Attorno all’inizio del XVII secolo, l’utilizzo intensivo della polvere da sparo aveva ormai trasformato profondamente la condotta delle armate sui campi di battaglia. Al punto che un conflitto non veniva quasi mai risolto dallo scontro a viso aperto tra gli schieramenti, quanto piuttosto in base all’efficienza dei loro treni di approvvigionamento, durante il lungo e inevitabile protrarsi degli assedi. L’inevitabile corsa agli armamenti, iniziata con l’introduzione in Europa dell’artiglieria portatile nelle armate d’Inghilterra e Svezia, quindi proseguita con il progressivo miglioramento delle fortificazioni a partire dal contesto ultra-conflittuale dei domìni in cui era suddivisa l’Italia, aveva dato luogo al paradosso di un organizzato manipolo di guardie, diventate capaci di arrestare l’avanzata di un’intera nazione. Fu dunque con lo sguardo rivolto a meridione, e ispirandosi agli scritti e le teorie di Machiavelli nella sua accezione di commentatore all’assalto di Carlo VIII al regno di Napoli, che lo statolder Guglielmo I d’Orange, conte di Nassau, decise di reagire al tradimento del suo pari George van Lalaing, signore feudale di Rennenberg. Il quale nel 1580 aveva deciso di schierarsi a fianco del nemico alimentando la causa del tirannico impero spagnolo, titolare di numerosi accordi economici e diritti di predominio sulla costa settentrionale del continente. Una scelta in cui purtroppo era stato seguìto dall’intera città di Groninga negli odierni Paesi Bassi, da cui osteggiava e ostacolava la giusta rivolta. Ma l’effettiva configurazione paesaggistica delle Sette Province, all’epoca, era sostanzialmente differente da quella attuale e pur potendo fare affidamento su opere di drenaggio e controllo idrico avanzate per la loro epoca, gli Olandesi dovevano fare ogni giorno i conti con un territorio di paludi, frequenti ruscelli ed ostacoli di altra natura, al punto che le strade per interconnettere i diversi centri abitati erano numericamente limitate e strategicamente fondamentali. Da qui l’idea, coinvolgendo il sindaco di Alkmaar e l’ingegnere Adriaan Anthoniszoon, di bloccare l’accesso alla nuova roccaforte iberica mediante la costruzione di una fortezza sulla strada che la collegava alle lande di Germania ad appena 40 Km dalle mura cittadine, in base ai raffinati ed efficaci crismi del cosiddetto “assedio moderno”. Un insediamento militare, in altri termini, configurato sulla pianta di un pentagono, al fine di minimizzare i punti ciechi dei suoi archi di tiro, scoraggiando e al tempo stesso rendendo particolarmente ostica l’ipotesi di assaltare le sue basse, ma solide mura. Così nacque Bourtange, il nome tratto dalla parola in lingua locale tange (banco di sabbia) e non ci volle molto perché un’armata fermamente intenzionata a cancellarne l’esistenza, proveniente dal centro urbano antistante. Ciò che seguì, fu il proverbiale scontro tra una forza inarrestabile e la comprovata volontà di una guarnigione inamovibile, destinato a costituire un nuovo esempio in base a cui sarebbero state riviste totalmente le legittime teorie d’assedio in quella che sarebbe in seguito diventata la lunga rivolta olandese, o guerra degli ottant’anni…
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Il parere dei ciclisti di Amsterdam sui due nuovi parcheggi subacquei della capitale
La praticità situazionale del principale veicolo a due ruote spinto dalla propulsione muscolare tende ad essere generalmente sottovalutata, nella maggior parte delle città e nazioni di buona parte del mondo. Ciò per l’effettiva necessità di caratteristiche infrastrutturali imprescindibili, quali una precisa disposizione delle strade, l’assenza dei dislivelli evitabili e soprattutto, l’abitudine degli automobilisti a distogliere lo sguardo da ogni utilizzatore della strada che utilizza meno di un’intera corsia. Non così, come sappiamo molto bene, l’Olanda, benché si tratti di una contingenza motivata in larga parte da fattori di contesto, quali la dislocazione in pianura dei propri più celebri centri urbani, oltre alla loro relativa piccolezza in termini d’estensione, tale da garantire l’appropriata possibilità di giungere a ogni angolo mediante l’uso della propria pedalata nel giro di una ragionevole quantità di minuti. Il che conduce al tipo d’idillio in termini teorici, di una città del tutto priva di chiassoso traffico, ingorghi inquinanti e spazi dedicato all’uso esclusivo degli automobilisti, rendendo la deambulazione priva di veicoli esponenzialmente più complicata. Chiunque creda che un simile stile dei trasporti personali sia del tutto privo di problematiche implicazioni, tuttavia, non si è ancora trovato a considerare come persino la migliore delle cose, in quantità eccessiva, possa tendere a creare situazioni imprevedibili, talvolta all’origine di un calo drastico della qualità e il decoro della nostra comunitaria esistenza. Vedi l’affollamento alla rinfusa, caotico e disordinato, del tipico parcheggio ciclistico di questi luoghi, una distesa a cielo aperto dove rastrelliere senza fine vedono il formale susseguirsi di una quantità impossibile da contare di biciclette, tra l’occasionale mucchi di rottami e l’accumulo di sporcizia che tende inevitabilmente a conseguirne. Particolarmente, come spesso capita, in prossimità del centro cittadino e la storica Centraal station di Amsterdam, progettata nel 1889 dall’architetto Pierre Cuypers con il fine dichiarato di ricordare vagamente una cattedrale. Struttura magnifica il cui necessario ma sgradito contrappunto è stato, per gli ultimi 22 anni, il cosiddetto fietsflat, una struttura di tre piani sopra il margine del fronte-IJ, bacino/lago artificiale che si trova innanzi alla rinomata capitale olandese. Una soluzione, oggettivamente antiestetica, proposta inizialmente come temporanea e che doveva durare soltanto fino al 2004, finché non ci si rese conto che le alternative non erano ancora in alcun modo pronte all’implementazione, né risultava possibile tornare allo stato dei fatti precedenti, di una sostanziale anarchia in cui i velocipedi si affollavano attorno a ogni lampione, cartello o altro arredo cittadino delle immediate vicinanze. Da qui l’idea, messa in opera nel corso degli ultimi 4 anni, per la costruzione di una nuova serie di due aree adibite allo stesso utilizzo, nella prima fase appena completata, dotate di un totale di spazi per la sosta pari a 11.000 di questi versatili mezzi di trasporto, sfruttando spazi che nessuno in città avrebbe mai pensato neppure di avere. Fino all’inaugurazione, tenutasi verso la fine dello scorso gennaio, del notevole Fietsenstalling Stationsplein (letteralmente “Stalla per Biciclette nella Piazza della Stazione”) opera dello studio architettonico Wurck con i suoi 4.000 posti a disposizione, un intrigante sotterraneo ricavato dalla fondale dello stesso specchio riflettente dello IJ, preventivamente drenato e scavato in profondità, prima di essere attentamente incapsulato tramite l’impiego di mura a rigorosa ed auspicabile tenuta stagna. Operazione progettuale ampiamente trattata a suo tempo dai telegiornali e notiziari di mezzo mondo (quando mai si era visto nulla di simile?) laddove l’altrettanto significativa controparte situata sul confine esterno dello IJboulevard, aperta soltanto a partire dall’altro ieri, non parrebbe aver suscitato lo stesso livello d’interesse internazionale. Quale migliore occasione dunque, per visitare virtualmente questi due luoghi, valutando l’opinione che parrebbero averne i loro principali utilizzatori futuri…
L’approdo abitativo di un palazzo sospeso tra la terra e il mare d’Olanda
Quasi tutte le città del mondo hanno un carattere distintivo e non ci sono particolari dubbi su quale possa essere quello maggiormente attribuibile alla capitale olandese di Amsterdam, un luogo in cui le acque parzialmente salmastre dei canali entrano a far parte dello schema urbanistico vigente, a punto da influenzare e modificare il concetto stesso di un sostrato abitativo condiviso. Così che la tipica casa locale, alta e stretta, assume talvolta le proporzioni di una torre magica con scale anguste che si avvolgono su loro stesse, mentre la facciata pende lievemente in avanti, permettendo agli abitanti dell’ultimo piano di estendere il caratteristico gancio, utile a sollevare carichi da barche o chiatte nel punto d’approdo antistante. Me se le imbarcazioni in questione, sembra chiederci coi gesti l’ultima grande creazione dello studio BIG di Copenaghen, assieme ai locali Barcode Architects con sede a Rotterdam, invece di fermarsi fuori dalle mura proseguirono fino al di sotto di esse ed oltre i confini abitabili dell’edificio? Penetrando, in questo modo, in uno spazio geometrico attentamente calibrato per donare un qualche tipo di significato ulteriore alla particolare contingenza di coloro che si trovano all’interno… Privilegiati, senza dubbio (visto il prezzo di un appartamento) ma anche parte inerente di quel flusso pervasivo che caratterizza ed in qualche modo connota il senso stesso di un simile luogo interessante. Poiché a poco serve, un’arnia, senza il costante ronzio di coloro che vi producono il dorato “miele” all’interno. Dolce quanto l’esistenza di coloro che hanno già deciso, e gli altri che li seguiranno, di entrare a far parte del primo condominio di 442 appartamenti di cui una buona metà posizionati, per qualche piccolo ma significativo metro, oltre il confine calpestabile d’Europa. E sopra il grande lago artificiale noto come IJsselmeer o più brevemente IJ, costruito nel 1932 a partire dalla foce del fiume da cui prende il nome, prima che il mare interno dello Zuiderzee progressivamente drenato e fatto ritirare dalle terre reclamate d’Olanda.
Opere d’ingegneria pubblica e incapsulamento delle risorse idriche anch’esse tanto rappresentative dell’estrema competenza nazionale in materia, così come il vasto polo abitativo costituito da Amsterdam e Rotterdam è diventato, nel corso delle ultime decadi, un punto di riferimento per l’architettura post-modernista dell’intero società globalizzata di cui siamo parte. Per creazioni come questa dello Sluishuis (letter. “il cancello delle acque”) che si erge a partire dalla metà dello scorso anno per 49.000 metri quadri tra la zona di IJburg e il centro cittadino, con l’ulteriore utile apporto di 234 parcheggi sotterranei e 88 posti per le barche tra dimore galleggianti e yacht di varie dimensioni. Ma anche la notevole presenza di estensivi e giardini pensili sui propri tetti, raggiungibili mediante un percorso ascendente affine ad una vera e propria passeggiata panoramica tra il mondo umano e quello dell’iperborea e parzialmente acquatica natura antistante. Qualcosa di raramente visto altrove, e certamente non in questi termini alquanto impossibili da riprodurre nell’assenza di collocazioni paesaggistiche adeguate…
L’ottimo coniglio delle dimensioni di un cane di taglia media
È il punto della fiaba stessa questa cognizione di primaria importanza, secondo cui un lupo vestito da agnello resta pur sempre questo, prima di ogni altra cosa: il divoratore di ogni essere dotato della stessa candida apparenza. Innocente, priva di speciali caratteristiche, tranne quella di costituire un pregiato ausilio alla sopravvivenza di coloro che hanno abbandonato la pietà lungo il trascorrere delle passate generazioni. Ma che dire, invece, della congiunzione opposta di concetti? Una preda nella forma esteriore… Di qualcosa di monumentale. Come un autotreno in proporzione, oppure un transatlantico che supera di almeno due o tre volte il suo nemico pubblico numero 1, la creatura che troviamo al dizionario enciclopedico sotto la voce “volpe”. Ma non potrà che essere istintivamente spaventata, di fronte all’imponenza straordinaria della razza di conigli originaria dell’Olanda, il “Gigante” cosiddetto, “delle FIandre”. Wow! Ventidue chilogrammi per un metro e mezzo di lunghezza, che non sono le misure della terra smossa e del cunicolo in cui abita, poiché assai semplicemente non e solito scavarne alcuno. Essendo questo animaletto il tipico e perfetto esempio di creatura originatosi da sensibilità ed attenzioni umane, ovvero in altri termini allevata lungo almeno un secolo, massimizzando le caratteristiche desiderabili che aveva sempre posseduto in potenza. E fino a un punto in grado di rasentare la perfezione, visto come attorno alla metà del XVI secolo simili creature avessero iniziato a presentarsi sul mercato del settore accompagnate dalla dicitura di “animale da fattoria definitivo” perfetto sia per la produzione della carne che pellicce a buon mercato. Nonché, è importante sottolinearlo, fare compagnia a padroni più magnanimi ed i loro futuri eredi. Dal punto di vista del carattere in effetti questa razza sovradimensionata di lagomorfo, chiaramente appartenente alla specie del coniglio domestico europeo Oryctolagus cuniculus, è stato descritto come un adorabile titano particolarmente rilassato, ancor più tranquillo e cordiale dei suoi tradizionali cuginetti, perfetto da accarezzare, accudire ed apprezzare come la più prossima analogia vivente di protagonista di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll oppure Peter Rabbit, il personaggio antropomorfo creato dalla scrittrice britannica Beatrix Potter. Senza escludere d’altronde i molti estimatori di età adulta, che hanno reso nel corso delle ultime decadi questa particolare varietà come una di quelle maggiormente apprezzate negli Stati Uniti, con numerosi eventi e concorsi mirati a confermare e rafforzare lo standard di allevamento per una razza dalle caratteristiche così fuori dal comune. Sotto ogni punto di vista e possibile aspetto degni di essere evidenziati…