Street Fighter (parzialmente) fatto a mano

Maker Vs Marker

In principio era il torneo di arti marziali. Ryu e Ken, lottatori degli anni ’90 alla ricerca dello shotokan definitivo, viaggiavano per il mondo, allo scopo di mettere alla prova la loro possanza e maestria guerriera. Sei bottoni colorati, un grosso joystick e il tipico monitor interlacciato dalle vistose barre nere orizzontali. A quei tempi, non tutti i videogame richiedevano un racconto epico. C’erano, si, Final Fantasy, Dragon Quest… Esistevano molte delle grandi saghe che ancora si affollano, un seguito dopo l’altro, dentro alle attuali console portatili e casalinghe. Ma insieme a loro, dominando il tempo libero e la fantasia degli appassionati, svettavano i ponderosi coin-op, versatili macchine d’intrattenimento elettroniche, disposte ordinatamente lungo le candide pareti delle sale giochi e dei bar. L’unico Anello, creazione tolkeniana, era poco conosciuto allora, appannaggio di bibliofili e lettori di fantasy che si applicassero agli autori più impegnativi; eppure il metallo brillante, in quell’epoca lontana, aveva già un suo potere. Purché si presentasse nella forma di un particolare, miracoloso manufatto: il gettone da 200 lire. Quel dischetto lucido, equivalente al costo di una telefonata, da cui scaturivano interi mondi paralleli, privilegiate vie di fuga dal grigiore quotidiano. Così, noi combattevamo. Tra le pagode inclinate dell’iconico fondale giapponese, scagliavamo i nostri hadouken verso il cielo. Per le affollate strade di un mercato cinese, pieno di ciclisti e galline, bloccavamo i calci fiammeggianti di Chun-Li. Sotto il sole rosso della Tailandia, di fronte al Buddha disteso del tempio di Wat Pho, il nostro Blanka frapponeva il suo flusso elettrico al tuono del pugno della Tigre, lo sfregiato re orbo del kickboxing. Poi, un giorno, in occasione dell’ennesimo remake, comparve lui: Akuma, il grande demone. 

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La cucina illogica di PES, così deliziosa che non la mangeresti mai

PES Guacamole

Alcune ricette si guadagnano l’apprezzamento dei gourmand più raffinati dalle loro procedure di preparazione particolari e mai sentite prima, in grado di creare allestimenti visuali con piatti straordinari o innovativi; altre, invece, puntano sulla qualità genuinamente rara e la natura esotica degli ingredienti. Molti hanno mangiato il pollo con le patate, che per questo è diventato il simbolo di ogni pietanza semplice e ripetitiva, eppure basta cambiare gli elementi costituenti per entrare nel mondo esclusivo dell’haute cuisine, appannaggio e vanto di grandi cuochi o interi ristoranti: quaglie con tartufi o aragoste con riso pilaf, anche se non trattate e combinate in modi atipici e creativi, saranno pur sempre oggetto di grandi e sinceri apprezzamenti. Vuoi mettere col cibo di ogni giorno? Tutta un’altra storia.  Saper scegliere e gestire gli ingredienti meno facili da acquisire, prepararli e infine portarli a tavola con stile è il primo segno di riconoscimento per un cuoco bravo a fare il suo mestiere.
Come PES, al secolo Adam Pesapane, l’artista dello stop-motion e pubblicitario che riesce a far venire l’acquolina in bocca trasformando in piatti deliziosi, neanche fossero perfettamente commestibili, gli oggetti più strani e disparati.

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Il fascino poetico della fusione in bronzo

Questo video in stop-motion particolarmente riuscito dimostra con un certo stile la complicata creazione di una piccola statua in bronzo. A partire dal classico blocco di argilla e con una figurina in fil di ferro a fare da scheletro, in pochi secondi si materializza il ritratto scultoreo di una ragazza. La figura, benchè ovviamente statica nella posa, inizia quindi a muoversi leggiadra tra le diverse fasi previste dalla tecnica della cera persa. Viene mostrata l’intera progressiva trasformazione dal modello in argilla, cotto e ricoperto di cera, al vero e proprio prototipo della statua (o “anima”) sul quale vengono applicati dei caratteristici tubicini detti a porcospino. Tale creazione viene dunque immersa in un ulteriore stato terracotta (la “cappa”) dal quale affiorano gli sfiatatoi e che sarà poi immersa nel terreno prima di procedere con la colatura del metallo fuso, mentre la cera nell’intercapedine scivolerà via sciogliendosi per il calore. Il tutto si svolge senza apparente intervento umano, aumentando ulteriormente il già considerevole fascino di quest’arte antica.

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