Un anfitrione per 100 colibrì

Colibri

Un singolo cucchiaino di zucchero bianco granulato ogni quattro bicchieri d’acqua. Da servire in grandi quantità, possibilmente. Si prende la dolce mistura, la si bolle per pastorizzarla, poi si lascia raffreddare e si aggiunge del colorante alimentare rosso, prima di versarla nell’apposito recipiente. Qualcuno usa una semplice caraffa, altri dispongono di contenitori più specializzati, costruiti per uno scopo ben preciso: appendere quanto si è realizzato a una grondaia, presso l’accogliente ombra di casa propria, in attesa che la natura faccia il suo corso. Semplicemente stupendo. Fatelo anche voi e verranno dozzine di mosche, vespe o formiche, più l’occasionale passero solitario. Potreste attirare persino un peloso pipistrello, se siete davvero fortunati. Poi riprovateci nel sud degli Stati Uniti ed avrete un risultato di tutt’altra caratura. Prima però, assicuratevi di aver messo in radio la Cavalcata delle Valchirie e di avvicinarvi bisbigliando “Adoro il profumo del nettare di prima mattina!” Perché sta per iniziare l’ultimo capitolo di una vera e propria guerra, accompagnata dal tintinnare di mille cinguettii. Il colibrì possiede la suprema specializzazione di un elicottero, riproposta a misura d’animale. Può volare all’indietro, ha il metabolismo iperveloce di un toporagno ma non lo svantaggio della sua breve vita, un becco pensato per succhiare e piume lucenti ricoperte di cellule prismatiche, in grado di riflettere la luce in un arcobaleno di colori armonici e gaudenti. È ferocemente territoriale e scaccia i suoi simili da ogni fonte di buon cibo, almeno che non ve ne sia una spettacolare, incalcolabile abbondanza. Per questo si mettono le mangiatoie, come fatto in questo campeggio vicino Creede, nel Colorado. Nel video, realizzato da Jason Garren, youtuber, e Aldertree, cameraman cum redditor, si osserva la rara contingenza di un paio d’uomini che si ritrovino circondati da un turbine di colibrì affamati. Tutti d’accordo, per una volta, nel perseguire un singolo obiettivo. Deliziosamente succulento.

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Cacciatori di un fiume magico del deserto

Rankinstudio

18 luglio 2013, parco nazionale del Bryce Canyon. Il lago Powell, bacino idrico artificiale, riflette placidamente i dardeggianti raggi di un sole che non conosce tregua. Il caldo é feroce, non si avvista una nube e i diversi aspetti del paesaggio, antropico e naturale al tempo stesso, coesistono tranquillamente, sotto il cielo terso di un pomeriggio d’estate. Regna la pace, ancora per qualche tempo… E non di piú. Perché 40 miglia piú a nord, 6 ore prima, si é verificato un grande rovescio di pioggia, improvviso quanto insolito per delle regioni tanto secche degli Stati Uniti. Sulle onde radio, in televisione e da un capo all’altro del web rimbalzano due terribili parole, temute da chiunque abbia mai sperimentato un particolare fenomeno: la flash flood. É questo il nome dell’inarrestabile ondata di detriti e fango che, come uno tsunami, percorre il terreno ben poco permeabile di un precedente letto fluviale, corre a valle e s’infrange caustico contro gli ostacoli, le persone, qualsiasi cosa. Per fortuna, stavolta il mostro serpeggiante non mieterá vittime designate: ben pochi animali sopportano l’arsura di questo luogo e ancor meno individui l’hanno eletto a loro dimora. Se un albero cade nella foresta….? Le aquile di mare osservano dall’alto, distaccate. Per gli uomini é piú complicato. La grande onda ci affascina, ma non andremmo mai a metterci sulla sua strada: spavalderia e curiositá non sempre vanno a braccetto! Per ottime ragioni evolutive. Considerando questo, é un bene che si possa contare su di lui, David Rankin, l’equivalente idro-terrigeno di un cacciatore di tornado. Qui l’osserviamo stupiti mentre, ancora una volta, si dedica alla registrazione diretta di una simile contingenza, cosí feroce e al tempo stesso tanto spettacolare; con lui la moglie e un collega, anche loro dediti alla rischiosa attivitá. L’attesa é spasmodica. Si approntano le telecamere, si verifica il piú probabile punto di passaggio del flusso torrentizio, pieni di ansiosa speranza e reverenziale entusiasmo. Si spera che il fiume miracoloso giunga puntuale, comparendo d’improvviso sul suolo di un arido arroyo abbandonato.

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L’esperimento del vetro che scoppia all’improvviso

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Una goccia, uno spermatozoo trasparente, un girino o un lucente pezzettino. Vetro, fuso dal calore di una fiamma intensa, che cade rumorosamente nell’acqua, diventando così duro da resistere ai colpi di un martello: la chiamano lacrima del Principe Rupert di Baviera, esiste da quasi 400 anni e anche se non serve praticamente a nulla, costituisce una dimostrazione degna di nota, punto di passaggio verso l’acquisizione del moderno metodo sperimentale. Tonda e splendida, pare invulnerabile, finché qualcuno non gli stringe delicatamente la coda. A quel punto esplode, proiettando le sue schegge con una forza di 3000 metri al secondo (Mach 3). Potenzialmente pericolosa eppure ideale per fare degli scherzi, almeno a sentire alcuni resoconti dell’epoca. La vendevano, incredibilmente, come giocattolo per bambini. Chi l’ha resa popolare, del resto, non andava certo per il sottile. Rupert, il figlio più giovane dell’elettore del palatinato Federico V e di Elisabetta Stuart, regina di Boemia, aveva passato la vita fra i campi di battaglia e le flotte in guerra, prima di dedicarsi, negli ultimi anni che gli restavano, alla ricerca di una suprema verità. Riesce facile immaginarlo giovane comandante di cavalleria, durante la guerra civile inglese del 1642, mentre prima di un grave scontro ripassava in tenda il suo autore preferito, Sir Francis Bacon. Fra le sue mani, una copia stampata de La Nuova Atlantide, il romanzo utopistico che conteneva questo significativo brano: “Fine della nostra istituzione è la conoscenza delle cause e dei segreti movimenti delle cose per allargare i confini del potere umano verso la realizzazione di ogni possibile obiettivo.” Così parlava, in quel celebre testo, il rettore dell’università di Re Salomone, descrivendone le caratteristiche al gruppo di visitatori basìti che vi erano approdati per sbaglio, mentre cercavano le coste del Perù. E questo diventó, anni dopo, anche il credo della Royal Society of London, la più antica organizzazione scientifica in funzione ancora ai giorni nostri. Venne fondata nel 1660, da un ideale gruppo delle più straordinarie menti al servizio del primo sovrano d’Inghilterra dopo la restaurazione, Carlo II. Fra queste, inevitabilmente, figurava l’ormai vecchio condottiero, ex-ammiraglio, poi esule in Germania, bucaniere nei Caraibi e per qualche tempo anche governatore coloniale. Stanco e un po’ provato, trovò il suo sfogo nella scienza e nelle arti, guadagnandosi l’insigne titolo di “guerriero filosofico”. Era il prototipo dell’Alchimista di Stato….

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Come costruire una barchetta a vapore

DaveHax

Mezzo cartone del latte (senza il latte) una lattina di Coca-Cola (senza la Coca-Cola) due cannucce, dello scotch, una confezione di Blu Tack, ovvero le pasticche di sostanza adesiva usate per i lavelli, e una candela-lumino. Questo è tutto ciò che serve, secondo le modalità creative di questo divertente esperimento, per mettere insieme un piccolo piroscafo funzionante, in grado di navigare grazie all’energia meccanica del vapore: chiamatela Pop Pop Boat. Si tratta dell’ultima creazione di Dave Hax, titolare dell’omonimo canale, l’eloquente inventore di numerosi giocattoli fatti in casa, trovate curiose o persino educative, nel modo in cui può esserlo soltanto ciò che realizziamo con le nostre stesse mani, senza passare per le pagine di un catalogo tradizionale o sul web. Il principio è quanto di più semplice si riesca ad immaginare. Si costruisce con la latta una sorta di piccola caldaia, ripiegata su se stessa e bloccata ai lati con la sostanza impermeabilizzante, tranne che in un punto, quello in cui vengono fatte passare le due cannucce, fianco a fianco. Quindi si riempie d’acqua il contenitore, si fanno passare le cannucce in un buco del cartone, accuratamente sigillato con dell’altra Blu Tack, e si aggiungono le decorazioni…

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