10 anni di età, sconfigge un campione a scacchi

Samuel Sevian

Sembra la scena di una sit-com, con l’incontro tra il protagonista di Due uomini e mezzo e il dr. Sheldon Cooper, lo scienziato irascibile di The Big Bang Theory. In una fulminea partita di neanche 5 minuti, giocata secondo le regole della variante blitz chess, questo giovanissimo genio della scacchiera con tanto di lattina di 7-up  riesce ad avere la meglio sul campione internazionale Greg Shahade, fondatore di alcune delle più prestigiose scuole degli Stati Uniti, prossimo al conseguimento del titolo di gran maestro. L’azione è concitata fin dal primissimo secondo: il segnatempo viene messo a sinistra, poi a destra, poi a sinistra (risata del pubblico)  i due si stringono la mano, bianco muove il pedone in c4 (apertura inglese) nero risponde con c6 (difesa Caro–Kann, una scelta inconsueta) poi cavalli-alfieri in un turbinio di battaglie per il territorio, con le torri che avanzano ponderose (un sorso di 7-up) e i giocatori che devono, di continuo, risistemare i pezzi (piccola bevuta). Gli spostamenti sono talmente veloci, in effetti, da rendere meccanicamente difficile centrare la casella al primo colpo; né, del resto, sarebbe del tutto necessario: a questi livelli, i concorrenti percepiscono il flusso di gioco ad un livello tale da poter comprendere, istintivamente, la prossima mossa dell’avversario. A 28 secondi esatti, la svolta “Oy! I’m winning, I’m winning him! (slurp)” A parlare, ovviamente, è stato lui, il giovane sorseggiatore di bibite frizzanti. Non siamo neanche a metà partita ma iniziano a cambiare di lato i pezzi più importanti: Greg allunga la mano al centro della scacchiera, non trova il cavallo. La prende con filosofia. In un crescendo di piccole smorfie e battute, perde gradualmente terreno “Ah, state pure registrando?” ride sconsolato. Alla fine, rimane soltanto il suo candido re con un pedone…Circondato dall’ebano nero dei suoi nemici. Un passo a destra, uno in avanti. Non ce la farà mai: il 34enne chiama scherzosamente lo stallo, appellandosi a una mercé in cui non poteva di certo sperare. Poi, perde. La controparte prende la sua bibita e scappa via, verso nuove vittorie. Il pubblico osserva, senza parole, mentre lo sconfitto scuote la testa, divertito. Con quella serena rassegnazione che contraddistingue i veri sportivi, in ogni momento, anche i più imbarazzanti.

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Il robot che prepara i nostri ordini dal web

Kiva

Ogni essere ha delle caratteristiche che lo rendono perfettamente in grado di sopravvivere all’interno del suo ecosistema. E non c’è luogo, in tutto il mondo, che possa dirsi più astruso e difficile da interpretare dei labirintici magazzini di un gigante dell’e-commerce, come l’onnipresente Amazon. La creatura robotica Kiva, un prodotto dell’omonima compagnia americana, è per tali immensi luoghi l’equivalente di un pesce tra i flutti marini, un uccello in mezzo alle nubi o il verme di terra sepolto nel giardino di casa tua. Perfettamente a suo agio, in grado di prosperare e moltiplicarsi verso nuove generazioni, ancor più efficienti e precise. Il suo carapace iridato, simile a quello degli insetti ma di un rassicurante color arancione, occupa al millimetro lo spazio sottostante una qualunque delle innumerevoli scaffalature che gli si parano davanti nel corso di una giornata, permettendogli di andare oltre senza incorrere in fastidiosi rallentamenti. Quattro ruote articolate, una vite che si solleva dal centro del dorso. La usa diligentemente, sollevando in un attimo quello che gli viene richiesto, volta per volta, dai suoi intransigenti padroni umani. Kiva non è dotata di occhi che guardino innanzi, bensì di una telecamera ad infrarossi, eternamente puntata verso il pavimento. Con essa ritrova la retta via, leggendo i criptici codici a barre disposti, ad intervalli regolari, lungo tutta la pavimentazione del magazzino. Per questo non ha nemmeno il bisogno di un cervello che possa dirsi propriamente suo: per ciascuna colonia di robot c’è un solo server, con software particolari, che conosce in ogni momento la posizione dei suoi molti operai meccanizzati, evitandogli ingorghi ed incidenti. Di fronte a quel computer, un singolo impiegato della compagnia. Leggendo quello che deve impacchettare, secondo quanto indicato dal gestionale, preme con tutta calma il tasto corrispondente. Potremmo dire che il suo nome sia “Bob”. Ebbene, non importa che tu abbia ordinato un DVD, un libro, componenti informatici o stoviglie nuove per la cucina, l’unica persona in carne ed ossa che dovrai ringraziare per la loro consegna tempestiva è lui, Bob. Tutto il resto è dovuto all’opera inarrestabile dei Kiva, meccanismi nati per servire, matematicamente privi di sentimento. Tranne quando decidono di mettersi a ballare!

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La cavalcata dello scoiattolo rotante

Twirl a Squirrel

La dieta dello scoiattolo rosso americano (tamiasciurus hudsonicus) è sostanzialmente monotona e ripetitiva. Quando gli va bene, si nutre delle bacche o nocciole selvatiche che riesce a trovare nel sottobosco…Altrimenti dovrà accontentarsi di pigne, boccioli d’acero o larve di scarafaggio. Per questo ci riesce facile immaginare, con un certo grado d’empatia, la gioia dell’animale all’avvistamento di questa magnifica mangiatoia per uccelli, appesa da Viteacher alla grondaia di casa sua. Scalare una parete, saltellare fra una tegola e l’altra e poi discendere lungo il filo di sospensione è un gioco da ragazzi, per chi come Hardiman ha fatto dell’acrobatismo un credo, della destrezza uno stile di vita; il problema, semmai, è lo snodo. Infilata la zampetta nell’apertura pensata per il becco di un melodioso passero o cardellino, il roditore si accorge presto di aver fatto un grave errore: perché la struttura ricolma degli agognati semi è in realtà assicurata mediante l’impiego di un moschettone, in grado di girare liberamente a 360 gradi. Per effetto della stazza dell’ospite inatteso, decisamente più pesante di un visitatore convenzionale, la mangiatoia si abbandona quindi spontaneamente agli effetti della forza centrifuga, accelerando vieppiù. Al compiersi del primo giro, Hardiman appare ancora all’oscuro degli eventi, troppo preso dal gesto totalizzante di riempire il suo stomaco di materia commestibile. Fra il secondo e il terzo, la sua coda si trasforma nella pala di un elicottero peloso, mentre tenta in ogni maniera di bilanciarsi e continuare l’ebbra scorpacciata. A quel punto, è troppo tardi. Lo scoiattolo sta ormai sperimentando gli effetti stupefacenti di un trip allucinogeno: decolla insieme a un razzo della Nasa, sogna un dialogo con l’universo, gira senza posa verso l’infinito. Raggiunta la velocità di fuga, o un qualche tipo di massa critica, perde finalmente la presa e finisce all’interno di un cespuglio. Niente paura: secondo quanto raccontato dagli spettatori di una tale incredibile contingenza, lo scoiattolo ne è uscito poco dopo, senza aver subìto alcuna apparente conseguenza. Se non l’aver acquisito un certo senso di rispetto verso le imprevedibili creazioni dell’uomo, ben presto dimenticato.

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L’artista che imbriglia il vento nelle sue sculture

Antony Howe

L’arte di Anthony Howe nasce da una serie di competenze meccaniche straordinariamente personali, che gli permettono d’incanalare il respiro della Terra all’interno di svettanti installazioni metalliche, basate sul principio stesso dell’infinito dinamismo. Nei centri urbani, in prossimità dei luoghi di passaggio e delle piazze, le sue sculture ci ricordano della fluidità del contesto umano, tutt’altro che immanente: un breve attimo nel giardino dei Venti, terreno fertile per la relativa Rosa. Sospeso nel vuoto cosmico, appoggiato su di un sottile strato roccioso posto fra il magma e il gelo più assoluto, il mondo civilizzato potrebbe dirsi il frutto di uno scontro tra forze che tendono a sfuggire dalla nostra comprensione, con estremo impeto e forza generativa. Siamo circondati da mostri invincibili dai nomi antichi, che si scontrano fra loro in una guerra eterna: la fredda tramontana in opposizione all’ostro, levante e ponente che soffiano dai paesi distanti di civiltà agli antipodi, grecale o libeccio, chi vincerà? Sarà meglio, per noi insignificanti ospiti del pianeta, limitarci ad osservare. Mentre i tifoni, gargantueschi, battono le coste del sud-est asiatico e le brezze ostili si congregano nei terribili tornado del Midwest Nordamericano, questo artista ci mostra il lato più mansueto di tali forze, ovvero come l’aria in movimento possa anche creare e modificare strane forme, con gestualità prevedibile, persino ripetitiva. I petali del fiore, senza le sgradite spine. Simili a meduse, planetari e talvolta quasi accidentalmente figurative, con tanto di volto vagamente antropomorfo, le sue creazioni si nutrono di energia eolica creando negli spettatori un senso ipnotico di assennatezza. Alla fine anche la luce, veicolata da pannelli lucidi o specchietti ultra-leggeri, finisce per fare la sua parte.

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