Un labirinto per cani

Dog Food Maze

Per chiunque abbia un labrador. Conosca un levriero. Possegga un boxer, un terrier, un pastore tedesco. Detenga un bassotto e/o il titanico alano: adesso basta abbuffate! Tauromachia, questa è la via. Salite a bordo e saprete la strada.
Atene la grande, la splendida, città sapiente, democratica, barbagliante della luce dei templi. I suoi filosofi misurarono la circonferenza del globo terracqueo mentre, con vele spiegate, triremi solcavano il mare dell’ignoranza. Un bastione d’umane conquiste, all’ombra munifica del Partenone. Ma non fu sempre così. Le nebbie cancellano i mali commessi dagli antenati. Un tempo l’odiato Minosse, signore di cave cretesi, quella città la dominava da fuori, con pugno di ferro e una grave paura. Non per la forza dei comuni soldati, anzi. Tutti temevano l’appetito del suo figliastro esecrato, l’orribile testa-di-Minotauro. Era infatti l’usanza, vera barbarie, che sette figli e sette figlie ateniesi, vestiti di zelo, dovessero partire ogni anno. Per andare a convito del Toro, ma non come ospiti: erano il pasto. Ed a tal punto il pavido Egeo, re dei greci, era disposto ad assecondare il suo antesignano mediterraneo e cornuto, con il suo figlio altrettanto cornuto, che l’orco-demonio aveva un problema: era troppo vorace. Nel giro di un’ora, spolpava i fanciulli, e poi sgranocchiava le vergini, come fossero biscotti per cani. Questa storia è l’origine di un Labirinto. Ce ne furono molti, ma questo è il primo. Vedremo mai l’ultimo? Eccone uno. È un dedalo-bau.
Abbiamo sopportato troppo a lungo la cattiva abitudine del nostro fido animale, ad ingozzarsi, e trangugiare quel pasto che doveva durargli per qualche minuto, almeno. I migliori amici dell’uomo sono così: non assaporano. A lanciargli un boccone, paiono prestigiatori. Forse come retaggio dell’ancestrale stato brado, di quando cacciavano e raccoglievano i pasti, posti di fronte alla ciotola, i cani diventano degli aspirapolveri del croccantino. E questo è un problema, va da se. Ci sono Fido che soffrono di mal di stomaco, persino di depressione, per la cattiva abitudine di cui sopra. Finché non si fanno Teseo, per scelta del proprio padrone.

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I due draghi marini della Baja California

Oarfish

Parola di Giobbe: “Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più superbe.” Che fine ha fatto il signore dei serpenti marini? Al volgere del ciclo dei millenni, la ruota dell’evoluzione batte contro le creature dalle dimensioni troppo grandi. Stridendo annienta i mostri, abrade le altere maestà. Un tale mulino ruota per l’effetto cosmico di venti senza posa, che portano a disperdersi le polveri dei regni decaduti. Guardiamoci intorno, suvvia: non delle poderose proto-scimmie è stata questa Terra, ma degli ominidi che seppero assemblare aratri, frecce o spade. Con mani affusolate, molti neuroni e decisamente meno muscoli o per lo meno: un equilibrio tra le parti. E discendendo ancora in questo abisso di epoche lontane, il tirannosauro venne sorpassato da pidocchi e topolini, giusto mentre il quetzalcoatlus laciava il passo ai passeri di antiche primavere. 100, 1000 per ciascuna impressionante serpe alata. Le moltitudini fameliche, per quanto deboli individualmente, vincono da sempre sui giganti. Questo, ad ogni modo, non  li rende meno spaventosi.
La data è il 7 aprile scorso, il luogo: una non meglio definita località della penisola della Bassa California. Canoe gialle solcano le onde, mentre adulti avventurosi, telecamere alla mano, cercano l’avvistamento più notevole della giornata. Sono i partecipanti a un’escursione naturalistica organizzata dal celebre Shedd Acquarium di Chicago, che li ha portati all’altro capo degli Stati Uniti, insieme a un team di esperti etologi per far da guida. Quella mattina, ancora non sapevano la loro buona sorte. Sull’inizio del video, infatti, la combriccola scorge due ombre sinuose tra le acque basse della costa. Sono lunghe circa cinque metri l’una, hanno una testa affusolata con un vistoso ciuffo rosso, la lunga pinna mobile che gli percorre tutto il dorso. Si tratta di una coppia di rari regalecidae, giunti fino a riva, probabilmente, solamente per morire. Oppure, come da credenza popolare, per l’incipienza di un pesante sisma. Stupida superstizione! Sarà stato solamente un caso, se pochi giorni prima c’era stato il terremoto ad Orange County.

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Il primo aerostato per fare l’elettricità

Altaeros BAT

Trecento metri sopra le distese innevate dell’Alaska, in controluce, potreste presto scorgere il più atipico degli UFO costruiti dalla mano umana. Come un settuplice bagel pieno di prosciutto, con tre pinne ad ipsilon, una turbina e un’elica racchiusa nel suo centro, ricorderebbe quasi un dirigibile bucato. Se soltanto fosse utile a spostarsi. Ma quella cosa resta immobile nel cielo, perché gettando al sua ombra, vegeta, letteralmente. Il curioso dispositivo, in effetti, è stato pensato per fare del respiro planetario un alleato, la trasparente clorofilla dell’umanità. La sua storia è interessante. La Altaeros Engineering, in qualità di compagnia produttrice, l’ha collegato al suolo con un cavo percorso da due tipi di tensione: quella strutturale, frutto dell’ancoramento all’automezzo di supporto, e nel contempo il fluido del voltaico demone dell’elettricità. Giusto ciò che normalmente serve ad Eolo, verso l’ora del caffé, per accendere i fornelli mattutini. L’avevate già vista? È l’unica ciambella rinnovabile di questo mondo, in barba al dio Vulcano ed al fornaio stesso dei titani. Destinata al mondo dell’empireo, verso l’Olimpo dei generatori più gentili con l’ecologia. Una fibra di sostentamento per noi tutti. Esclusi uccelli disattenti, che volano nel turbine del frullatore.
Sistemi e meccanismi sostengono la macchina complessa che si chiama società moderna. Sono, tali orpelli, fin troppo facili da dare per scontati, come ci si rende conto in occasione di un blackout. Per non parlare di emergenze prolungate, vedi terremoti, eruzioni e inondazioni. Alle difficoltà civili ed alle gravi conseguenze sulla popolazione, si aggiunge infatti quel problema, niente affatto trascurabile, del come riaccendere la luce tecnologica della speranza. Il riscaldamento, il frigorifero, il bagliore di una lampadina nel crepuscolo. Tutte cose che può far funzionare, con facilità, la leggiadra turbina di cui sopra, detta BAT (Buoyant Airborne Turbine). Acronimo magari scelto…Perché incombe silenziosamente nella notte. Oppure, chi lo sa, perché suonava bene, come gli striduli infrasuoni del chirottero volante, spesso disturbato dalle pale dei generatori.

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Guerre Stellari divampano dall’organo di Wurlitzer

Wurlitzer Star Wars

Le grandi opere nascono dal nucleo di un’idea, quindi bruciano l’idrogeno e i metalli, il neon, lo zolfo e le sostanze dello spazio siderale. Crescono all’inverosimile tra fulmini e lapilli, vortici di fuoco che diventano giganti rosse o quasar. A volte, invece, buchi senza fondo. La musica è così del resto…Lo sono molte cose, anche le stelle. 6900 anni prima della distruzione della Morte Nera, i Jedi affini al lato oscuro della Forza, come involontari pellegrini, giunsero tra i freddi canyon del pianeta Korriban, tra belve infernali e i resti di un’antica civiltà. In esilio prosperarono, forti ed immortali, raggiungendo quasi la divinità. Ma corrotti da un’antica forma di stregoneria, scelsero un appellativo foriero di disgrazie. Quei vermigli Sith, tiranni del futuro e del passato, vendicativi; rovesciando la Repubblica della galassia di George Lucas, inseguirono una fine senza gloria. Sulle note orchestrali di John Williams, oltre al suono elettrico di molte spade laser.
Lo strumento musicale più possente del mondo, al giorno d’oggi, sarebbe alquanto deludente. Un tablet collegato ad un computer, quindi all’amplificatore, che riversa il campo elettrico sonorizzato, ad esempio, dagli altoparlanti posti su di un palco, note alte oppure basse, sempre tutte quante aggrovigliate da un attento manipolatore. Ed è difficile capire, se questo sia lo zenit di quell’arte, oppure il nadir più profondo, degenerazione di un’epoca più nobile, in cui il musicista usava il gesto, non il trucco digitale. Molto prima del DJ, dei mixer o della pistola blaster, c’erano strumenti armonici eleganti. Talmente “limitati” che, ohibò! Per trarne una sinfonia ce ne volevano dozzine: ottoni, flauti, corni e trombe dentro ad una fossa. Arpe, timpani e sassofoni, innanzi al pubblico rapito. Magari pure un pianoforte, e poi su tutti, a comandare, il gesto ipnotico di una bacchetta, strumento del potere, la verga dell’esercito dei cloni. Talmente piacque, tale configurazione, che ancora è in uso nei teatri più famosi.
Però non tutti e soprattutto, non questo: perché il Sanfilippo Theatre, presso la città di Barrington, Illinois, tiene l’Organo di Wurlitzer #1571.

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