Quella deliziosa cimice assassina

Toe Biter

La più terribile creatura dello stagno non è il rospo cornuto, la ranatra lineare, neppure il ragno palombaro. Nero come la notte, lungo come un pennarello e più fragrante di un gatto passato a miglior vita, quel predatore giace immobile semi-sepolto fra le alghe, in attesa di essere apprezzato. Può raggiungere i 12 cm. Gli americani lo chiamano toe-biter (mordi-dita) o ammazza-girini, con chiari riferimenti al suo pacifico contegno, mentre nel Sud Est Asiatico tutti lo usano per dare un particolare sapore ad alcune delle loro zuppe, quelle vietnamite dette di cà cuống. In India, dal canto loro, questa splendida bestia l’incontrano di tanto in tanto, giusto abbastanza perché non sia particolarmente conosciuta. Come quella volta in cui una guardia di sicurezza della scuola, interpellata in merito allo strano insetto, aveva garantito alla youtuber aniow che poteva anche prenderlo e portarlo via con se, senza particolari pericoli o preoccupazioni: “Tanto neanche può volare!” Vatti a fidare dell’entomologo di turno. Ci sono insetti che, come parte delle loro difese evolutive, hanno sviluppato segni di pericolo incipiente, ovvero livree colorate che scoraggiano altamente la manipolazione. Nessuno metterebbe una vespa fra tre pennarelli, considerandosi al sicuro. Altre creature, ad esempio i ragni, hanno semplicemente una pessima reputazione. Chiunque abbia frequentato gruppi di discussione, forum o imageboard statunitensi avrà notato l’istintiva e diffusa fobia per gli aracnidi, quasi incomprensibile per noi europei, geograficamente lontani dalle specie piú maligne o micidiali. Il morso corrosivo del ragno violino, molto comune in Arizona, non te lo scordi tanto presto. Questa cimice, invece, devi averla approfondita. Poteva sembrare un grosso scarafaggio stravagante, placido e a suo modo delizioso. Quanto è facile sbagliarsi! E con che conseguenze….

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La sfilata danzante dei pidocchi mordilibri

Psocoptera

Prendersi le pulci è sempre un’ottima esperienza, per le pulci. Decisamente meno piacevole risulta esserlo dall’altro punto vista, quello dei sanguigni fornitori di materia di scambio utile per l’operazione, i nostri cari cani, i gradevoli gatti, gli ubbidienti topi e noi stessi, i sempre incolpevoli esseri umani. Se fin dalle nebbie di epoche remote lo schema naturale delle cose ha previsto l’esistenza di esseri parassiti, risucchiatori dell’altrui linfa vitale, non per questo dobbiamo farne ragione di pubblica esultanza. Nessuno manifesta per le strade il proprio apprezzamento per le fameliche zanzare, per il cuculo che getta uova meno fortunate fuori dal nido, per la vespa che introduce, abusivamente, larve dentro al formicaio preannunciando un cataclisma. E affiliato a tutti questi spietati malandrini, almeno dal nostro punto di vista, potrebbe dirsi la psocoptera, l’insetto mordilibri. Ce ne sono parecchie varianti, così tante che gli esemplari relativamente simili, considerati come appartenenti alla stessa specie, possono avere o meno le ali, presentarsi con un torace di forma variabile ed essere ricoperti, oppure no, di una fitta peluria microscopica. Lo stile di vita da loro scelto, comunque, li suddivide in due brigate ben distinte: quella domestica, dei mordilibri propriamente detti, e la controparte arboricola, semiselvaggia. La scelta linguistica per definirli, diversa fra l’Italia e gli Stati Uniti, dove per antonomasia sono tutti chiamati tree cattle (mandrie degli alberi) rispecchia la maggiore presenza dell’uno piuttosto che dell’altro gruppo, qualora si prenda in analisi ciascuna delle due regioni. La motivazione per un tale appellativo è presto detta: il video soprastante dimostra il comportamento difensivo di un piccolo gruppo di questi artropodi sopraffini, sorpresi mediante l’uso di una luce artificiale, mentre furtivamente percorrevano il muro di una casa. Forse cercavano nuove fonti di cibo. L’effetto visuale è sorprendente. Con fare ritmico e scattoso, l’improvvisata squadriglia disegna forme battagliere, cercando in qualche modo d’intimorire l’avversario. Sembrano subito uno stormo d’uccelli, oppure un gruppo di piccoli pesci, cui siano magicamente spuntante tre pratiche paia di zampe. Perché lo fanno è chiaro; come, decisamente meno. Ed è forse proprio per questo che la scena risulta tanto accattivante.

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Il giardino geometrico dei pesci fugu

Fugu

Sotto le acque degli oceani, sopra sabbie friabili di continenti senza nome, il pesce palla esegue da oltre un millennio la sua danza di corteggiamento, gettando nel contempo le fondamenta del futuro nido. Questo video dimostra la recente, incredibile scoperta di un fotografo giapponese, Yoji Ookata, a largo delle isole Ryūkyū (Okinawa). Che c’era un po’ di fugu, in tutti noi. Guardate il pesce mentre trova un luogo deputato, gira su stesso e spazza con la coda, tracciando i confini di quel tondeggiante regno, assorto come nella meditazione di un giardiniere Zen. Decora minuziosamente la nuova casa con aguzzi frammenti conchigliosi. E aspetta la femmina seduto in centro, già immaginandosi un prezioso carico di uova, da inseminare freneticamente. Passato è il tempo di Atlantide, quando le leggi matematiche determinavano l’aspetto di umane, sommerse magioni. L’acqua, nell’Era dell’Informazione, appartiene a chi può permettersi di respirarla. Il fugu lavora secondo le reali esigenze che si trova ad affrontare, un giorno dopo l’altro. Nessun gesto è fine a se stesso: come spesso avviene in natura, ciò che ha forma circolare assolve ad una finalità ben precisa. In questo caso, fare scena, non passare inosservati. Persino nell’oscurità sommersa, l’anfiteatro sessuale del pesce costruttore diventerà come una tela di ragno, impossibile da trascurare. Ma se quella funzionava mediante la forza dell’inganno, qui c’è la realizzazione fisica di una promessa, la più importante per qualsiasi essere vivente. “Vieni da me, per procreare”. Certo, la situazione è strana. Il misconosciuto rituale di corteggiamento dei cosiddetti fugu, tanto elaborato, sta ottenendo un ampio spazio sulle riviste di etologia di ogni parte del mondo. Nessuno capisce, in realtà, perché un animale come questo, tanto sobrio e primitivo, debba sentire il bisogno di costruirsi una casa così bella, soltanto per impressionare il gentil sesso. Tra l’altro, i pesci palla giapponesi ci vedono (relativamente) bene e si troverebbero comunque. Questa sabbiosa cattedrale sembrerebbe più adatta ad affascinare altre creature, come noi, bipedi terrestri e super-evoluti. Che di cerchi ne tracciamo a nostra volta sui campi di grano, per gli alieni. Dimenticandoci il destino che attende i fugu troppo estroversi, sul finire della sera: tagliati a fettine, sopra un piatto di sashimi. Non tutti “Vengono in pace”, pesciolino…

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Tre modi per farsi amico un sauro

Uroplastyx

Così vuoi vivere con le lucertole, pallido umano senzascaglie. La strada che hai scelto è lunga e irta di molte avversità. Considera, prima di tutto, l’importanza delle dimensioni: piccola, media oppure grande. Di sicuro non enorme: per quanto tu possa sentirti affine ai cari rettili dalle zampe artigliate, ti metteresti in casa un coccodrillo? Sia chiaro, puoi andarci molto vicino (non lo fare). Come tutte le cose, la via domestica dell’erpetologo s’intraprende per gradi successivi. Facciamo l’ipotesi, per studio, che tu scelga di accogliere nel tuo terrario l’uromastyx, compatta abitatrice vegetariana dei deserti del Nordafrica, quel simpatico personaggio che in cattività raggiunge una lunghezza di 25-30 cm circa, dalla punta del naso alla sua tozza coda. Quest’ultima, ricoperta di protuberanze aculeate, sarebbe il suo strumento difensivo. Ebbene, benché il suo nome provenga dal greco οὐρά (che vuol dire coda) e μαστίχα (flagello) qui non c’è proprio nulla da temere. Alcune specie di questo animale, anzi, vengono consigliate ai principianti. In particolare, l’uromastyx del Mali, con il suo pancione fatto per riempirsi di preziosa umidità, dimostra capacità d’adattamento all’interazione sociale e alla vita casalinga non indifferenti, che sembrano andare ben oltre l’infelice tolleranza di una facile fonte di cibo. Fino a poco tempo fa non si sapeva molto dei bisogni particolari di questa lucertola, con conseguente diminuzione dell’aspettativa di vita, per gli esemplari tenuti in cattività. Oggi la situazione è molto migliorata. Ci vuole un grande ambiente artificiale, riscaldato e illuminato adeguatamente, con un fondo sabbioso che permetta di scavare. Una roccia su misura, sotto cui l’animale possa nascondersi, chiudendo l’apertura con la coda. E poi deve mangiare bene, verdure soprattutto, più l’adeguato apporto di vitamine, generalmente servite tramite il mangime per le iguane, che piace molto pure a lui. Talmente tanto che un giorno l’uromastyx, diventato vostro amico, si lascerà grattare sulla pancia, agitandosi come un grazioso barboncino. Sembrerà quasi dire, con voce stridula e sibilante “Gran ssignore delle uova di gallina, ti voglio tanto bene!”.

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