La cavalletta grande come il Texas

Neobarrettia Spinosa

Trentasei telecamere, ciascuna posta sopra il ramo di un albero e chi ce l’ha messa? Quale sciocco mai vorrebbe assistere a delle scene tanto sconvolgenti…I virionidi sono un gruppo di cinguettanti passeriformi, lunghi al massimo una decina di centimetri, davvero graziosi e variopinti, che negli ultimi anni stanno lentamente scomparendo dall’intero meridione degli Stati Uniti. A partire dal 2010 un gruppo di studiosi della University of Notre Dame, tra cui Kathryn N. Smith e James W. Cain III, ebbe a mettere su carta e memoria digitale il modo in cui, un po’ come la tipica gazzella nella savana, i piccoli di questi uccelli fossero appetibili ad un vasto ventaglio di affamati predatori. Come previsto dal nutrito gruppo di scienziati, ben presto, ci si rese conto che i nidi di questi uccellini, pesanti qualche grammo appena, erano più affollati di un fast-food la sera di Natale: i serpenti americani dei topi (Elaphe obsoleta lindheimeri), tendenzialmente, proprio lì venivano a servirsi per la colazione. Giusto un uovo o due, niente di che. Qualche uccello vaccaro (Molothrus) al primo sopraggiungere di un vago languorino, allargava il suo grosso becco, facendo sparire un povero pulcino. Oppure tutti quanti, perché no. Stuoli di formiche, addirittura, si aggiravano per quei luoghi alquanto sfortunati, marciando in file parallele, nella speranza di trovare piccoli morti o vaghi rimasugli dell’altrui spietata libagione. Teschi già scarnificati, becchi ancora saporiti…
Ogni qual volta uno dei nidi sotto osservazione subiva un attacco, gli scienziati continuavano ad osservare i genitori degli uccelli, finché questi ultimi non tornassero a un comportamento normale, come se nulla fosse mai accaduto. Solo così, la natura poteva continuare sulla sua strada. Ma l’evento più incredibile l’avrebbero registrato il 10 luglio del 2010, verso le 11 di sera, da un obiettivo posto sopra un albero di Sophora secundiflora – E meno male, altrimenti chi ci avrebbe mai creduto! Qualcosa entrava dai confini dell’inquadratura, con lunghe zampe dalle molte spine…
I diavoli con gli occhi rossi, secondo un modo di dire popolare, sarebbero questi spettacolari appartenenti alla famiglia dei Katydidi, anche detti Tettigonidi o cavallette dalle corna lunghe. Al contrario della maggior parte dei loro parenti europei, questa particolare tipologia di insetto è voracemente carnivora e notturna, essendosi adattata, attraverso gli anni della sua vertiginosa evoluzione (ogni anno, due generazioni) a divorare qualsivoglia essere si muova, emetta suoni o vibri leggermente ad ogni singolo respiro. L’esemplare oggetto di questo spettacolare video, per l’appunto, è una Neobarrettia spinosa maschio, presa nell’atto di arrampicarsi sopra il ramo di un terrario, dalla sapiente telecamera di Precarious 333, autodefinitosi: “L’uomo con la telecamera e una relazione d’amicizia con gli insetti”. Il sesso della bestia, in questo caso, è facile da definire, visto che la femmina, oltre alla ricca selezione di zampe, ali, antenne, spine etc. presenta una vistosa spada posteriore, null’altro che, in effetti, lo strumento usato per deporre le sue uova, sotto un rassicurante manto di terriccio smosso.
Un privilegio, chiaramente, negato ai virionidi, volatili nidificatori, l’involontario oggetto di un simile sguardo, rosso e preoccupante…

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L’amore al tempo dei ragnetti Salticidi

Amore aracnide

Ti ho visto, in mezzo ai rami di un enorme albero con pere. Eri lì, splendida ed immobile, nel centro esatto di un geometrico disegno. Molti lati e una spirale, invalicabile, il confine sul versante di una vita. Quella morte, ragno e tela, di ogni moscerino, piccolo pidocchio e formichina. Possano condurti, con sapiente sacrificio, ad un miglior banchetto quotidiano. La tua casa trasparente risplendeva, come il bel color marrone, mia fulgida regina, ottuplice e stupenda cacciatrice, che Diana stessa, della Luna la prescelta, avrebbe benedetto, usando il calice o la freccia insanguinata, fàttosi cheliceri gemelli, denti acuminati senza oscura traccia di beltà.
Ti ho visto molto bene, dentro l’ombra di sublime crudeltà. E ti ho guardato, da lontano. È un tipo d’amore assai difficile, come ben sai, quello della genìa che ci appartiene, di noi creature sotto i due centimetri di stazza, dalla fronte con i molti occhi, fino alle ultime propaggini del tagma posteriore, che gli umani, cautamente, chiamano torace. Sempre pronti per saltare, al primo accenno di un segnale. Del resto: aracnide è la storia, sempre ripetuta, della Vedova con il suo manto, chiaramente nero con pois di sangue. E della fine a cui ella condusse, ineluttabilmente, il suo malcapitato spasimante. Questo mondo, quale crudeltà! Del minuscolo e affamato, in cui c’è guerra senza posa, tra chi può mangiare, ordunque ed alla fine, finalmente riprodursi. Alle spese d’altri, meno fortunati. Ancor peggio, come ben sappiamo, è quando le due cose si ritrovano in conflitto, tra ardor di mantidi decapitate. Eppure…
L’emolinfa già scorreva fluida, sotto l’esoscheletro raccolto. In una palla, quasi, con le zampe ben configurate, poco prima di saltare, verso l’orizzonte di un’idea. O per meglio dire, quel profondo desìo sul soglio di un proseguimento, il primo senso della vita, dopo la mera e semplice sopravvivenza. Così deposi sul mio ramo l’estremità di un sottil filo, l’ultima speranza di salvezza, nel caso avessi calcolato le distanze. Ma che dico! Piuttosto, è più probabile che io venga intercettato da un crudele meteorite. Ti ho già detto che mi sono laureato come primo del mio corso? Chiedi pure, all’università degli Araneomorphae, sezione Entelegynae. La mia famiglia, come anche la tua, ne fu tremendamente fiera. Ma non fraintendermi: a legare il nostro sangue c’è soltanto un sistema di classificazione biologica, null’altro in più. Non siamo “parenti”, anche se il cognome ed il prenome restano così, Habronattus pyrrithrix. Stai pronta.
“Che arrivo!” Pare di sentire la sua voce di ragnetto stridulo e agitato, mentre vola oltre il soglio destino, per dare il principio lungamente atteso di una danza, lo spettacolo di quell’augusta primavera. Chi non ha mai visto il rituale di corteggiamento di un appartentente al gruppo dei cosiddetti ragni saltatori (scientificamente definiti Salticidae) si è perso uno dei maggiori capolavori dell’universo naturale, un sottile susseguirsi di stupende vibrazioni, tremolii, ritmiche gestualità. Il maschio dell’aracnide in questione, come succede per certe specie di uccelli, è straordinariamente variopinto, azzurro lucido, verde rosso e marroncino. Una livrea attentamente progettata, per catturare ben quattro paia d’occhi, gli strumenti ineccepibili di Lei.

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Una televisione per le rane leopardo

Rane telefono

Frammenti meteoritici, composti di metalli dalle prestazioni superiori. La venuta di una nave interstellare, sul concludersi di una temuta eclissi, mai prevista nei pietrosi calendari. L’improvviso manifestarsi di un volto con la barba, tra le alte nubi dei cumulinembi tempestosi. Ciascun evento di una simile portata, negli annali della storia, ha lasciato un segno chiaro, l’ombra di una storia degna di essere narrata. L’eccezione planetaria è un evento in grado di condizionare il progresso evolutivo di una specie. Posti di fronte ad una misteriosa forma di tecnologia, possibilmente avanzatissima, gli esseri pensanti provano il bisogno d’integrarla nelle proprie vite, in qualche metodo e maniera. E cos’è un telefonino, se non un cupo monolito, ricolmo di circuiti ed intenzioni…
Un gruppo di rettili quadrupedi in giardino, sotto la veranda della tipica abitazione lignea delle periferie statunitensi, si ritrova d’improvviso avviluppato da un magnifico spettacolo, la scena più desiderabile di un’intera breve, verde, umida vita: un verme gigante, che si agita dentro al rettangolo di luce, impossibilmente posto di contrasto con un alto e sconfinato muro. Cos’è tutto questo, se non il sogno di un batrace! L’apparizione di un gustoso e succulento pasto, estrapolato dalle astruse circostanze della sua legittima esistenza, in mezzo all’erba, sotto il suolo, ben nascosto in mezzo al freddo e al gelo… E posto in alto, al centro delle cose, perfettamente pronto a dare un senso positivo alla giornata. “Con dieci di questi, non avrei mai fame” Avrà pensato il primo dei visitatori. Mentre quelli successivi, senza un simile passaggio d’astrazione, avranno fatto solo da gregari. Ciò che si desidera, fa scuola. Giacché nessuno, alto ominide o bitorzoluto salterino, può istintivamente rinunciare alla perfetta soluzione di un problema. Specialmente se c’è Joe, oppure Sam, Steve…Andy? Che sta per guadagnarsela, da solo. Il desiderio è un sentimento soggettivo. Condividere, mie care Lithobates pipiens, facoltativo.
Non c’è una vera sazietà. Ci si muove, attraverso l’arduo labirinto dei minuti, da un profondo desiderio verso il successivo. Tutto è necessario, se brillante. Nonché utile, quando attraente. Il primo paragone valido per una tale scena di palude, grazie allo strumento dell’analogia, diventa quindi la messa in commercio di un Qualcosa. L’oggetto del desiderio. L’ultima incredibile diavoleria, frutto elettronico dell’economia di scala, concepita in America, assemblata in Cina, esposta sopra i banchi larghi e paralleli di uno store. Quando tutti coloro che “lo” vogliono, “ne” hanno un bisogno inesprimibile, si affollano per strada, in piedi nell’argentea luce della luna. Il paragone ufficiale, per tali reiterate circostanze, resta sempre quello del gregge. E gli ovini, certamente, mostrano uno spirito del gruppo molto sviluppato. Seguono il supremo pecorone. Eppur di certo, non conoscono la scarsità. C’è erba per tutti, nei vasti pascoli del mondo, mentre un verme è alquanto raro, in potenza. Come il sacro segno della mela.

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Con i calabroni sulla mia finestra

Finestra con nido di vespe

Per chi vive le proprie giornate con la passione della scienza, essa si presenta in molte vesti. E quando meno te lo aspetti, prende la forma di un problema splendido, terribile a vedersi. Sulla finestra di Vang Tsal, utente greco di YouTube, si è materializzato un edificio a strapiombo verso il grande vuoto; è una casa di insetti sociali, amichevoli tra loro. E perigliosi per noi altri. La convivenza è già complessa, in senso lato. Ma fra tutte le possibili varianti di una tale condizione, nessuna è paragonabile a quella che coinvolge i calabroni europei, specie vespa crabro, prolifici ed estremamente aggressivi se infastiditi. Assai diffusa è l’opinione, non facilissima da dimostrare, che anche soltanto tre o quattro punture di simili gialloni, se effettuate in zone sensibili del corpo umano, possano portare a conseguenze veramente gravi. Senza contare il caso di persone allergiche, soggette ad immediato e shock anafilattico, stordimento ed immediata morte. Le vespe non sono killer: istintivamente, difendono il proprio nido. Purtroppo la natura le ha dotate di un’arma talmente velenosa, e priva di conseguenze per l’utilizzatore, da renderle difficili da tollerare.
Ma che scena veramente appassionante! Il nido dei calabroni, esternamente, assume l’aspetto di una sfera concava o un ovale, costruito con materia lignea e un generoso apporto di saliva. La sostanza risultante, marrone, friabile e frastagliata, si presenta tanto simile alla carta che la famiglia di vespe d’oltreoceano più simile alle nostre, classificata con il nome Polistinae, viene comunemente identificata dagli americani con l’appellativo paper wasp. Tale involucro, per essere subito chiari, ha in media le dimensioni approssimative e la forma di un pallone da calcio. Cambiano “soltanto” i contenuti. Grazie al particolarissimo piazzamento di questo nido, il vetro ci offre una finestra d’eccezione verso quelle viscere agitate: un labirinto di uova e larve, invitanti celle esagonali e neanche una mezza goccia di gustoso miele. Non sono queste, beneamate api. L’organizzazione è a strati orizzontali sovrapposti, l’ultimo dei quali, partendo dall’alto, si presenta con la tipica forma simile ad un fior di loto, semi esclusi. Normalmente, questo è lo stadio in cui una casa di vespe vagabonde, se individuata, viene irrorata di pietoso insetticida. Come essere vicini di chi crede solo di comprenderti? E ti odia e teme dal profondo del suo essere, per di più a ragione…

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