La colossale bomba inabissata nel delta del Tamigi

Sarà un giorno, sotto qualche specifico aspetto, diverso da ogni altro. La città di Londra si sveglierà una mattina, particolarmente calda, molto fredda, oppure ventosa o ancora a seguito di un terremoto di media entità. Dovrà essere accaduto, insomma, qualcosa che negli ultimi 70 anni si è verificato al massimo un altro paio di volte o poco più. A quel punto, all’improvviso, chi dovesse trovarsi di fronte a una finestra rivolta ad Est avrà l’occasione di vedere qualcosa nel cielo: come una vibrazione nell’aria, seguìta dal formarsi di una nube a fungo, che gradualmente tenderà ad ingrandirsi lasciando una macchia indelebile nel corso della Storia. Quindi sarà raggiunto dal rumore: un boato sconvolgente, prodotto da poco più di 1.400 tonnellate di esplosivo. La più grande esplosione non nucleare nella storia dell’uomo, di molte volte superiore a quella della MOAB statunitense sganciata in Afghanistan il 13 aprile 2017, formerà a quel punto un’ondata simile a uno tsunami, che investirà la cittadina di Sheerness sul Tamigi spazzandola letteralmente via, poi risalirà il fiume, trovando sfogo nel pieno di alcune delle zone demograficamente più popolose dell’intero Regno Unito. La capitale riporterà danni ingenti. Qualsiasi attentato terroristico degli ultimi anni sembrerà impallidire al confronto di una catastrofe tanto significativa. O almeno, questo è un possibile scenario e volete sapere perché? Il fatto è che le persone, quando si tratta di affrontare un problema dicono spesso: “Costa troppo e non c’è un chiaro ritorno d’investimento. Gli incidenti, si, possono capitare. Ma possono anche NON capitare.” E per tale ragione la nave giace, ormai da una generazione e mezzo, sul fondo sabbioso del delta a una profondità di appena 7,3 metri, come il nucleo lavico di un vulcano o le scorie radioattive di Chernobyl, letteralmente dimenticata tranne che per chi la vede ogni giorno e qualche turista che si avvicina di soppiatto in gommone, per farsi un selfie di fronte all’oggetto più pericoloso d’Inghilterra. In effetti, non è che ci sia molto da vedere: della Liberty Ship SS Richard Montgomery, varata il 1943 ed affondata l’anno successivo, fanno capolino soltanto i due alberi centrali, con la ciminiera ed i possibili resti di un’antenna, sopra la quale sono stati affissi un paio di severi cartelli di divieto. Non che faccia la benché minima differenza. Chi conosce le radici di questa vicenda, giammai nuoterebbe fin lì.
Tutto ebbe inizio nel 1936, a voler ricercare le radici più remote, quando gli Stati Uniti d’America, preoccupati per i venti di guerra e la corsa agli armamenti delle principali potenze industriali di allora, varò il piano Merchant Marine, per la creazione di un minimo di 50 navi per gli approvvigionamenti atlantici nel periodo di un anno. Il numero fu quindi raddoppiato nel 1936, e raggiunse i 200 esemplari nel 1940. Per riuscire in una simile impresa, naturalmente, si rese necessario in corso d’opera un design letteralmente mai visto prima e l’ammiragliato, dopo aver pensato alle diverse strade possibili, decise infine di affidarsi all’alleato d’Oltreoceano, questa stessa isola della fertile Albione. Gli inglesi disponevano infatti di un vecchio mercantile, prodotto in serie a Sunderland, che era stato adattato con un aumento dislocamento di 800 su circa 10.000 tonnellate, dotato di un singolo motore a vapore 2.500 tonnellate e varato nel 1941 con il nome di SS Ocean Guardian. L’idea piacque e venne ripresa, sfruttando tuttavia alcuni importanti margini di miglioramento. In modo particolare, il montaggio dello scafo venne riveduto e corretto, per sostituire con la saldatura l’impiego di numerose migliaia di rivetti, il che riduceva sensibilmente il tempo di costruzione senza, almeno in teoria, compromettere la solidità della nave. Da quel momento, con l’ìngresso degli Stati Uniti nel drammatico scenario della seconda guerra mondiale, i fuochi dell’industria furono accesi alla loro massima potenza, e di navi ribattezzate in nome di questo fondamentale concetto, la “Libertà” ne furono costruite in quantità impressionante. Entro la fine della guerra, 18 diversi cantieri americani ne avrebbero prodotte esattamente 2.710, più di qualsiasi altro singolo tipo d’imbarcazione nell’intero corso dell’esperienza marittima umana. Le navi venivano impiegate per gli scopi più diversi, costituendo un fondamentale apporto allo sforzo di rifornimento delle operazioni militari nei più remoti teatri militari del mondo, ritrovandosi anche adattate alla mansione di trasporto truppe e sbarco d’assalto, benché fossero concettualmente inadatte a svolgere una simile mansione. Mancava, ad esempio, uno spazio vivibile adeguato per la fanteria, e non c’erano strutture mediche a bordo. Le Liberty Ship presentavano tuttavia prestazioni e un’affidabilità ragionevoli, tranne nei casi in cui all’improvviso, si spaccavano letteralmente a metà e colavano a picco, senza il benché minimo preavviso…

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L’amor che fa gonfiare gli urogalli americani

Tra una costa e l’altra del Nordamerica, verso la distante sponda dell’Ovest, c’è un’ampia area nell’entroterra priva di città, centri abitati o altri segni di vita normalmente associabili a densità demografiche rilevanti. Via dagli edifici e dagli assembramenti, disseminata occasionalmente dagli ingressi delle miniere o i padiglioni degli allevamenti, qualche piantagione qui e là, ma per la massima parte, corrispondente al concetto atavico di prateria. Verde tendente al marrone, perché ricoperta in ogni suo possibile recesso dal sagebrush. Ora cosa sia il sagebrush, esattamente, nessuno lo sa. O almeno così sembrerebbe nel cercare tale termine sui dizionari, dove si parla (correttamente) di certe piante appartenenti al genere Artemisia, ma anche di saggina, sterpaglie, ginepro, salvia o addirittura in senso più generico, “erba alta”. Ambiente privo di particolari attrattive, questo, per molti. Ma non per tutti. Come si può facilmente desumere, sentendo a distanza di chilometri il richiamo gutturale del più nobile tra gli uccelli locali. È un suono penetrante, dall’intonazione profonda, che sembra fare da accompagnamento pressoché perfetto alla creatura, che lo emetterà di continuo per tutta la durata della stagione degli amori. Finché qualcuno, avvicinandosi, possa assistere allo spettacolo di un’intera vita di birdwatching: 25-30 esemplari riuniti in cerchio e intenti nella conduzione di uno strano rituale. A dare il tempo ci pensa lui, il maschio alpha più grosso e forte di tutti gli altri, mentre attorno si assembrano i colleghi che vorrebbero sottrargli questo ruolo. Ciascuno alto all’incirca una settantina di centimetri, e dotato di una certa serie di simboli di riconoscimento: in primo luogo, la coda, composta da una serie di penne a raggiera non dissimili dal copricapo della Statua della Libertà, quasi volesse competere con l’aquila di mare nel ruolo di simbolo della nazione. E poi due macchie gialle sopra gli occhi, con un copricapo in proporzione gettato all’indietro da far invidia a un capo di una tribù di Nativi. Ma ciò che colpisce da subito l’immaginazione è il vistoso collare di piume bianche, con un aspetto estetico non dissimile da quello di un collare di pelliccia del cappotto invernale. Il quale nasconde, in realtà, un segreto.
All’osservatore occasionale di una simile congrega, non propriamente esperto dell’argomento, potrebbe anche costituire la ragione di un senso di stupore rilevante. Poiché ogni volta che uno di questi Centrocercus urophasianus (gallo della salvia o greater sage-grouse) apre il becco per emettere il suono, fa un sobbalzo. E per ciascun sobbalzo, sbuca fuori dalle piume dell’ornamento frontale una gran coppia di sferoidi verde scuro, simili al cappuccio di altrettante meduse. Così l’uccello continua nel suo canto e un minuto dopo l’altro, mostra a intermittenza la capacità di aumentare temporaneamente di dimensioni, se soltanto s’impegna a deviare parte dell’ossigeno inalato verso questi grossi organi posizionati all’incirca all’altezza del petto. Perché lo fa? Beh, chiunque conosca il modus operandi del gallo cedrone, il fasianide più simile a questo ad essere presente tra le coste della penisola nostrana, a questo punto già si sarà fatto un’idea. Stiamo osservando, molto chiaramente, gli uccelli nella stagione degli amori. Quando l’estetica è tutto e la capacità di fare colpo, niente meno che essenziale per trasmettere i propri geni al domani. È usanza imprescindibile tra gli urogalli in effetti, che per ogni raduno dal simile tenore (comunemente chiamato lek) sia soltanto un esemplare, massimo due ad accoppiarsi, scelti in base alla rigida graduatoria genetica della specie. Proprio per quest le femmine marroncini, esteticamente non dissimili da una comune pernici, inizieranno ad avvicinarsi di soppiatto con lo scopo di soppesare rischi e possibili vantaggi. Per poi scegliere il bersaglio e farsi avanti, confidando nell’infallibile capacità di andare a meta. Per loro, dopo tutto, il successo è già garantito: pensate soltanto che una di queste creature potrebbe bastare ad inseminare l’80-90% delle gallinelle presenti allo show. Ed in effetti molto spesso, è proprio questo che ciò che capita dopo una lunga serie di sfide, combattimenti e vicendevoli spintoni, per la maggiore gloria dell’urogallo supremo.

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Uomo libera mille grilli nella sua stanza

Quel senso di gioia ed innegabile soddisfazione, l’attimo dell’aspettativa saziata per il momento in cui suona la porta e tu sai, nel profondo della tua coscienza, che si tratta del corriere che fa il suo giro. E ti consegna, finalmente, la cosa. Che cosa? Dipende dai tuoi interessi. Il mondo di Internet è ormai diventato una fantastica palude della cuccagna, da cui emergono a seconda dei casi tesori appartenenti ad ogni branca dello scibile umano. C’è chi ordina libri, chi film, videogiochi. Persone comprano colle, vernici, smalti per la pittura. Ed altri acquistano il cibo. Non sempre per loro stessi. La questione relativa a questo appassionato ed entusiastico Noonie, alias “Reptiles Uncaged” è che lui costituisce una persona particolare, con esigenze particolari. O forse sarebbe meglio dire che le esigenze appartengono ai suoi animali domestici, la più favolosa selezione di lucertole, serpenti e batraci, tenuti liberi in quella che un tempo era forse una stanza da letto. E adesso…. Quanti siano esattamente i suoi ospiti allo stato dei fatti, forse nessuno lo sa (escluso il padrone) ma almeno adesso possiamo fare una stima sulla base di ciò che mangiano. Dell’estrema QUANTITÀ di quello che mangiano. È in effetti piuttosto insolito che una scatola emetta, durante la consegna, un rumore. Noi conosciamo molto bene questo rumore: cri-cri, cri-cri […] ad infinitum e dall’intensità crescente, fino al raggiungimento della soddisfazione erotica e sessuale. Ma se questo pacco reca la scritta 1.000 medium crickets sarebbe difficile metterlo in dubbio: l’accoppiamento c’è già stato. Più e più volte, al punto che molto presto, il numero delle creature è destinato a risultare drasticamente superiore. Sarà certamente meglio dunque, iniziare la procedura.
Per chi se lo fosse già chiesto, senza disporre di una risposta soddisfacente, chiariamo a questo punto la fondamentale questione: si, non costano molto mille grilli medi. Appena una trentina di dollari, pagati con carta di credito al distributore specializzato che si rivolge agli erpetologi più o meno in erba. Perché non regalare, dunque, una volta ogni tanto, un favoloso banchetto alla schiera dei propri iridescenti beniamini…. Una volta indossato un paio di guanti sotto il vistoso orologio d’oro, Noonie apre facilmente la scatola, mostrando in camera il suo favoloso contenuto: la brulicante, inusitata quantità d’ensiferi, accuratamente disseminati all’interno di un separatore simile a quello per le uova. Normalmente, si tratterebbe di un’operazione piuttosto complessa, mirata a tirarne fuori soltanto una parte, evitando la fuga dei grilli dal terrario della loro dipartita. Quando invece hai un’intera stanza dedicata a tale mansione, e abbastanza grilli da divorare l’intero contenuto in tempi ragionevolmente brevi, perché mai dovresti preoccuparti ADESSO? Il problema tenderà a presentarsi piuttosto, ogni qual volta devi aprire la porta per entrare o uscire dalla stanza del rettilario. Il capitolo successivo risulta essere, del resto, assai indicativo. Diversamente da quanto avverrebbe con cani e gatti, non c’è l’entusiasmo del popolo, che cala come i barbari sopra la “ciotola” del grande dono concesso dal loro padrone. Quanto piuttosto una metodica flemma, che cresce come un’onda di marea, finché tutto quel frinire viene sostituito da crepitìo della masticazione, portata avanti nei più angusti recessi della piccola giungla artificiale. I primi a raggiungere l’obiettivo, sono inevitabilmente gli anolidi, verdi e marroni, fauna della Florida nota per la sua feroce territorialità (per lo meno, coi membri della loro stessa specie). Con ritmici balzi in avanti, le piccole lucertole catturano grilli qui e là, senza che a questi ultimi resti alcuna possibilità di scampo. Gli scinidi nel frattempo, riconoscibili dal tozzo corpo e la lunga coda, usano lo strumento del sotterfugio, nascondendosi sotto le foglie o la sterpaglia per fare un buon uso delle proprie fauci raptatorie. Una fantastica lucertola asiatica d’erba, dalla coda lunga tre volte il corpo, si aggira circospetta alla ricerca della sua dose, mentre un serpentello verde brillante della specie Opheodrys aestivus si mette in agguato sui rami, estendendo il suo corpo al massimo per catturare la maggior quantità possibile d’artropodi-merendina. Nessuna traccia invece delle rane leopardo mostrate precedentemente in un video: pare infatti che queste ultime, piuttosto che i grilli, fossero solite divorare le lucertole stesse.
Si tratta di un vero e proprio risveglio della Natura in un luogo in cui, normalmente, neppure dovrebbe esserci, la natura. Ed è proprio questo il motivo per cui ci vorrebbe la voglia, ed il tempo, di arrivare un certo punto a capire come ti sei trovato in quello specifico momento della tua vita, per compiere il gesto di liberare 1.000 grilli all’interno delle mura di casa tua…

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La prova del bambino che sparisce nel vetro

Molto può essere detto in merito alla psicologia di una persona che vorrebbe sparire nel nulla. Ma ancora più è possibile discutere di colui che, una volta scoperto il segreto dell’invisibilità, pensa immediatamente a provarlo sui suoi due figli. Egli potrebbe voler rapinare il caveau di una banca, ma anche avere intenzioni del tutto benefiche, come allestire una ricostruzione fisica del mantello magico di Harry Potter. Vorrà mai vederli comparire di nuovo? O forse si tratta semplicemente di una ricerca (stipendiata) per il suo dipartimento di fisica all’università. Davvero: non è una mera perdita di tempo. Ma quanto di più vicino sia stato mai creato al sogno ancestrale di passare inosservati, perché inosservabili, e non soltanto in funzione di una personalità grigiastra e priva di tratti caratteriali degni di nota. Così semplice, nel suo metodo di funzionamento, da poter essere implementata persino da una coppia di bambini di 15 e 6 anni di età. Ma forse l’errore principale è discutere di questo insolito fatto al singolare. Poiché di metodi, il Prof. John Howell dell’Università di Rochester, effettivamente ne ha concepiti ben tre. Ciascuno più interessante dell’altro, a suo modo. A partire da quello che avete appena visto, certamente dall’impatto visuale più significativo ma anche il minore coefficiente d’innovazione. Si tratta, dopo tutto, di un adattamento del trucco usato sul palco da innumerevoli prestigiatori sul palcoscenico dei più variegati spettacoli d’intrattenimento. L’effetto, descritto a parole, già risulta memorabile: in fondo a uno dei corridoi più lunghi dell’istituto d’istruzione superiore più celebre dello stato settentrionale di New York, il figlio maggiore si posiziona dietro quello che sembra a tutti gli effetti un pezzo di vetro trasparente. Quindi, il suo fratellino gli si mette davanti, coprendogli le gambe con la sua presenza. O almeno, questo è quello che DOVREBBE succedere. Perché sotto gli occhi basìti di Internet, piuttosto, avviene qualcosa di diametralmente opposto: è il corpo del bambino anteriore, a sparire. Il suo volto fluttuante, all’altezza dello stomaco del fratello, sorride estatico dello spettacolo di cui sta facendo parte. E nessuno potrà mai capire che cosa effettivamente stia succedendo.
Nessuno, tranne chi sta ancora leggendo. Poiché si tratta, in effetti, di una soluzione tutt’altro che ardita: semplicemente, come nella maggior parte dei migliori giochi di prestigio, siamo stati indotti a pensare di stare vedendo un qualcosa, mentre la realtà dei fatti è che si tratta di un allestimento radicalmente differente; è per questo che la distanza dell’osservatore è importante. Da vicino, il trucco si squaglierebbe come neve al Sole. O per essere più specifici, la percezione della profondità permetterebbe di notare la presenza di un’anomalia nel posizionamento del “vetro”. Esso non è infatti perpendicolare alla telecamera, come vuole sembrare, bensì obliquo. E cosa ancor più importante, si tratta in realtà di uno specchio. Come mai dunque, diversamente dal normale, mostra quello che si trova posizionato dietro, invece che davanti? È presto detto: di specchi ce ne sono in realtà quattro, disposti trasversalmente in maniera parallela, formando una figura a “>>”. Isaac dunque, il figlio minore, si posiziona alla sinistra del sistema, nell’incavo creato dallo specchio interno, mentre il fratello Benjamin trova posto sul retro, a ridosso del muro. Visto: non era affatto difficile! Al punto che l’intero meccanismo può essere completato per un costo di appena un centinaio di dollari, di cui la parte più significativa è devoluta all’acquisto dei grandi specchi. Si tratta tra l’altro di un approccio facilmente scalabile a dimensioni maggiori, permettendo l’applicazione ipotetica a grossi veicoli da combattimento. Purché il nemico si offra di osservarli sempre e soltanto dalla stessa direzione. Ma forse sarebbe anche il caso di rispondere all’interrogativo più pressante di tutti: ebbene si. Questo fisico ha chiamato i suoi figli col nome di Newton e Franklin, due degli scienziati più importanti della storia anglosassone e americana. Questa SI, che è vera passione per la scienza…

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