Benvenuti nella fabbrica dei mappamondi

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Il bello del programma Come è Fatto è che ti mostra, per l’appunto, Come la cosa è stata Fatta. senza eccessivi orpelli o inoltrarsi nell’approfondire i termini definitivi di contesto. Non c’è approfondimento storico, studio della situazione, nessun tipo di disquisizione da filosofi della realtà. Si, stiamo parlando, nei fatti, di un programma di pura e semplice ingegneria. Quasi tedesco, se vogliamo, nonostante sia nei fatti canadese. Il che è davvero perfetto, quando si sta parlando di forbici, pettini, posate, chiavi inglesi, maniglie per le porte, cappelli, mouse per il computer, lampade da comodino, pedali per l’acceleratore, bottoni della camicia. Ci sono stati episodi, tuttavia, in cui il tema trattato non poteva fare a meno di sollevare alcuni dubbi sulla sua natura più profonda, l’origine stessa di quel particolare modus operandi. Dubbi che purtroppo, non sarebbero stati in alcun modo affrontati in tale sede; perché di lì a poco, ci si sarebbe spostati nella trattazione dei tappi per la penna, le ciotole del latte, i frigoriferi da incasso… Quando invece, il mappamondo meritava di più. Forse addirittura un episodio intero! Basti osservare per comparazione questo breve segmento realizzato dalla British Pathé (una sorta di Istituto Luce inglese) nell’AD 1955, girato presso “un istituto geografico di fama” situato presso la tentacolare metropoli di Londra. Il tono della voce fuori campo, come di consueto nelle trattazioni televisive di quegli anni, risulta allegro e spensierato, mentre l’operato di un certo Ted Hoskins (?) e la sua cricca di abili ragazze si sposta lieve da un passaggio all’altro del procedimento. Che risulta, forse alquanto sorprendentemente, piuttosto artigianale, addirittura affascinante. Montate ad asciugarsi a parete, alcune sfere di legno messe assieme con la colla vengono prese e ricoperte di giornali, quindi cosparse di uno strato d’intonaco a base di gesso e più strisce di un materiale rosso scuro, probabilmente una stoffa di qualche tipo. Più e più volte, fino al raggiungimento di uno spessore di circa due cm, attentamente livellato grazie all’uso di uno stampo dalla forma di un emisfero, per poi passare alla fase culmine dell’intera procedura: la trasformazione in modellino del nostro reale globo, 80 o 90 milioni di volte più grande. Che avviene, come si poteva facilmente immaginare, grazie alla ricopertura con una serie di stampe, ciascuna delle quali effettuata su una “striscia” (in termini tecnici gore) o spicchio di pianeta, perché altrimenti non sarebbe possibile garantire un corretto adattamento alla forma della sfera. Le impiegate della fabbrica quindi, tutte donne tranne il grande capo, dovevano incollarle una ad una, curandone l’allineamento con precisione certosina, poiché uno scarto di pochi millimetri sarebbe diventato grave all’altro capo dell’opera, causando la totale sparizione d’intere nazioni, o creando inaccettabili fessuramenti nella crosta planetaria. Ogni striscia veniva attentamente spianata, e nel punto d’incontro con quella successiva l’addetta si premurava di correggere le eventuali imprecisioni tramite l’impiego di un pennello. Benché nel video non venga mostrato, quindi, si applicavano due coperture circolari in corrispondenza dei poli, per nascondere le piegature inevitabili all’incontro al culmine di tanti segmenti differenti. Il tocco finale: uno strato di lucido trasparente, dato da niente meno di Ted stesso, poco prima d’infilzare il globo come fosse uno spiedino.
Ma tutto questo non ci dice nulla, sulla ragione reale d’esistenza dell’oggetto in questione, ovvero sul perché fin dal 1492, l’anno in cui nacque in senso moderno, nelle case e nelle aule ci sia decisi ad impiegare un metodo d’esposizione geografica senz’altro decorativo, ma di così scomodo utilizzo e ingombro all’apparenza superfluo rispetto al primigenio attrezzo dell’esploratore, ovvero la ben più pratica, straordinariamente maneggevole mappa in 2D. E di sicuro oggi, nell’epoca dei GPS e di Google Earth, un simile oggetto non può che dar l’idea di una mera curiosità, un regalo divertente che si può ricevere dai nonni, per dar colore ad una stanza o stimolare la fantasia. Eppure, fino a un paio di generazioni fa, la rappresentazione tridimensionale di questo sferoide era semplicemente fondamentale nel campo della geografia. Per un motivo che potreste trovare sorprendente: era l’unica, fra tutte quelle disponibili che fosse, anche soltanto remotamente, corretta.

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La reale dimensione dei paesi sopra e sotto l’equatore

Mercator Projection

Ehi, tu! Osserva il contenuto di questa immagine. La vedi quella minuscola cosa rossa, accanto alla massa giganteggiante dell’Australia? Ecco, stai guardando la Gran Bretagna. Si, con Inghilterra, Scozia e Galles. L’isola più grande con tutte le altre, e soltanto un pezzettino dell’Irlanda settentrionale, che Brexit a parte, continua a incoronare qualsiasi immagine dell’Europa. La quale nella visualizzazione più spesso usata delle nazioni, sembrerebbe poter facilmente rivaleggiare con l’estensione longitudinale di alcune parti del paese dei canguri. Si, come no. La realtà, signora mia, la stai vedendo solamente adesso… Forse addirittura per la prima volta: uno scricciolo, un pacchetto di fiammiferi, un ciottolo sperduto nel deserto. Questo dovrebbe sembrarti, persino l’isola più vasta d’Europa, al confronto di quello che pur sempre resta uno dei cinque continenti che compongono le complessive terre emerse del Pianeta. Ed allora perché, normalmente, non sembra affatto così? La colpa, che tale è diventata solamente col trascorrere dei secoli, va attribuita ad una singola persona, vissuta tra il 1512 e il 1594 nella regione delle Fiandre, sita presso il Belgio settentrionale: Gerhard Kremer, passato alla storia con la versione liberamente latinizzata del suo nome, Gerardus Mercator. Matematico, astronomo, cartografo. Geniale manipolatore della geometrica realtà effettiva. Che potrebbe aver modificato in modo indiretto, grazie alla creazione di un sistema fin troppo diffuso di preconcetti (piccolo=meno importante?) La storia stessa dell’intera Terra.
Passiamo quindi alla spiegazione del problema di massima. Che potrebbe sembrarvi, a seconda dei casi, scontata ed automatica, oppure un qualcosa di assolutamente sorprendente ed inaspettato. Il che è del resto molto logico, visto come si tratti di una tematica che viene comunemente affrontata, o almeno DOVREBBE esserlo, nel corso del quinquennio che compone la scuola, per l’appunto, elementare. Cosa che tuttavia risulta spesso problematica, per tutta una serie di ragioni. In genere, la spiegazione va così: “Bambini, sappiate questo. La Terra non è piatta, ma ha la forma di un ellisse irregolare, che in geometria viene chiamato il geoide. La mappa che vedete appesa sopra la mia cattedra, invece, non è altro che un’immagine stampata su di un foglio di carta. Questo significa che per rappresentare una cosa tridimensionale in due dimensioni, essa deve scendere a compromessi con la vera forma e dimensione dei paesi. Ricordate, quindi, che non tutto quello che vedete è verità.” Un bravo maestro, a questo punto, potrebbe far seguire a tutto questo degli esempi: “La Russia in realtà non è tanto più larga degli Stati Uniti” Oppure: “La Groenlandia non raggiunge l’estensione verticale dell’Argentina” Ma simili affermazioni del tutto contro-intuitive rispetto all’evidenza dell’illustrazione, penso sia facile capirlo, in mancanza di un’efficace dimostrazione pratica rimangono del tutto indifferenti. Così questo è un dato che una volta assunto in via teorica, scivola via ben presto, per poi tornare nella mente degli adulti solamente nel caso di chi lavora con le mappe quotidianamente. Il fatto è c’è un solo modo, a questo mondo, per dimostrare in maniera evidente la falsità del senso comune in materia: un’animazione, possibilmente interattiva, visionabile attraverso lo schermo di un computer. Un qualcosa come il sito The True Size.com, presso cui il visitatore può scrivere il nome di un qualsiasi paese al mondo, quindi iniziare a spostarlo in giro per il globo, vedendolo deformarsi in proporzione agli altri che costellano la mappa. Scoprendo, senza alcun ombra di dubbio, l’incredibile realtà. Che tutto quello che si trova al di sopra della linea ideale dell’equatore, ovvero la circonferenza massima della Terra perpendicolare all’asse di rotazione, ci appare innaturalmente più grande. E ciò che è posizionato al di sotto di essa, invece, rimpicciolito di parecchie volte. La principale vittima dell’intera faccenda, assai probabilmente è l’Africa. Che nell’opinione comune, non dovrebbe essere molto più estesa dell’Europa Occidentale. E invece…Potrebbe contenerla tutta intera…NEL SOLO DESERTO DEL SAHARA. E allora perché? Per quale assurda ragione, la più erronea visualizzazione del globo terrestre viene comunemente insegnata nelle scuole, e tutti noi cresciamo abituati a considerare il mondo con una prospettiva notevolmente falsata? Continuate a leggerlo per scoprirlo. Ma il punto principale a priori è che nessuna proiezione bidimensionale di uno sferoide, per sua imprescindibile natura, potrà mai mostrare la realtà. Ed è per questo che nelle aule, dovrebbe esserci sempre almeno un mappamondo. O ancora meglio, un PC.

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Strano video con la storia del Giappone al ritmo di 6 secoli al minuto

Japan History

Tomi ponderosi, manici di scopa e grosse ragnatele, tutto questo arrotolato in un gomitolo di dura concentrazione, noia persistente e dita sporche per l’inchiostro dozzinale delle pagine di appunti che si accalcano nella memoria. Tutto questo, e molto altro: il faticoso studio della Storia. È una vita difficile, questa qui dello studente… Ormai privato della semplice soddisfazione di una volta, l’epoca in cui persino i bimbi lavoravano negli opifici o con la zappa, negli assolati campi della fattoria dei genitori. Mentre sono ormai costretti a chiudersi dentro una stanza, e a non uscire finché abbiano acquisito una cultura. Oh, crudeltà! Oh, sadismo! Dei professori che costruiscono verifiche a risposta aperta, chiusa e semi-chiusa. E degli uomini dei tempi antichi, che per ciascuna singola generazione intavolavano riforme, eventi e guerre da studiare…. Davvero non c’è pace in aula, per i discepoli di buona volontà. Il che diciamolo, è un peccato singolare, quanto estremamente ingiusto. Perché se da una parte “Studiare…” è qualche volta dura, dall’altra c’è da ammettere che “…la Storia” è una delle materie più incredibili ed interessanti al mondo. La quale può corrispondere, con soltanto un minimo d’immaginazione, al vedere 10 film di seguito, o leggere quattro romanzi nello stesso tempo! È tutta una questione di approccio prospettico, applicato agli strumenti d’analisi a disposizione. E qui giunge a dimostrarcelo, se pure ce ne fosse la necessità, l’incredibile YouTuber Bill Wurtz.
Come, chi è Bill? Cosa, chi è Wurtz? L’autore del nonsense che sembra aver trascorso gli ultimi anni pubblicando, talvolta quotidianamente e qualche altra in modo occasionale, buffi video musicali e perle di saggezza su Twitter, quali: “Cameriere, c’è una minestra nella mia mosca” Oppure: “Ogni muro rappresenta l’opportunità di scoprire cosa c’è dietro.” e che giusto l’altro giorno, compiendo un passo estremamente significativo per lui, ha scelto di creare un qualche cosa di più costruttivo. Nove minuti esatti (non può essere un caso) dedicati ad un riassunto umoristico, talvolta caotico ma quasi mai del tutto errato, sulle vicende che si sono succedute presso l’arcipelago per eccellenza dell’Estremo Oriente, forse l’unico paese al mondo che, in forza della sua caratteristica cultura e la capacità di rimanere sempre in linea con i suoi valori, viene oggi visto nell’immaginario collettivo alla stregua di un antagonista dell’Occidente, che talvolta vi si affianca, certe altre ha avuto l’occasione di sfidarlo, sia dal punto di vista culturale che in forza delle armi, purtroppo. Ma che prima di giungere a quel fatidico momento, attraversò quella che si potrebbe definire una lunga, complessa e delicata vicenda.  Si potrebbe…Ma non è necessario. Di certo non per lui, l’uomo che esordisce con l’affermazione estremamente concisa: “Il Giappone è un’isola sul mare (ehm..) piena di vulcani ed è BELLISSIMA.” Sùbito seguita da un’accordo al sintetizzatore, che molto probabilmente non sfigurerebbe all’interno di un album musicale del genere Nu Jazz. Segue un riassunto iper-veloce delle epoche preistoriche, a partire dal 12.000 a.C, con l’antichissima cultura dei cacciatori-raccoglitori Jōmon “Utilizzatori delle ultime tecnologie, come pietre e ciotole di terracotta”. Segue l’epoca del Bronzo e quindi la suddivisione spontanea del territorio nelle città-stato del periodo Yayoi, grosso modo corrispondente agli anni di gloria del nostro primo Impero Romano (300 a.C – 300 d.C.). Mentre qui, per intenderci, eravamo ancora al punto dell’introduzione dell’agricoltura, mutuata dalla Cina continentale. Ma già il più forte e grande dei diversi regni, quello di Yamato, stabiliva uno strumento di legittimazióne estremamente significativo, affermando che il proprio sovrano, guarda caso, discendesse dagli dei del Cielo e della Terra. Un sistema di credenze destinato a mescolarsi non molto tempo dopo assieme, ci viene qui umoristicamente fatto notare, ad una religione straniera, quella del Buddhismo. E questo soprattutto per l’intercessione di un singolo individuo, il principe e reggente imperiale Shōtoku Taishi (572 – 622) che “aveva amici a Baekje” (l’odierna Corea). Ora, questo potrebbe definirsi il primo errore oggettivo del video, visto come in effetti l’introduzione del Buddhismo in Giappone risalga almeno al precedente regno dell’imperatore Kimmei (539-571) che aveva accolto a corte gli esuli Soga dei tre regni di Corea. Ma come per il resto del divertente exploit di Wurtz, ricco di battute e buffi effetti audiovisivi, non si può fare a meno di notare come egli sia tecnicamente assai vicino alla verità, vista l’importanza di Shōtoku nel rifiuto categorico dell’antica religione imperiale (lo shintoismo) valida nel portare alla fondazione di innumerevoli templi e sette destinate a giungere fino ai nostri giorni. E da lì, nello spianare la strada alle riforme Taika dell’imperatore confuciano Kōtoku (645) verso la creazione del primo vero stato centralizzato. Gesto a cui fa seguito il primo incontro diplomatico con la Cina, qui narrato così: “Ciao piccoletti” – Fa la Cina, usando un termine decisamente più offensivo. “Ciao Cina. Ok, potresti non chiamarci piccoletti?” Risponde il Giappone. “E allora come?” Un’attimo di esitazione. “Che ne dite di TERRA DEL SOL LEVANTE” Taa-daah. Fu così che fu scritto un libro (il Kojiki) e poi un’altro libro (Nihon Shoki) dando un senso ed una forma, di tipo e stile prettamente mitologico, a quanto avvenuto fino a questo punto. Ma a quanto pare, il bello doveva ancora venire…

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