Il super-scoiattolo, violaceo gioiello dell’India peninsulare

Fulvomanto fulmine di luce, la forma che si staglia sopra i rami dai colori di un cavallo dipinto, sulla tela di un pittore che reinterpreta il colori, per quanto è possibile, osservando ciò che non può essere bloccato sulla tela. Ma si ferma, molto spesso, eccome! Non appena percepisce un pericolo in prossimità, benché gli risulti assai difficile mimetizzarsi. È lo spettro, più che mai tangibile, del magnifico Ratufa, lo scoiattolo gigante della grande Asia. Non uno qualsiasi, s’intende: questo è infatti un esemplare connotato dalla dicitura latina “indica” che non è, come sarebbe possibile pensare, l’indicazione di un colore che ricordi il blu profondo, anche perché lui è di un marrone rossiccio, talvolta chiaro, se non tende addirittura al viola. Bensì l’aggettivo di un paese, ma che dico il solo ed unico sub-continente, dove il senso ed il significato del concetto di roditore non è sempre subordinato ai gatti. Semplicemente perché una simile creatura, a misurarla col centimetro, raggiunge la lunghezza assai considerevole di 36 centimetri, a cui fa seguito quel mezzo metro di coda. Una stazza conduttiva alla sopravvivenza, questa, con un stile assai diverso da quello dei suoi cugini europei ed americani (ci avevate mai pensato? Non esistono scoiattoli in terra d’Australia) che preferiscono nascondersi, piuttosto che lottare. Laddove l’essere arboricolo del Malabar e dintorni nonostante un ventre e il sotto delle gambe totalmente bianco al fine di confondersi col cielo, se minacciato in maniera evidente, tende a dimostrare un’indole territoriale. E salta. E morde. E graffia se riesce a guadagnarne l’opportunità.
Detto questo, egli vive un’esistenza assai lontana dal potersi definire rilassante, sopratutto visto il tipo di nemici che la natura si è mostrata in grado di riservargli, come l’aquila anatraia indiana (Clanga hastata) o il leopardo indiano (Panthera pardus fusca) entrambi assolutamente in grado di ghermirlo o divorarlo in un singolo boccone. Ma come spesso avviene per le creature commestibili di zone economicamente rurali, il suo avversario principale non può che essere individuato nella fame degli esseri umani, che gli hanno da tempo attribuito la scomoda nomina di un ottimo sapore, inseguendolo con fionde, piccoli archi ed altri implementi validi a colpire un essere nascosto tra i rami. Eppure potrà sembrarvi parecchio strano, ma lo scoiattolo viola non possiede una paura innata della nostra civilizzazione, mostrandosi piuttosto notevolmente propenso ad avvicinarsi agli insediamenti abitati, quando abita in prossimità, e rubare la frutta che cresce nel vostro giardino. Ma in verità vi dico, è possibile portare del rancore a un essere dotato di una simile beltà?

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Il topo nato senza la pazienza di restare congelato

Ci sono individui che, piuttosto di sentire il peso della variabile miriade degli impegni quotidiani, danzano a una tale musica e in qualche proficua maniera, riescono a trarre giovamento da quel senso di essere “importanti” o “utili” a uno scopo superiore. Già, il ritmo. Un principio secondo cui, attraverso una delle più trasversali e rare leggi trasversali della fisica, la giusta vibrazione può riuscire a demolire le montagne. Così vibrano, costoro, e raggiungono uno stato che in qualche maniera definisce i limiti delle proficue circostanze. Senza più fermarsi, baffi coda e tutto il resto, fino all’ultimo dei loro giorni su questa Terra. O acqua che dir si voglia: vi siete mai chiesti, a tal proposito, cosa può permettere di dare un senso a quel sottile spazio, gelido e intangibile, che costituisce la barriera tra i due unici elementi che tendono ad accumularsi sul fondo? Non è solo, o necessariamente, quello stato concesso dall’alto di “esseri anfibi”. Poiché dove manca di assisterci la biologia, può giungere, talvolta, il supremo potere del desiderio.
Ciò hanno visto con i propri stessi occhi, e questo potrebbero riconfermare in modo enfatico, i due pescatori sul ghiaccio russi che, dopo aver scavato un profondo buco sull’involucro non-molto-trasparente di un non meglio definito specchio d’acqua, hanno visto a un tratto fuoriuscire la creatura non più lunga di 7-8 centimetri, più altrettanto per la coda. Ovverosia una palla, con un folto pelo, quattro zampe zig-zaganti, il naso lungo e arcuato come quello di un coboldo in cerca di… Qualcosa. L’unica cosa possibile, per chi possiede un’organismo che vive letteralmente al volgere dei singoli minuti, rischiando ogni giorno di morire se non mangia l’equivalente del proprio peso. Neomys fodiens, toporagno d’acqua eurasiatico, potremmo a questo punto definirlo, se soltanto stesse fermo quel momento necessario per scattargli la foto della patente. Non che abbia bisogno di nessun veicolo, al fine di raggiungere la meta. Perché tutto quello che succede nel corso della vita, dal suo punto di vista, avviene al rallentatore. Siamo onesti: questa è una creatura che può arrivare a contare, nel migliore dei casi, un massimo di tre anni (se non viene divorata prima da uno dei suoi molti predatori) e se in un tale periodo si prendesse anche il tempo necessario per andare in letargo, dormendo tutto il tempo, difficilmente avremmo basi logiche per definire la sua vita… Interessante. Ecco, quindi, la sua soluzione a un simile problema: restringere se stesso ed abbassare le sue aspettative di alimentazione, con il cervello e gli organi che in autunno, perdono almeno un terzo della loro massa complessiva. Nella vaga speranza che la Provvidenza dei topi ed altri piccoli mammiferi, in un frangente particolarmente lieto, gli offra l’occasione di provare il gusto e la felicità dell’abbondanza…

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La creatura inesplicabile che taluni definiscono farfoglia

In molti ricordano l’inizio del celebre film sull’uomo semplice dal cuore gentile e il nome insolito Garret Flynt, grande prova di recitazione da parte dell’attore premio Oscar Tom Eagle, con l’inquadratura che si sposta lieve per seguire i movimenti di una foglia autunnale di quercia trasportata dal vento (nell’edizione DVD si apprende come, originariamente, avessero pensato d’impiegare una piuma bianca). L’oggetto un tempo interconnesso con le alterne vicende di un essere vivente, che ora lo è di nuovo, mediante l’intervento dei capricci imprevedibili dell’atmosfera, che lo portano dapprima verso il marciapiede, quindi su, in alto e infine verso la pensilina dell’autobus presso cui ha luogo, con un rilassante sottofondo musicale, il primo dialogo di questa pellicola dalla portata generazionale. Non tutti però hanno notato tuttavia, dopo la seconda oscillazione dell’oggetto, l’attimo in cui questo sembra muoversi contrariamente a ciò che la fisica vorrebbe, andando in senso totalmente opposto a quello verso cui si sta muovendo la bandiera americana appesa all’ingresso del parco. Un artificio usato, secondo alcuni critici, per far da simbolo ai “molti eventi inaspettati di questa vita” come l’eroico comportamento da parte di Garret durante la guerra in Corea, il suo acquisto di numerose azioni della nascente compagnia informatica Microsoft e la sua lunga pedalata dal confine messicano fino a Washington, per protestare contro le politiche d’immigrazione del governo U.S.A. La tesi che vorrei quest’oggi sostenere, tuttavia, è di un tipo diametralmente opposto: la foglia secca non va in direzione contraria per una specifica scelta autorale. Poiché essa costituiva, di suo conto, l’effetto di un inganno assai più vecchio della fondazione stessa di quel paese. Più antico, addirittura, dell’uomo.
Ora io non saprei dirvi come, nei fatti, un singolo esemplare di Kallima inachus, la farfalla detta “foglia morta di quercia indiana” fosse riuscita ad introdursi sul set di un film occidentale, violando qualche dozzina di norme sul controllo degli animali introdotti e la logica amministrativa di un ecosistema privo d’intromissioni esterne. Fermando tuttavia le immagini ed usando la lente d’ingrandimento su uno schermo sufficientemente ad alta definizione, potrà palesarsi innanzi ai vostri occhi l’effettiva realtà: le sottili venature nerastre che percorrono le quattro ali, dalla punta arcuata e le lunghe code parallele, concepite per ricordare il gambo o “picciolo” che dir si voglia; la natura lievemente riflettente dei piccoli buchi all’apparenza lasciati dalle uova d’insetto o altri parassiti, in realtà spazi occupati totalmente dallo ialino, la sostanza trasparente capace di ornare le ali dei lepidotteri; ma soprattutto, le coppia di prominenti quanto vistose antenne, facilmente mimetizzate dalla vivace colorazione del fondale.
E sarebbe facile, in considerazione di questo, approcciarsi alla strana intrusa come una “rappresentazione vivente dell’incertezza etc. etc.” laddove io preferirei qui sostenere la tesi che gli eventi talvolta avvengono, anche nell’universo attentamente controllato del cinema, senza la benché minima ragione ulteriore. Non era forse proprio questo, il messaggio di
Garret Flynt?

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L’arma segreta dei gelada, scimmie leonine dal cuore di fuoco

“Creature pacifiche e vegetariane, non attaccano l’uomo” Mi avevano detto. E allora perché questo presunto Gandhi del regno animale mi sta guardando adesso da sotto le sue sopracciglia sporgenti, lo spettacolare manto color ocra che oscilla nel vento assieme alla criniera, contrastante rispetto al vistoso emblema rossastro nel centro esatto del petto… Per poi sollevare, un poco alla volta, le grosse labbra e scoprire la tonalità quasi fluorescente delle gengive, da cui scaturiscono due paia di zanne degne del mostro cinematografico Alien? E perché mi gira attorno col suo intero gruppo di caccia, dalla caratteristica andatura gobbuta e saltellante, le code arcuate dal folto ciuffo, niente affatto dissimili da quelle del prototipico sovrano della foresta?
La caratteristica fondamentale del comando è che ti cambia, trasformando il tuo carattere a seconda della quantità di potere a cui il caso, la fortuna o i meriti individuali ti hanno permesso di accedere direttamente. Un processo che può richiedere giorni, settimane o mesi. E che dire invece di ha il possesso di un tale ruolo da qualche letterale milione di anni… Cosa può succedere al suo codice genetico, e in conseguenza di ciò ai tratti somatici e biologici della sua impressionante presenza? Colui/colei (esistono diverse interpretazioni) che domina sopra l’intero territorio dell’Acrocoro Etiopico, regione di altopiani che costituisce la più fertile, temperata e climaticamente benevola dell’intero Corno d’Africa, dove nessuno muore di stenti e di fame. A meno che sia stato il re, a decretarlo. Perché naturalmente, anche all’interno delle società non-umane può esistere un complesso sistema di gerarchie, fondate sull’accesso a determinati privilegi, tra cui quelli più importante, sopravvivenza e riproduzione. Questo stesso concetto del maschio alfa trova un’interpretazione assai particolare tra i Theropithecus gelada, comunemente detti babbuini di montagna, in cui un singolo branco, di 30 o 40 esemplari in media, può averne uno per ciascuna “unità riproduttiva” (OMU – One Male Unit) oppure diversi che cooperano nella banda di soli uomini (AMU – All Male Unit) perennemente intenta a spodestare le altrui dinastie, per accedere al prezioso harem che troppo a lungo hanno avuto l’ardore di gestire in autonomia. Ciò che desta da lungo tempo l’attenzione degli etologi, tuttavia, è che molto spesso in simili confronti non sia la forza dell’individuo in cerca di casa e famiglia a determinare la direzione dell’ago della bilancia, bensì quella del presunto premio della tenzone, ovvero la femmina più forte col suo intero entourage, capace d’intervenire personalmente per assistere a morsi, oppur bloccare sul nascere, le altrui aspirazioni di gloria. In queste drammatiche lotte che proseguono talvolta al di là di svariate albe e successivi tramonti, con grande sfoggio di superiorità dentistica e ruggiti impressionanti, benché sia fortunatamente alquanto raro che i maschi arrivino a ferirsi a vicenda, contrariamente a quanto accade con altre specie di babbuini. Per non parlar del secondo per dimensioni, e in assoluto il più spietato, tra tutti i primati di questa Terra…

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