiungeranno un punto specifico della pianura presso cui sorgono queste solide mura, ad un altitudine di 2.835 metri sul livello del suolo. Per piantare un qualcosa di splendido e straordinariamente significativo: un attrezzo che se fosse una pianta, sarebbe l’albero del mondo. Se si trattasse di una stella, costituirebbe l’astro benedicente del mattino.
È un momento solenne. Una vecchia tradizione. Questo centro di ricerca del resto, il più famoso tra i circa 70 che poggiano sui ghiacci eterni del continente meno ospitale del pianeta, è abbastanza vecchio da aver acquisito un certo numero di abitudini considerate sacrali. L’Amundsen–Scott, intitolato ai due esploratori che all’inizio dello scorso secolo raggiunsero per primi questi luoghi, nel secondo dei casi perdendo subito dopo la vita,  fu fondato per la prima ed ultima volta nel 1956, come parte dei progetti scientifici istituiti per l’Anno Geofisico Internazionale (IGY) un significativo momento in cui le comunicazioni tra certe frange della ricerca americana e sovietica ricominciarono a verificarsi normalmente, permettendo l’interscambio che c’era stato in passato ed avrebbe dovuto continuare ad esistere, necessariamente e nonostante la tensione tra i due paesi. Con il riuscito lancio dello Sputnik I soltanto l’anno successivo, quindi, gli americani decisero di investire seriamente in questo e numerosi altri progetti. Così l’edificio principale della stazione fu progressivamente ampliato, per ospitare fino a 200 persone allo stesso tempo. E da allora, non fu mai più lasciato. E molti di coloro che assistono alle buffe iniziative degli astronauti che oggi si trovano sull’ISS (la Stazione Spaziale Internazionale), tra cui suonare la cornamusa, giocare a palla o fare bizzarri esperimenti personali con l’acqua, tendono a stupirsi che persone spedite in un luogo così irraggiungibile possano trovare il tempo per se stesse, a discapito degli onerosi impegni di missione. Ma la realtà è che la mente umana funziona in un determinato modo. E senza un certo grado di svago e digressione, non potrebbe mai mantenere il grado d’acume necessario a compiere il proprio dovere. Ciò è tanto più vero, in un luogo come il Polo Sud, che per quanto remoto, può avere quanto meno il lusso di uno spazio a disposizione relativamente significativo. Con un’area dedicata alla libreria, un’altra con mansioni di mini-cinema e persino una sala da musica, fornita di molti degli strumenti più suonati alle latitudini più diverse. Ma forse il luogo più inaspettato ed insolito, all’interno di queste spesse mura, è lo spazio dedicato a raccogliere i precedenti marker del Polo Sud Geografico, dei curiosi e gradevoli oggetti usati come segnalino sulla cima del palo, un anno dopo l’altro, per indicare in maniera chiara il punto attraverso cui passa l’asse della rotazione terrestre, nel preciso momento di ogni giorno di capodanno. Ma perché, mi sembra quasi di sentire la domanda, una tale luogo SI SPOSTA? Beh, ecco…

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Leggere il futuro grazie alla fusione dei metalli

Molibdomanzia

Si tratta di un gioco, un passatempo. Quasi nessuno, in quest’epoca pragmatica e civilizzata, ammette di crederci davvero eppure, guarda caso, nei negozi del centro abbondano i kit per compiere la mistica magia: un piccolo mestolo di ferro, fatto a misura per la forgia degli gnomi. E quattro, cinque oggettini di stagno oppure piombo, in forme apotropaiche come cuori, stelle o ferri di cavallo. Qualche volta, per semplificare, si tratta di semplici sfere, più pratiche al tatto ed alla prima fase del curioso rituale, assai diffuso in paesi nordici come la Germania o la Svezia, dove lo chiamano uudenvuodentina. Mentre per noi è molibdomanzia: un’arte o tecnica, particolarmente diffusa ai tempi della cultura celtica, che tuttavia risale fino all’epoca dei greci, quando gli oracoli dei grandi templi, rivolgendosi ai loro antichi dei, non solo ne traevano soddisfazione spirituale.  Bensì, per convenzione ed interpretazione di presagi, tendevano a ricevere risposte.
Il problema fondamentale di chi cerca la verità che ancora non può dirsi compiuta, da che esiste una qualsivoglia forma di divinazione, è la tendenza ad essere specifici; chi vuole sapere la realtà sui sentimenti altrui (quando la gente, tanto spesso, non capisce neanche i propri) chi cerca strade verso il potere e la ricchezza (i numeri, i numeri del lotto!) Altri, addirittura, pretendono di conoscere il giorno esatto della propria morte (pazzoidi). Quando è facile, per inferenza, desumere il funzionamento di una tale cosa: scrutando nel futuro, tutto deve essere per forza poco chiaro. È soltanto questo il metodo di prepararsi ad esso, ragionandoci per gradi, effettuando nella propria mente una simulazione dopo l’altra. Colui che scruta in luoghi estremamente remoti, ben oltre le stelle del creato, non può pretendere di ritrovare la realtà mondana, le piccolezze ed i bisogni della propria insignificante vita. Ma le correnti, quelle si. I ritmi e la tendenza del rapporto causa-effetto, come procedere, anche durante una lunga crisi, restando fedeli al proprio modus di ragionamento. Da questo punto di vista, la molibdomanzia moderna è molto più utile allo scopo: perché chi la pratica seguendo la prassi maggiormente accreditata, la maggior parte delle volte neanche pone una domanda.
Si fa così, generalmente in occasione di una qualche ricorrenza, come il capodanno: il gruppo si raduna intorno al tavolo, giacché non esiste una lettura del fato inscrutabile che sia migliore in solitaria. Viene accesa una candela, oppure un forno elettrico, insomma una qualunque fonte di calore intensa e ben direzionata. Quindi, l’uno dopo l’altro, si prende uno degli appositi segnalini di metallo, tutti uguali o ben differenziati, poco importa; visto lo specifico funzionamento del rito, si dovrà procedere rigorosamente a turno, pena il rischio di confondersi una volta proceduto alla fusione. A questo punto, benché molti soprassiedano, sarebbe il caso d’infondere le proprie vibrazioni spirituali nel pegno selezionato. Sul come procedere prima del punto apicale, è inutile dirlo, esistono visioni contrapposte: lo zio agita l’oggetto come fosse un dado, la nonna ci soffia sopra con le mani chiuse a pugno, altri, meno compunti, addirittura ci parlano e così via. Del resto, l’uudenvuodentina o per usare il termine tedesco, il bleigießen (dal verbo che significa squagliare) è un passatempo ormai legato al mondo dei bambini, che negli anni si è arricchito di passaggi buffi o interessanti, diversi per regione, città o addirittura singolo nucleo familiare. L’accumulo procedurale delle schiere di generazioni successive…

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Il serpente nato da una sola pennellata

Brushstroke snake

Tra esattamente undici giorni, con la fine dell’anno lunare, il drago cinese che ci ha accompagnato per l’intero 2012 tornerà alla sua dimora celeste, lasciandoci in balìa della sua controparte meno insolita e maestosa: il serpente. Data la recente fine degli anni dotati di doppio zero nel loro nome, non ci sará più possibile indossare la versione brevettata degli occhiali da veglione con numero incorporato, popolari soprattutto tra il 2000 e il 2009 grazie alla forma delle cifre centrali, perfettamente corrispondenti alla posizione dei nostri simmetrici occhi umani. Ecco allora questa proposta alternativa di allegoria geometrica per tale ricorrenza, meno commerciale ma altrettanto creativa, proveniente dal canale di YouTube cyLtt taka, dedicato alla raccolta di notizie provenienti dalla Cina. Nel corso dell’affascinante video, della durata di appena due minuti, assisteremo alla più rapida creazione immaginabile di un proporzionato e nitido serpente pittorico, portato a compimento con un solo sinuoso tratto di pennello, appositamente inchiostrato solo ai margini della parte a contatto con il foglio. Lingua, testa, scaglie e coda appuntita. Il tutto con un fine ben preciso: la scrittura in forma d’animale dei tratti componenti il numero 2013.

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