Il pane russo senza carboidrati, né paura

Pane senza carboidrati

oggetto: #578345 / Tipologia: alimento in confezione da supermercato ; procedure di contenimento: l’oggetto sarà tenuto all’interno di una dispensa cubica rivestita in piombo e magnetite, di almeno sette metri di lunghezza. La superficie dell’area dovrà essere perfettamente liscia ed uniforme, con l’unica uscita di una porta blindata, spessa un minimo di 75 (settantacinque) centimetri e conforme alle specifiche di sicurezza di un caveaux di banca. Ogni interazione con l’oggetto verso l’ora di pranzo e cena, specie se a stomaco vuoto, viene fortemente sconsigliata.
Descrizione: l’oggetto #578345 si presenta nell’aspetto di una forma di pane in cassetta, contenuta all’interno di un involucro di plastica trasparente. Un’etichetta variopinta. di natura apparentemente pubblicitaria e non dissimile da quella presente sui barattoli di marmellata, riporta la dicitura “Facilmente digeribile, estremamente delizioso! (punto esclamativo)”. Secondo stime effettuate, lo sologan potrebbe essere falso. Se sollevato da terra, l’oggetto si dimostra stranamente pesante rispetto alle sue dimensioni, benché soffice e piuttosto malleabile. Analisi spettrografiche, effettuate a distanza di sicurezza, hanno rilevato la presenta di antimateria nel nucleo dell’oggetto. Nel 20**, sotto la supervisione dell’ex dipendente Dr. Dimitry G******, si è tentato di studiarne la composizione. Tutti i tentativi di accedere al di sotto della scorza esterna, mediante l’utilizzo di coltelli molecolari, raggi laser o trapani diamantati non hanno ottenuto alcun effetto degno di nota. Se attaccata, la forma di pane si dimostra cedevole, ma non friabile. Nel giro di pochi secondi, qualunque accenno di deformazione torna allo stadio precedente di assoluta regolarità.  La composizione chimica dell’oggetto lo rende potenzialmente commestibile, benché gli effetti sull’organismo umano di una simile anomalia, secondo gli studi effettuati, sarebbero probabilmente deleteri.
201* aprile, 2 – Appendice #1 , incidente #1: ALLARME, la sicurezza della stanza di contenimento #578345 è stata violata da un ex dipendente dell’installazione, Dr. Dimitry G******. L’oggetto è stato trafugato. L’effrazione, portata avanti con dell’esplosivo, ha danneggiato le pareti del corridoio sotterraneo n° 351. Si consigliano verifiche strutturali delle stanze #578344 e #578346. Le squadre di recupero sono già state allertate. Coincidentalmente, a seguito dell’evento è scomparso anche un inserviente di laboratorio, tale Mr. G**** NB: l’agente abusivo, o i suoi collaboratori, potrebbero aver mangiato il pane. Si ripete: POTREBBERO AVER GIÀ MANGIATO IL PANE.

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Koala, l’animale che trasmette il Suono

Dialogo dei koala

Le ginocchia anteriori, se si possono in tal modo definire, o per meglio dire le articolazioni, dell’ensifero, l’insetto salterino. Che si flettono e con esse anche le tue, mentre trasporti fra le mani la perfetta equivalenza di una piccola campana di cristallo. Trasparente, che riecheggia, fatta in plastica e con sotto un foglio di giornale? Cos’è questa nota fastidiosa? CRI-CRI-CRI-CRI-CREEK-cri-cri-cri…La ridondanza reiterata, di un “batacchio” con sei zampe e ben due antenne, preso per bisogno nel bicchiere, solamente per condurlo fuori casa; il suo canto che rimbalza, da ginocchia dell’artropode (sede proprio, guarda caso, dei suoi organi auditivi) e i fori che si trovano sui lati della propria testa umana. Salta, bestia musicale, e canta. Mentre apriamo questi…
Grandi Padiglioni. Strumenti per l’acquisizione del sapere, sede di un senso nobile, quasi come l’occhio che può de.codi-ficare l’energia fotonica dell’Universo stesso. Per vedere, chiaramente, la natura fisica della realtà. Come un prisma che scompone, soavemente, il raggio mattutino dell’aurora, nel settuplice bagliore dell’arcobaleno; così è l’animale. Col suo verso che ha funzioni spesso varie, nasce da organismi fonatòri di ogni foggia e dimensioni. Eppure rende zampillante, nella sua forma maggiormente pura, l’unico e mirabile Messaggio, ancora e ancora e ancora – Si, ci sono, ci sono ancora, si cisonoancora. Splendono le stelle. Scorre l’acqua di una simile presenza. Dal passero fin troppo solitario, verso aprile, poco prima di trovare la pulzella pigolante. Poi dai becchi di quell’affamata prole, frutto della sospirata unione, per sollecitare un beneamato portatore dell’avanzo di panino, la briciola della giornata. Come il grillo di cui sopra, alla stagione degli amori. Per non parlare dell’orsetto dell’Australia, il caro e piccolo Koala.
Chissà quale arcano accenno di linguaggio, che oscura formula di comunicazione, stavano adottando questi criptici e pasciuti marsupiali. Che seduti ben composti, sopra l’erba di un ventoso prato, si sussurrano i segreti. I grandi musi neri spinti l’uno contro l’altro, coi ciuffetti delle orecchie ben divisi, onde meglio discernere la piazzata della controparte. Epiglottidi vibranti d’entusiasmo, mistico e profondo. Parte qualche accenno di zampata, mentre l’uno, poi l’altro, tenta di spuntarla nella discussione. Ma nessuno si allontana, come per l’effetto di una foza misteriosa. Convitati di una cabala spirituale: i fascolarti non conoscono misantropia. E faticosamente, uno scambio sopra l’altro, tornano alla stasi soddisfatta di chi ha detto tutto quello che doveva. Sulla cima dell’abero dell’eukalypto, da qui scaturisce un senso collettivo di soddisfazione. Chissà che non fosse, in fin dei conti, proprio questa l’intenzione.

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Giostre impossibili da cui non scenderesti mai

Centrifuge Brain Project

Non voglio mica la Luna. Ma soltanto un Parco, in cui girare su me stesso, ribaltarmi, accelerare fino all’àpice dell’universo stesso. Potrei quasi morirne, estasiato. Nel famoso cortometraggio visionario pubblicato dalla Kurz Film Agentur di Amburgo, The Centrifuge Brain Project, si va ben oltre i limiti di ciò che possa effettivamente essere affrontato, senza gravi conseguenze, dalle cedevoli e utilissime interiora dell’uomo. Mettendo alla prova, addirittura, i villi di materia grigia che contengono la sua immaginazione. Che cuore gonfio d’entusiasmo, quale polmone che trattiene il fiato per la suspence, dov’è il fegato spappolato dalla gioia? La realtà è diversa, grigia quanto la materia stessa. Tutta l’azione si svolgeva infatti nella mente, e nei computer, Till Nowak, regista, ideatore, produttore, tecnico delle riprese, addetto agli effetti speciali e chi ne ha d’altro, venga innanzi. Si, se non fosse ancora chiaro, siamo nel mondo fai-da-te del piccolo cinema d’avanguardia, in cui la tecnica viene subordinata allo splendido valore delle idee. Talvolta, certo, mica sempre. Le macchine scuotivento progettate per il qui presente capolavoro, piuttosto, sembravano praticamente vere. Nonché quasi leonardesche nell’impostazione. Merito non soltanto delle modalità con cui avevano trovato genesi, delle ore e i giorni trascorsi sui programmi tridimensionali e Adobe AfterEffects. Bensì soprattutto del modo impreciso, quasi accidentale, con cui compaiono in riprese all’apparenza amatoriali. Come nel fruttuoso film The Blair Witch Project (1999), tra i primi fenomeni virali internettiani, brevi spezzoni di quest’opera creativa potrebbero facilmente, una volta estrapolati dal contesto, passare per l’orrenda e candida realtà. Anzi, è già successo varie volte.
C’è una storia, se proprio vi interessa. Le riprese di cotante inimmaginabili giostrine, dalla sfera rotante alla catapulta da fine del mondo, sarebbero inserite nel contesto di un segmento televisivo a sfondo storiografico. Per usare il termine tecnico, stiamo assistendo a un mockumentary, il genere che prevede l’imitazione di un metodo documentaristico, con finalità dichiarate d’intrattenimento. E per fortuna, direi!

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La vernice che si illumina a comando

Lumilor

La più grande ingiustizia è che la luce, concetto privo di peso e forma per eccellenza, sia perennemente condizionata dall’ingombro delle cose, o gli strumenti, che riescono a crearla sotto ai nostri occhi. Non c’è effetto senza causa e quest’ultima, naturalmente, trae l’origine da un qualche tipo di energia. Che senza spazio non può prosperare. Maggiore è l’intensità del flusso, tanto più grande, normalmente, la cosa che lo genera: accendino, lampadina, caminetto, lampadario, riflettore, incendio, nocciolo radioattivo, astro nascente del mattino, supernova di galassie sterminate, anima del primo motore che ha dato l’inizio all’universo e poi! In una modalità crescente e progressiva, che preclude a noi, falene ingegneristiche, di ricercare l’ideale intensità notturna per qualsiasi situazione. Se voglio guidare in piena notte, so che devo accendere qualcosa. Giacché l’asfalto onnipresente è ormai praticamente un pozzo nero. E lampade o lampioni, alla fine, funzionano soltanto quando ti ritrovi esattamente sotto, poco prima di sparire all’orizzonte.
Però, guarda! C’è un’auto, nello stato dell’Ohio, che non di simili problemi. Si presenta, guarda caso, a guisa di Tesla Model S, l’avveniristica e lussuosa berlina elettrica con batteria al litio da 7000 celle, un pannello touch da 17 pollici nel cruscotto, numerosi processori e maniglie che compaiono magicamente quando si avvicina il proprietario. Qui dotata, ad ulteriore beneficio della sua celebrità internettiana, di una scintilla assai particolare. Il veicolo in questione, soggetto principe del video, è stato infatti trattato dagli addetti della Darkside Scientific con il loro nuovo tipo di vernice, denominato LumiLor. Diverse strisce irregolari percorrono quella fiancata scura. Per metà del tempo, non le vedi. Poi qualcuno sale a bordo e preme un piccolo pulsante per dare inizio alla festa. Si, è una scena memorabile. Immaginate: siete in giro verso tarda sera. Per trovarvi di fronte, in piena carreggiata, l’equivalente a quattro ruote di una moto del film Tron. Neanche la cultura statunitense della personalizzazione after-market, fonte di ogni sorta di surreale meraviglia, aveva mai potuto concepire tali emozionanti intermittenze. È come se qualcuno avesse preso un fulmine, l’avesse congelato. Poi sbriciolato e messo in un impasto, a sostituzione del pigmento minerale di cobalto. E ad un certo punto, stendendolo a destinazione col pennello, si fosse reso conto che le cose cambiano. Mentre i loro effetti sull’oscurità, talvolta, resistono alle alchemiche trasmutazioni. Dando luogo, per usare una singola parola: a (flessibile) elettro-luminescenza. Forse erano (tre) due…

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