Guardare verso l’alto: un gesto che facciamo tutti i giorni, per una miriade di ragioni, quasi sempre di natura auditiva. Forse si è sentito il distante rombo di un tuono, magari il volo starnazzante di un uccello. È anche possibile che un rombo artificiale, ovvero la combustione di un ettolitro di carburante, stesse facendo da pacere tra il vuoto celeste e la pesante essenza di un velivolo artificiale, l’ennesima gabbia di metallo in grado di sfidare il rischio della gravità. Possibile? La tecnologia degli uomini può fare molte cose. Ma non è invero, nulla… Al confronto dell’energia fenomenologica della natura. Possiamo anche ricevere con vaga preoccupazione, ascoltando la radio e/o la televisione, la notizia di un incipiente fronte di bassa pressione, l’araldo climatico del concetto di paura. Non è difficile, da possibili sassetti sopra il suo percorso, fingere-di-comprendere la pericolosa contingenza di fattori, punto d’origine per due minuti, forse venti di pioggia incontrollabile o venti che sferzano il terreno a una velocità di oltre 25 metri al secondo (circa 100 Km/h, il limite oltre il quale una tempesta viene considerata “seria” dagli enti meteorologici statunitensi). Che vuoi che sia, giuso il ritmo di un’automobile sulle lunghe strisce asfaltate interstatali. Peccato che la massa d’acqua e di vapore che noi definiamo nube, l’alto miraggio di un castello sopra il vuoto, abbia un peso medio stimato di centinaia e centinaia di elefanti, tante tonnellate quante sono le propaggini della sua forma frastagliata. E c’è chi vorrebbe metterla su schermo, sperando che sia resa almeno in parte la maestà di quella cosa! Si può fare (tutto si può fare) però ecco, occorre coltivare approcci tecnici e soluzioniassai particolari.
Questo video è fatto con le riprese in alta definizione ed accelerate di due scenografiche bufere nord-americane, la prima nata attorno a Kearney nello stato medio-occidentale del Nebraska e poi andata a dissolversi presso Grand Island, la seconda concentrata sulla cittadina di Burwell, nella Garfield County dello stesso stato; entrambe verificatosi il 16 giugno del 2014, a una distanza approssimativa di 144 Km l’una dall’altra. Eppure riprese dalle telecamere di una persona sola: Ryan McGinnis, fotografo e cacciatore di tempeste. La sequenza è di fatto un crescendo montato ad arte, in cui l’assembramento di nubi sopra i campi delle Grandi Pianure si sposta alla maniera di un gregge spropositato, poi pare assembrarsi, sul segnale di un cane da pastore invisibile ed immortale, in un’unica massa indistinta, grigia e carica d’umida aspettativa.
Se la storia finisse a questo punto, come tanto di frequente avviene qui da noi in Europa (e per fortuna, aggiungerei) verrebbe da chiedersi perché guidare tanto a lungo, consumare benzina e spazio sui propri hard disk che un tempo sarebbero state pellicole, per uno sguardo grandangolare verso un fenomeno tanto incolore. Ma il Pianeta, seppur uno, non è certo bidimensionale quanto quelli che compaiono sui libri e film di fantascienza. Mondo desertico, mondo ghiacciato? Magma lavico ed oceani sconfinati! Tutto in uno, per chi vive da una parte oppure l’altra dell’azzurro spazio globulare. Quindi è allora, soprattutto, che prende a scatenarsi la furia leggendaria della sconvolgente supercella, l’unione tra un temporale e un mesociclone qui tanto ben rappresentato.