Costruire un ponte è un problema tecnico dei più complessi, che in determinati ambiti costituisce, addirittura, l’antonomasia del gesto ingegneristico applicato ai trasporti. Ma l’idea classica, dell’ingegnere che disegna e calcola i valori determinando accuratamente il metodo più adatto a costruire una strada a molti metri dalla terra, il fiume o il mare, non è che il primo passo di un processo che trova l’espressione materiale nell’effettiva messa in posizione dei singoli componenti, verticali e orizzontali, obliqui o trasversali. Gente allenata a dare sfogo a un essenziale senso pratico, quella che costruisce cose simili, attraverso un susseguirsi di passaggi non complementari. In grado, soprattutto, di applicare gli strumenti: cazzuola, martello, sega da taglio…Gru, ruspa, bulldozer…Macchina di lancio della campata completa dal peso a vuto di 580 tonnellate, lunga 91 metri…Ecco, forse questa non è un qualcosa che si vede esattamente tutti i giorni, almeno a giudicare dal successo ottenuto negli ultimi giorni dal video di un canale virale intitolato SLJ900/32, Bridge Erecting Mega Machine; in esso, l’equivalente tecnologico di un grande verme giallo canarino avanza sui piloni di un viadotto ancora inesistente. Senza preoccuparsi eccessivamente della forza di gravità, raggiunto il ciglio della parte già assemblata, il mezzo puntella degli appositi sostegni sul pilone, poi si protende nel vuoto, verso quello successivo. Lentamente, attentamente, la sua parte anteriore si ritrova sospesa, con dozzine di ruote simili alle zampe di libellula, vestigia di una vita precedente. Raggiunta la sua meta successiva, vi aggrappa saldamente, diventando, sostanzialmente, essa stessa un ponte. Che in poco tempo viene messo a frutto: pare assurdo eppure, dalla notevole distanza a cui ci troviamo, è possibile osservare alcune piccole figure umane che discendono come formiche dal gigante, per assicurarsi che l’appoggio sia perfettamente saldo ed efficace. A quel punto, lanciano il segnale e quella marcia assurda ricomincia. La ragione appare presto chiara, visto come nella parte posteriore del veicolo, sostenuto da una coppia di potenti gru integrate, alberga una possente trave d’acciaio lunga circa 60 metri, destinata a costituire la parte migliore dell’intera opera, ovvero il fondo della strada o della ferrovia, a seconda dell’impiego successivo. Il componente strutturale viene collocato in corrispondenza di quel vuoto da colmare, poi calato in posizione. A questo punto, l’SLJ900/32 si trova con la sua parte anteriore che poggia sul terzo pilone, ancora privo di una trave di collegamento; nessun problema. Senza esitazioni, il mostro inizia a ritirarsi a marcia indietro, finché le ruote non poggiano di nuovo sul viadotto. Percorrendo a ritroso quanto precedentemente costruito, quindi, esso torna all’indirizzo della tana, anzi ancora meglio, presso il luogo dove sono custoditi gli altri pezzi da portare in posizione. In questo caso come in altri mille, non c’è riposo, per la mega macchina che assembla i ponti.
L’effettiva collocazione giornalistica dell’evento, nonostante la sua chiara importanza tecnologica, risulta piuttosto complessa. Siamo in Cina, del resto, dove la barriera linguistica è soltanto il primo di una lunga serie di ostacoli all’approfondimento internettiano. La descrizione al video parla di una sezione sospesa che andrebbe da Chongqing a Wanzhou, presso la parte settentrionale dello Yangtze, dove sono collocati i celebri Sānxiá (tre dirupi) con la relativa diga elettrica, altro capolavoro dell’ingegneria. Ma mentre di questo specifico evento non sussiste alcuna traccia online, una notizia trovata su Google parla di un’opera analoga, condotta grazie all’impiego dello stesso dispositivo, per un viadotto ferroviario tra Jilin e Hunchun, nella Manciuria meridionale. Particolarmente riconoscibili, nelle due foto collocate in fondo all’articolo, sono gli ideogrammi collocati sulla parte frontale del veicolo, che dovrebbero dichiarare al mondo, approssimativamente: “11° dipartimento di fabbricazione piloni e traverse” dimostrando, quanto meno, la corrispondente identità dell’organizzazione civile incaricata della costruzione. Simili macchine, ad ogni modo, non sembrano rare in Estremo Oriente, ambito da cui provengono la maggior parte delle documentazioni video e i brevi articoli a disposizione.