Ultimo atto: i sedili spariscono sotto il teatro

Laura Turner Concert Hall

Occorre spezzare una lancia a favore delle soluzioni multi-uso: perché quando mai è stato meglio disporre di uno spazio architettonico facente le funzioni di supermercato, un altro con la farmacia dentro, ed un terzo in cui ci sono il ristorante col bar… Rispetto ad un singolo edificio in cui c’è tutto questo e molte altre cose, parallelamente ben disposte lungo l’ampia galleria del centro commerciale! Mentre invece, in una grande capitale europea che possa dirsi davvero “culturalmente elevata”, da sempre coesistono il teatro dell’opera, l’auditorium, la sala da concerti, il centro conferenze… Laddove all’altro capo dell’Atlantico, tra gli orsi bruni e le aquile di mare, il cittadino americano ben conosce quell’approccio estremamente pratico, che consiste nell’adottare la soluzione omni-comprensiva del PAC, alias: Performing Arts Center. Un significativo passo avanti nell’unione tra convenienza e funzionalità, bellezza estetica e portata delle soluzioni tecnologiche nello specifico campo architettonico fin qui delineato. Prendi per esempio, lo Schermerhorn Symphony Center, vistoso edificio neoclassico nel quartiere SoBro di Nashville, finanziato e correntemente impiegato dall’orchestra sinfonica della città. Con una sala per le lezioni di musica o l’ascolto di musica da camera (170 posti a sedere) uno spazio per le presentazioni aziendali (fino a 60 partecipanti) un piano bar (120 seduti/225 in piedi) il grande lobby fronte giardino (200) la sala club (80) un grande salotto per i ricevimenti privati (55) e sopratutto la vasta Sala da Concerto “Laura Turner” con soffitti alti 12 metri, otto candelieri monumentali, pavimenti pregiati e l’organo da 3.568 canne appositamente progettato dalla Schoenstein & Co. di San Francisco, fatto per scomparire dietro un’elegante pannellatura in tutti i casi in cui non dovesse rendersi necessario. Perché di volta in volta, le fino a 1860 persone che possono prendere posto nell’augusta sala, potranno averlo fatto, nella maggior parte dei casi, con una di tre diverse finalità: A- Ascoltare un concerto di musica classica B- Fare lo stesso con un evento jazz, traditional pop o contemporaneo C- Assistere ad una rappresentazione in stile cabaret o un balletto. Diverse modalità che prevedono, a seconda dei casi, una configurazione dell’ambiente radicalmente diversa, con i sedili che giungono fino a ridosso nel palco nel caso A, mentre lasciano un più ampio respiro se si tratta di una situazione di tipo B, e nel caso della C addirittura spariscono fino quasi a ridosso delle balconate, riducendo gli spazi disponibili al pubblico ma aumentando esponenzialmente quelli per chi dovrà esibirsi. Ora naturalmente, un simile approccio non è totalmente nuovo nel mondo dei teatri e degli auditorium; benché si trovi raramente applicato ad una simile scala di dimensioni. E la ragione è presto detta: riconvertire un’ambiente per simili finalità notevolmente differenti, comporta inevitabilmente lo spostamento fisico di un ampio numero di posti a sedere, che dovranno essere ogni volta disposti in maniera perfettamente equidistante e per di più, secondo le leggi antincendio statunitensi, legati saldamente tra di loro, onde evitare il capovolgimento in caso di fuga precipitosa degli occupanti. Inoltre, problema non da poco, le sedie spostabili a mano sono per loro natura più leggere e dunque meno confortevoli, perché prive di una significativa imbottitura. Difficile negarlo: c’è un ottima ragione se ad oggi ben pochi PAC dimostrano la versatilità dello Schermerhorn. Benché il loro numero, ritengo, sia destinato ad aumentare nei prossimi anni.
Ragione di una simile affermazione? Avrete di certo già guardato il video soprastante, apprezzando l’impiego di questa particolare tecnologia. Il patinato quartier generale dell’orchestra di Nashville dispone infatti, fin dalla sua inaugurazione avvenuta nel 2003, di un fenomenale sistema motorizzato installato dall’azienda canadese Gala Systems, il cui motto “Trasformiamo la vostra visione in realtà” trova riconferma pressoché quotidiana, nell’effettivo funzionamento del particolare sistema brevettato dal nome di Spiralift. Il più compatto sollevatore con motore elettrico in proporzione alla sua potenza, che trova larga applicazione nel campo teatrale per ogni sorta di apparecchiatura o diavoleria, tra cui piattaforme mobili, macchine scenografiche, podi auto-sollevanti ed ovviamente, lo spostamento meccanizzato dei sedili che permette alla stessa sala di fornire gli spazi, a neanche un’ora di distanza, per eventi dalle esigenze di spazio radicalmente diverse. Le possibilità sono letteralmente infinite…

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Le insospettate doti acustiche dei vostri asciugamani

DIY Towel Panels

Magari amate fare pratica con gli strumenti musicali. Forse avete un hobby che comporta la registrazione della vostra voce, come la realizzazione di un programma radiofonico via web, oppure lo streaming in diretta via Twitch e/o YouTube. Oppure ancora e molto più semplicemente, siete degli estimatori della buona musica, con un impianto di cui andate fieri, ma non avete ancora pensato d’investire nell’approntamento di un ambiente d’ascolto realmente adeguato. Si, si può capire: l’isolamento adeguato di una stanza della casa da influenze esterne, parallelamente alla riduzione del rimbalzo delle onde sonore sui muri (causa del fastidioso effetto del riverbero acustico) presuppongono non soltanto l’acquisto di un certo numero di appositi pannelli, più o meno costosi a seconda della casa produttrice e prestazioni, ma anche la complessa disposizione di questi ultimi secondo specifiche progettuali attentamente definite, avendo cura di non danneggiare la delicata gommapiuma permeabile in cui essi sono fabbricati. E ciò senza considerare il proverbiale pachiderma nella stanza: il risultato estetico di queste dozzine di quadrati neri o grigi, esteticamente simili a cartoni delle uova. Mostri oscuri che dovranno diventare parte inscindibile dell’arredo della vostra abitazione, come una sorta di tappezzeria dell’era spaziale. Certo, non a tutti piace vivere nell’approssimazione visuale di una camera anecoica incompleta! E ciò può diventare tanto più problematico per chi vive con moglie, figli, coinquilini o genitori. La proposta fatta dal qui presente artista del fai-da-te, Matt di DIY Perks, diventa tanto più interessante con il ruolo di una sorta di mezza misura, molto più accessibile di tutte le alternative normalmente prese in considerazione, e che soprattutto ha un costo che, a seconda dei materiali di cui già disponete, potrebbe avvicinarsi vertiginosamente allo zero.
Il tutto prende l’origine, in maniera piuttosto scientifica anche se non esattamente inconfutabile, con l’approntamento da parte del nostro eroe di un apparato in giardino, consistente in un altoparlante posto parallelo al terreno, un sostegno di fili in nylon e sopra di esso, un microfono sospeso ad una sorta di teepee. Il ragionamento che lo ha portato ad approntare un ambiente di prova all’esterno, piuttosto che nella camera oggetto della sua necessità, va probabilmente ricercato nel bisogno di eliminare dall’equazione il possibile rimbalzo del suono sulle pareti circostanti, che aveva la potenzialità d’invalidare i risultati della sua registrazione. Non che il passaggio delle automobili distanti, il canto degli uccelli e gli altri innumerevoli rumori del suo quartiere siano tanto meglio, ma che cosa ci vuoi fare… Autoprodotto il sistema, autoprodotto il video, e così pure l’approccio sperimentale alla risoluzione del problema. Ciò è semplicemente endemico nella presente classe di tutorial. Matt ha quindi impiegato il suo smartphone per far produrre all’altoparlante alcune frequenze scelte arbitrariamente, e nello specifico quelle andanti dai 5 ai 17 Khz, con l’obiettivo di eleggerle a campione del tipo di suoni che intendeva mettere alla prova. Ciò che ha fatto quindi successivamente, è stato interporre tra cassa e microfono una serie di oggetti di facile reperibilità, per scoprire quali avessero le doti migliori di fonoassorbenza. I risultati sono stati a volte prevedibili, altre sorprendenti: la gommapiuma da pacchi, esteriormente non dissimile da quella creata esplicitamente a tale scopo, si è invece rivelata come portatrice di un effetto trascurabile, del tutto inadeguato. Nel frattempo la schiuma espansa dei cartoni delle uova americane, un altro mito del settore purtroppo assai diffuso tra gli studi di registrazione dalla poca professionalità, non ha ottenuto risultati in alcun modo superiori. Con l’impiego di un cuscino, invece, è andata molto meglio: ma in quel particolare caso, assai probabilmente, è stata la massa stessa dell’oggetto a fare la differenza. Ciò che invece nessuno si sarebbe assai probabilmente mai aspettato, è l’ottimo risultato ottenuto alla fine con l’impiego di un comune asciugamano da bagno ripiegato su se stesso. Che si dimostra in grado di assorbire, per lo meno nella strana configurazione sperimentale di Matt, una quantità di suono superiore di quasi il doppio alle alternative. Dico, vi rendete conto di che epoca stiamo vivendo? Perché mai succede questo? Prima di fare delle ipotesi, analizziamo per un attimo le implicazioni.

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L’autobus che passa sopra il traffico cinese: follia o colpo di genio?

China TEB

Non c’è niente di meglio, in città dall’alto numero di abitanti, il traffico caotico e il tasso estremo d’inquinamento, che attivarsi nel potenziamento del trasporto pubblico. Aggiungere linee della metro, fermate per il tram, acquistare nuovi autobus e metterli in circolazione: tutti approcci risolutivi che permettono agli abitanti di fare a meno dell’auto, di tanto in tanto o addirittura tutti i giorni, evitando conseguentemente di contribuire ad alcuni dei più grandi problemi dell’odierna società. Eppure, a ben pensarci, tutte le soluzioni usate fino ad ora hanno le loro problematiche di fondo: i treni costano parecchio, senza contare la spesa titanica, e i disagi, implicati dalla costruzione di un esteso tunnel sotterraneo nel bel mezzo di una metropoli con svariati milioni di abitanti. Mentre i mezzi pubblici stradali, dal canto loro, tendono ad agire come grandi barriere mobili, che imperniandosi nel mezzo della congestione comportano ulteriori problematiche di rallentamento. Così è una pura e semplice verità, apprezzabile dal nostro Occidente fino ai più remoti agglomerati d’Asia, che il sovraffollamento delle strade non può essere sempre curato, e che in determinati casi, tentare di farlo può portare a conseguenze ancor peggiori. Un’idea senz’altro alla base della scelta compiuta dall’autorità nazionale dei trasporti della Cina, che in questi ultimi tempi ha pensato di fare il possibile per rendere reale il progetto teorizzato per la prima volta nel 2010, ad opera di Youzhou Song della Shenzhen Hashi Future Parking Equipment Company, che ne offrì un rendering e i piani di massima durante il 13° Expo Tecnologico di Pechino. Materiali che in tempo estremamente breve, finendo per fare il giro del mondo grazie ad Internet, finirono per colpire la fantasia di molti, soprattutto in forza della naturale capacità che i veicoli insoliti hanno nell’affascinare il pubblico generalista. Tutti eravamo tuttavia disposti fin da subito ad accantonar la cosa, come l’ennesima trovata imprenditoriale dell’epoca del Web 3.0, creata a tavolino unicamente per far parlare di se. Mentre invece, lo scorso maggio, la sorpresa: durante la nuova edizione della fiera succitata, la Shenzen Hashi monta presso il suo stand un plastico del tutto funzionante della sua proposta, annunciando nel contempo che nel giro di pochi mesi, un prototipo a tutti gli effetti completo del mezzo stato impiegato presso la città di Qinhuangdao, un agglomerato di quasi tre milioni di persone sito a 300 Km da Pechino. Ed alla fine, eccoci qui.
È una visione alquanto impressionante, quella che sta negli ultimi due giorni girando tra le principali testate giornalistiche, i blog tecnologici ed i social autogestiti: con il colosso di un grazioso azzurro cielo (ma come, non lo sai che il nero sfina?!) che inizia la sua lenta marcia in corrispondenza dell’apposita pensilina sopraelevata, transitando facilmente sopra alcune auto parcheggiate lì per “puro” caso. La fantascienza che si realizza nei fatti… La ponderosa, immane presenza che sovrasta due intere corsie di strada di scorrimento. La cabina alta 4,5 metri, sita a circa due da terra, concepita per permettere ai più coraggiosi di guidare sotto il “bus” e proseguire per la propria strada, persino nel caso limite in cui questo si trovi alla sua fermata, e sia totalmente immobile in attesa di ricaricare le batterie. Va comunque detto che la sua definizione ufficiale di categoria, mirata ad accomunarlo ai più comuni trasportatori di persone sulle familiari quattro ruote gommate, può facilmente trarre in inganno, e costituisce probabilmente un aspetto rimasto dalle prime concezioni teoriche del mezzo in questione. Perché ad oggi, sostanzialmente, la versione fisicamente realizzata del TES (Transit Elevated Bus) prevede l’impiego di una coppia di rotaie poste ai lati della strada, probabilmente anche con la finalità di offrire agli automobilisti un chiaro indizio su dove si troveranno a transitare i due montanti laterali del corpus veicolare, offrendo un chiaro monito a chiunque avesse la tendenza a ritrovarsi a far da muro al torpedone da 21 metri di lunghezza per 7,6 di larghezza (tali la misure del prototipo di Qinhuangdao). E questo non è ancora nulla, a quanto pare: perché nella versione finale del TES saranno previste almeno tre di queste cabine, collegate l’una all’altra come una sorta di treno stradale, ciascuna delle quali in grado di trasportare all’incirca 300 persone. Apparirà chiara, a questo punto, l’importanza teorica che un simile approccio potrebbe avere nel ridurre i radicali liberi del grande organismo metropolitano. Nonché l’effettiva tipologia di mezzo a cui esso appartiene: perché di nient’altro si tratta, a tutti gli effetti, che di un’evoluzione del concetto di tram.

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Disney propone un sistema per la stampa in 3D a colori

Comp Thermoforming

Non più soltanto Pippo e Paperino. Dai laboratori della Disney Research di Zurigo, divisione tecnologica del grande colosso dell’intrattenimento associata al politecnico del capoluogo del cantone omonimo, provengono ogni anno alcune significative invenzioni dalle evidenti potenzialità commerciali, che tuttavia sono così distanti dal quotidiano, e di avveniristica concezione, da ritrovarsi tranquillamente associabili al mondo della scienza pura. Robot che camminano sui muri, algoritmi semplificati per il movimento della stoffa, sistemi virtuali per il calcolo dei castelli di sabbia, approcci alternativi per animare le marionette… Tutto questo presentato al pubblico, spesso durante prestigiose fiere internazionali della tecnologia, con un’assoluto candore e completezza, senza porsi il problema di proteggere la propria proprietà intellettuale, con finalità difficilmente associabili alla mera generazione di un profitto. Eventi come il SIGGRAPH (Special Interest Group on GRAPHics and Interactive Techniques) la cui edizione estiva del 2016 si è appena conclusa presso la città di Anaheim, nell’Orange County californiana, e per la quale Disney ha nuovamente presentato una proposta che si colloca nel campo tanto spesso rivisitato della stampa tridimensionale. Si tratta, essenzialmente, della risposta alla seguente domanda: sarebbe possibile, per un hobbista, una piccola azienda o un dipartimento universitario, creare con semplicità un quantità variabile di oggetti, dalla forma altamente specifica e per di più, in technicolor? Fino ad oggi, la risposta sarebbe stato un chiaro ed immediato “no”. Perché anche con l’attuale semplificazione intercorsa del processo per creare dei prodotti a partire dall’estrusione e/o deposizione della plastica, successivamente al raffreddamento di quest’ultima non è possibile che prevedere una seguente procedura per limare, togliere le parti in eccedenza e quindi, solo successivamente, applicarsi di buona lena con le proprie vernici d’ordinanza. Non per niente, uno degli ambiti in cui l’impiego di simili macchinari ha colpito maggiormente il grande pubblico è la realizzazione di miniature per i giochi da tavolo, per le quali è già previsto, è viene considerato addirittura desiderabile, l’uso diretto del pennello da parte dell’utente finale. Ma un conto è fare le cose per scelta, ed un altro perché non ci sono alternative. Ed una valida soluzione, per chi forse la stava ancora cercando, eccola finalmente qui per noi. Si chiama computational thermoforming, ed ha MOLTO a che vedere con la realizzazione della grafica per film e videogiochi.
È una visione affascinante, che molti siti e blog hanno già definito “magica” per probabile associazione con l’aggettivo che da sempre Disney ama attribuirsi nelle sue campagne di marketing o nel branding ufficiale. Sarebbe del resto difficile negargli simili prerogative, per lo meno in questo specifico, rivoluzionario caso. Su quella che parrebbe essere una scatola di metallo, è posta una stampa di forma pressoché quadrata raffigurante in 2D i soggetti più diversi: un ceppo di legno, un pezzo di pane, la carrozzeria di un’automobilina, la maschera del teatro cinese che raffigura il generale Wei Qi Gong, nume tutelare delle abitazioni. Quindi l’operatore preme un tasto fuori dall’inquadratura, e le immagini sembrano all’improvviso prendere vita, sollevandosi verso l’alto in una ragionevole approssimazione della forma reale di ciò che stavano rappresentando. E non è finita qui: uno sbuffo d’aria, un brusco suono, e subito dopo l’estrusione rientra in parte, aderendo in modo puntuale alla perfetta forma che palesemente era desiderabile allo scopo. Tutto è perfetto e pienamente allineato, la forma con l’immagine, il profilo con la sua profondità. Manca soltanto di chiarire come, effettivamente, un simile fenomeno possa essersi compiuto sotto i nostri spalancati occhi?!

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