Nel momento del bisogno, in seguito a catastrofi naturali o per via di crolli edilizi, si presenta spesso l’esigenza di costruire abitazioni provvisorie in tempi relativamente brevi. La scelta, in tali casi, può ricadere su due categorie di soluzioni: l’impiego di semplici tende, sempre pronte all’uso ma non particolarmente efficaci contro la furia degli elementi, oppure il trasporto sul luogo di prefabbricati costruiti su misura, costosi, ingombranti e difficili o macchinosi da assemblare. A meno di avere a disposizione una Concrete Canvas, l’invenzione inglese che può risolvere, allo stesso tempo, ciascuno di questi significativi problemi. Un rifugio composto di uno speciale materiale, simile alla tela, in qualche modo imbevuto delle sostanze necessarie a trasformarsi in solido cemento.
Si scarica a terra il pacco a tenuta stagna, si attacca la pompa e si aggiunge la giusta quantità d’acqua. Una volta bagnato, il materiale completerà la trasformazione nel giro di 5 ore circa. Tempo durante il quale gli incaricati dovranno limitarsi a riempirlo d’aria impiegando un compressore, osservando a distanza di sicurezza la sua crescita automatica, in grado di raggiungere, per alcuni modelli, la notevole dimensione di 50 mq. Una volta nella forma finale, il rifugio sarà abitabile dopo appena 24 ore. Tra i principali vantaggi offerti da queste strutture, oltre alla loro resistenza, vanno citati un isolamento termico superiore e la perfetta resistenza al fuoco. Un grosso camion semiarticolato potrebbe caricarne facilmente più di un centinaio: praticamente, una città.
ingegneria
Un bracciale che sostituirà la tastiera e il mouse
Superato lo scoglio del calcolo, raggiunto da tempo l’ideale realismo grafico, realizzata la perfetta comunicazione viviamo ormai nell’epoca delle interfacce. PC, tablet e cellulari potrebbero risolvere ogni tipo di problema, eppure mancano di un reale senso empatico. Non esiste al mondo un dispositivo in grado di capirti e interpretare le domande poste in base al contesto, come il computer di bordo di un’astronave di Star Trek, risolvendo con senso d’iniziativa le questioni della nostra vita quotidiana. Almeno non senza che sia prima tu a comprendere il suo complesso e stratificato funzionamento, trovando il modo giusto di esprimere il tuo bisogno.
Limite che non sembrerebbe avere, in linea di principio, il sistema dotato del bracciale MYO. Indossandolo semplicemente sul tricipite, come un iPod da podista, dovremmo avere una precisa lettura in wireless dell’attività elettrica muscolare, finalizzata all’interpretazione digitale dei nostri gesti più spontanei e naturali. Si tratta del prodotto di una nuova startup tecnologica, attualmente in fase di prenotazione per la cifra di 149 dollari. Che promette di far succedere le cose a schermo muovendo le dita della mano, ma in funzione degli stessi impulsi partiti dal nostro cervello. Ovvero con una rapidità praticamente subliminale e, almeno in teoria, affidabilità senza precedenti.
Astro Kitty, simpatica bambola nella stratosfera
L’invio di animali al di sopra dell’atmosfera terrestre non una novità. Negli anni ’60, agli albori dei programmi spaziali americano e russo, scimmie, topi, cani, maiali, rane e cavie domestiche furono utilizzate allo scopo di misurare le chance di sopravvivenza dei primi uomini destinati a camminare un giorno sulla Luna. Tutti, o quasi, conoscono Laika, il cane femmina che perse la vita nello Sputnik 2 e di recente si è molto parlato del macaco iraniano ritornato da eroe nel velivolo sub-orbitale Pishgam, oggetto dalla fine del mese scorso di numerose speculazioni e teorie. Meno famosi, ma altrettanto importanti, furono Felix e Félicette, i gatti spaziali francesi, l’uno fuggito dal suo giorno di lancio con rapidità e fortuna, l’altra ritornata sana e salva tra le strade di Parigi da cui era partita, grazie a una capsula dotata di paracadute. Le missioni di questi astronauti loro malgrado, talvolta fatali, hanno aperto la strada a nuove soluzioni tecniche e avvicinato di molto la strada verso altri mondi e mete lontane.
Tanto che, incidentalmente, risalire il pozzo gravitazionale del nostro pianeta e dominare la curvatura dell’orizzonte oggi non è più uno sforzo titanico d’ingegneria, a base di carburante e pesanti motori a razzo; talvolta basta attaccare la propria navicella a un grosso pallone, riempito per l’occasione del sempre più raro e prezioso elio. Praticamente, un gioco da ragazzi.
Festina Lente, il ponte di Sarajevo con giro della morte
Creare un ponte pedonale di 38 metri attraverso il fiume Miljacka nella città di Sarajevo sarebbe, in teoria, un’impresa semplice. Ma quando il progetto prevede di farlo in prossimità di un luogo estremamente colto, come l’Accademia di Belle Arti di Obala Maka Dizdara 3, sita all’interno di una storica chiesa evangelica risalente al 1889, limitarsi alla più classica striscia di cemento sarebbe per certi versi il più imperdonabile spreco di talento. Lo stesso deve aver pensato l’amministrazione cittadina, quando nel 2007 annunciò il concorso di progettazione del ponte, coinvolgendo tra gli altri i migliori studenti di design iscritti alla prestigiosa istituzione. A vincere l’opportunità di creare questo nuovo e caratteristico punto di riferimento, da aggiungersi ai già molti dell’antica e affascinante capitale della Bosnia-Erzegovina, sono stati Adnan Alagic, Amila Hrustic e Bojan Kanlic, grazie alla loro originale idea intitolata Festina Lente (affrettarsi lentamente). Si tratta di un aerodinamico e simbolico loop-de-loop, simile a un nastro che, suggerendo a livello teorico l’idea di tale movimento fisicamente irrealizzabile, invita coloro che lo attraversano a riflettere sul rapporto tra sacro e profano. Il ponte, trasformato dopo ben 5 anni in realtà fisica fatta di solido acciaio e splendente alluminio, è stato aperto al pubblico lo scorso 22 agosto, in un tripudio di LED notturni e vivaci proiezioni animate.