Falegname tenta di segare il legno con la carta, e…

Paper Saw

Sangue, sangue! Se sei fortunato, e la ferita va abbastanza a fondo. Altrimenti segue questa sofferenza che dura nel tempo, per la dannata presenza di alcuni dei nocicettori più efficaci del corpo umano. Chi lavora in ufficio, o usa spesso le stampanti per una qualsiasi ragione pubblica o privata, certamente ben conosce l’immediato rischio che si corre nel momento saliente, in un certo senso addirittura liberatorio, dell’apertura di una nuova risma da 500, 1.000, 1.500 fogli conservati nell’apposito scompartimento. Il suono prodotto dallo scollamento dell’involucro di carta, disgregato grazie all’insistenza d’insistenti polpastrelli, e la candida emersione di quei petali quadrangolari sovrapposti, l’uno più magnifico, e puro, e liscio, e sottilissimo di tutti gli altri. Ma ogni rosa più o meno metaforica, è del tutto inevitabile nel quotidiano, presenta almeno un giro di spine attorno al suo flessuoso stelo. Nel caso della carta, queste finiscono per ricordare una tremenda lama di rasoio; rigido/affilato attrezzo di vendetta, che per puro “caso” si ritrova sul passaggio delle nostre dita, soltanto perché (accidenti!) uno dei fogli sporgeva di mezzo millimetro rispetto agli altri. E così premuto con forza da entrambi i lati, è riuscito ad assumere una rigidità di molto superiore a quella consigliabile durante l’uso. Dote che, assieme all’innata sottigliezza e quindi al grado di pressione per singolo micron, basta e avanza per creare un taglio sul collagene che tiene assieme la pelle delle dita o mani. Con le conseguenze ed il dolore che fin troppo orribilmente conosciamo…
È una questione certamente deleteria, negativa sotto innumerevoli punti di vista. Quasi tutti, tranne uno, che del resto ricompare in molte branche dello scibile, così costituendo il “bordo argenteo” (come dicono gli americani) delle nubi fosche e tempestose all’orizzonte. Sto parlando della dote di certe persone, da sempre così preziose attraverso i secoli, di trasformare la sofferenza pregressa in arte. O come in questo caso, sorprendenti e curiose invenzioni. Lo conoscete? Questo è John Heisz, YouTuber all’apparenza canadese (o almeno così sembra dal suo sito ufficiale, recante l’estensione .ca) noto creativo operante in ogni campo del fai da te, nonché astuto montatore di sequenze video che non sfigurerebbero all’interno di un documentario ingegneristico in Tv. Ultima invenzione: la sega circolare da legno fatta con la carta. Un concetto che si è rivelato già in grado di portargli, in queste giornate di un lungo e lento agosto, quasi 6 milioni e mezzo di visitatori nel momento in cui scrivo, con indubbiamente molti altri in arrivo. E lo credo bene! Perché mostra un’insospettabile correlazione tra due materiali onnipresenti nella nostra civilizzazione, l’uno notoriamente solido e resistente, l’altro flessibile, insostanziale… Con la vittoria, inutile specificarlo, proprio di questo secondo. Altrimenti noi tutti, qui, che cosa ci staremmo a fare?
Si comincia con la creazione di un perfetto disco tracciato su carta, mediante l’impiego di un compasso tecnico piuttosto interessante, quindi ritagliato con mano estremamente ferma ed un paio di passaggi del sapiente taglierino. Il risultante oggetto, a seguito di questo, viene sostituito alla sega circolare metallica di una delle più classiche macchine da officina: il piano di taglio. Quindi ha inizio la fase più delicata e saliente dell’esperimento.

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A due ore da Parigi, un castello in costruzione con i metodi del Medioevo

Guedelon Castle

Un torrione a forma di tamburo, costruito in pietra solida della Borgogna, che sovrasta la campagna e riesca a dominarla con la sua presenza. Con vicino un’altro più piccolo, collegato al primo grazie a un muro dall’altezza di diversi metri. Che a sua volta gira tutto attorno e chiude l’area di un cortile. All’interno del quale sorge una regale abitazione, ben protetta dalle eventuali pietre di una catapulta o l’invasione dei nemici provenienti dall’oscuro regno di una storia ormai distante. Mentre un solo ponticello in legno, non ancora levatoio, costituisce l’unica strada d’ingresso ufficiale per gli anacronistici recessi del castello di Guédelon. Dicono che Camelot fosse un ideale, ancor prima che un regno, famosamente esemplificato dalla metafora della tavola rotonda, sedendosi alla quale i vari e veri cavalieri, rigorosamente in armatura se vogliamo usare l’iconografia più popolare, potessero esprimersi alla pari con il loro re. Una sorta di democrazia ante-litteram, se vogliamo. Perché è indubbio che il poter disporre di fortezze autonome, militarmente o meno, possa costituire il metodo per fare il punto della situazione, e decidere quali aspetti della propria esistenza vanno uniformati al resto della società. E quali altri, invece, niente affatto. Se soltanto un qualcuno di molto eloquente dovesse oggi recarsi presso la commune di Treigny, lasciandosi dietro il vicino paesello di Saint-Sauveur-en-Puisaye per recarsi all’ombra di questi edifici, e rivolgere ai padroni di casa l’arduo quesito: “Si, ma perché?” Egli avrebbe, io credo, una serie di risposte molto variegate. “Questo è il sogno della mia vita” risponderebbe Michel Guyot, l’iniziatore del progetto che ebbe l’occasione di scoprire sotto il vicino e autentico castello di Saint-Fargeau, da lui acquistato nel 1979, i resti di una struttura più antica risalente ad oltre 10 secoli fa, originariamente costruita dal vescovo di Auxerre, Héribert. Niente meno che un figlio biologico di re Ugo Capeto di Francia (940-996) iniziatore della lunga dinastia dei Capetingi. Mentre forse Maryline Martin, imprenditrice locale e capo finanziario del progetto, forse potrebbe affermare che: “Si tratta di un’occasione irripetibile per tutti noi.” Era infatti l’ormai distante 1997, quando lei fornì i finanziamenti per posare la prima delle molte pietre, di quella che sarebbe presto diventata una meta turistica da oltre 300.000 visitatori a stagione, inclusi quelli provenienti dall’estero e uno stuolo interminabile di scolaresche. Perché intendiamoci, in Francia non mancano di certo i castelli, costruiti con trasporto fin da quando re Filippo II, diretto discendente del sovrano succitato che regnò per ben 43 anni a partire dal 1180, fu grande alleato (si dice persino amante!) di re Riccardo Cuor di Leone e fece stilare la serie di regole ed indicazioni per un’appropriata struttura difensiva del suo vasto regno: pianta poligonale, alte mura costruite su plinti, fossati privi di acqua e torri tonde con un giro completo di feritoie, una delle quali notevolmente più grande delle altre – pensate alla tour maîtresse di Yévre-le-Châtel, Ratilly, o quella di Druyes-les-Belles-Fontaines… Ma quanti di questi luoghi, ad oggi, possono considerarsi realmente vivi? Nel senso di essere abitati quotidianamente, da persone che li usano come loro primaria residenza, per di più adottando e facendo proprie le stesse limitazioni e caratteristiche di una vita che possa dirsi realmente “medievale”? Soltanto uno, ovviamente. L’insolito castello costruito a posteriori dell’odierno Guédelon.

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Le insospettate doti acustiche dei vostri asciugamani

DIY Towel Panels

Magari amate fare pratica con gli strumenti musicali. Forse avete un hobby che comporta la registrazione della vostra voce, come la realizzazione di un programma radiofonico via web, oppure lo streaming in diretta via Twitch e/o YouTube. Oppure ancora e molto più semplicemente, siete degli estimatori della buona musica, con un impianto di cui andate fieri, ma non avete ancora pensato d’investire nell’approntamento di un ambiente d’ascolto realmente adeguato. Si, si può capire: l’isolamento adeguato di una stanza della casa da influenze esterne, parallelamente alla riduzione del rimbalzo delle onde sonore sui muri (causa del fastidioso effetto del riverbero acustico) presuppongono non soltanto l’acquisto di un certo numero di appositi pannelli, più o meno costosi a seconda della casa produttrice e prestazioni, ma anche la complessa disposizione di questi ultimi secondo specifiche progettuali attentamente definite, avendo cura di non danneggiare la delicata gommapiuma permeabile in cui essi sono fabbricati. E ciò senza considerare il proverbiale pachiderma nella stanza: il risultato estetico di queste dozzine di quadrati neri o grigi, esteticamente simili a cartoni delle uova. Mostri oscuri che dovranno diventare parte inscindibile dell’arredo della vostra abitazione, come una sorta di tappezzeria dell’era spaziale. Certo, non a tutti piace vivere nell’approssimazione visuale di una camera anecoica incompleta! E ciò può diventare tanto più problematico per chi vive con moglie, figli, coinquilini o genitori. La proposta fatta dal qui presente artista del fai-da-te, Matt di DIY Perks, diventa tanto più interessante con il ruolo di una sorta di mezza misura, molto più accessibile di tutte le alternative normalmente prese in considerazione, e che soprattutto ha un costo che, a seconda dei materiali di cui già disponete, potrebbe avvicinarsi vertiginosamente allo zero.
Il tutto prende l’origine, in maniera piuttosto scientifica anche se non esattamente inconfutabile, con l’approntamento da parte del nostro eroe di un apparato in giardino, consistente in un altoparlante posto parallelo al terreno, un sostegno di fili in nylon e sopra di esso, un microfono sospeso ad una sorta di teepee. Il ragionamento che lo ha portato ad approntare un ambiente di prova all’esterno, piuttosto che nella camera oggetto della sua necessità, va probabilmente ricercato nel bisogno di eliminare dall’equazione il possibile rimbalzo del suono sulle pareti circostanti, che aveva la potenzialità d’invalidare i risultati della sua registrazione. Non che il passaggio delle automobili distanti, il canto degli uccelli e gli altri innumerevoli rumori del suo quartiere siano tanto meglio, ma che cosa ci vuoi fare… Autoprodotto il sistema, autoprodotto il video, e così pure l’approccio sperimentale alla risoluzione del problema. Ciò è semplicemente endemico nella presente classe di tutorial. Matt ha quindi impiegato il suo smartphone per far produrre all’altoparlante alcune frequenze scelte arbitrariamente, e nello specifico quelle andanti dai 5 ai 17 Khz, con l’obiettivo di eleggerle a campione del tipo di suoni che intendeva mettere alla prova. Ciò che ha fatto quindi successivamente, è stato interporre tra cassa e microfono una serie di oggetti di facile reperibilità, per scoprire quali avessero le doti migliori di fonoassorbenza. I risultati sono stati a volte prevedibili, altre sorprendenti: la gommapiuma da pacchi, esteriormente non dissimile da quella creata esplicitamente a tale scopo, si è invece rivelata come portatrice di un effetto trascurabile, del tutto inadeguato. Nel frattempo la schiuma espansa dei cartoni delle uova americane, un altro mito del settore purtroppo assai diffuso tra gli studi di registrazione dalla poca professionalità, non ha ottenuto risultati in alcun modo superiori. Con l’impiego di un cuscino, invece, è andata molto meglio: ma in quel particolare caso, assai probabilmente, è stata la massa stessa dell’oggetto a fare la differenza. Ciò che invece nessuno si sarebbe assai probabilmente mai aspettato, è l’ottimo risultato ottenuto alla fine con l’impiego di un comune asciugamano da bagno ripiegato su se stesso. Che si dimostra in grado di assorbire, per lo meno nella strana configurazione sperimentale di Matt, una quantità di suono superiore di quasi il doppio alle alternative. Dico, vi rendete conto di che epoca stiamo vivendo? Perché mai succede questo? Prima di fare delle ipotesi, analizziamo per un attimo le implicazioni.

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Come costruirsi un ventilatore senza pale della Dyson

Ventilatore senza elica

L’hanno vista transitare sul suo carro in legno zebrato, oltre l’alba che non sembra ancora sopraggiungere nell’ora naturale. Ne discutono gli uccelli coi calzoni dell’Adidas, ormai in ritardo nelle migrazioni a Oriente, causa una mancanza di chiarezza nella situazione climatica e dei flussi d’aria transcontinentali. Lo dicono gli altoparlanti bluetooth nella strade, collegati senza fili al consenso delle circostanze del momento: “L’Estate, l’Estate sta arrivando” Non il meta-lupo di Bran (così si chiamava, per chi non se lo ricordasse) adottato assieme ai suoi piccoli fratelli pelosi dagli Stark, poco prima della serie di vicende che li avrebbero spazzati tutti quanti ai quattro venti. Ma una vera ed ormai leggendaria stagione, durante la quale i coni gelati si squagliano più rapidi dell’accensione del Pinguino, il climatizzatore. Che assai probabilmente, questa volta, neanche avrà venduto il previsto! Arrivederci business plan! E ti credo! Perché mai spendere, quando a fine luglio ancora si esce in moto con la giacca, e il vento batte la sua furia contro le finestre delle nostre case, miracolosamente libere dall’afa… Così non siamo neanche, a dire il vero, preparati. Nel momento in cui finalmente i 22,5/24,5 gradi d’inclinazione che caratterizzano l’asse terrestre avranno esposto sufficientemente lo Stivale, persino in questi tempi di profonda irregolarità climatica, l’Italia piomberà di nuovo nell’atroce e più vera crisi dei nostri tempi: il caldo, caldissimo, l’ustionante pesantezza delle circostanze. Sarà opportuno, dunque, premunirsi. E come, se non impiegando l’arma più diretta e semplice conto l’arsura, il “dispositivo di raffreddamento personale”, come lo chiamano nel marketing, che piuttosto che raffreddare l’intera stanza, si occupa semplicemente di spostare e raffreddare l’aria, per spedirla contro il proprietario a gran velocità… In maniera…Poco fantasiosa, eppure è vero, assai soddisfacente. A meno… D’impiegare uno di quei nuovi attrezzi stravaganti e costosi, che sembrano generare un tale flusso dal uno spazio totalmente vuoto, al centro di un anello basculante collegato alla corrente. Vi siete mai chiesti quale sia il principio di un ventilatore-senza-pale? E soprattutto, quanto sia effettivamente difficile da riprodurre il suo principio? Qualora non l’aveste fatto (davvero?) accorre in vostro aiuto Rulof Fai da Te, il popolare YouTuber italiano che della sua creatività, ed abilità manuale, ha fatto un marchio di fabbrica valido a concedergli ormai oltre i 400.000 iscritti.
Rulof, che è un tipo simpatico e alla mano, non si perde affatto in chiacchiere, ed inizia subito ad implementare la sua idea. In primo luogo, elenca quello che ci serve per seguirlo nell’impresa: una boccia trasparente d’acqua, del tipo in uso nei distributori degli uffici, e un vaso da fiori in plastica, della precisa dimensione necessaria ad incastrarsi nell’altro oggetto. Possibilmente, dalla vaga forma conica che vada ad allargarsi nella parte superiore, per dirigere ancor meglio l’aria. Con un piccolo frullino, quindi, egli inizia a togliere la base ed il collo superiore del contenitore per i liquidi, ottenendo un perfetto cilindro di plastica trasparente. Anche il vaso, quindi, subirà un simile trattamento, vedendosi privato della sua chiusura inferiore, fino all’ottenimento di un secondo solido più piccolo, anch’esso aperto da entrambi i lati ma, cosa fondamentale, leggermente più corto del primo, di una misura di qualche centimetro appena. Ciò perché i due elementi, secondo quanto illustrato dal tutorial, verranno a questo punto entrambi chiusi da un lato, tramite l’applicazione a mezzo colla di una lastra di plexiglass tagliata con la forma di una ciambella. Ad essa sarà quindi applicato un piccolo ed alto anello di plastica, possibilmente ricavato dalla stessa bottiglia dell’acqua, che formi una sorta d’intercapedine con la parete del vaso, rivolta rigorosamente verso l’utilizzatore del dispositivo. Permettendo quindi all’aria di essere lanciata, in linea quanto meno teorica, dallo spazio chiuso a quello antistante, rinfrescando chiunque si sia messo innanzi a un simile apparato. Già, ma l’aria prelevata da DOVE? È proprio a questo punto, che inizia la parte veramente interessante…

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