Koala, l’animale che trasmette il Suono

Dialogo dei koala

Le ginocchia anteriori, se si possono in tal modo definire, o per meglio dire le articolazioni, dell’ensifero, l’insetto salterino. Che si flettono e con esse anche le tue, mentre trasporti fra le mani la perfetta equivalenza di una piccola campana di cristallo. Trasparente, che riecheggia, fatta in plastica e con sotto un foglio di giornale? Cos’è questa nota fastidiosa? CRI-CRI-CRI-CRI-CREEK-cri-cri-cri…La ridondanza reiterata, di un “batacchio” con sei zampe e ben due antenne, preso per bisogno nel bicchiere, solamente per condurlo fuori casa; il suo canto che rimbalza, da ginocchia dell’artropode (sede proprio, guarda caso, dei suoi organi auditivi) e i fori che si trovano sui lati della propria testa umana. Salta, bestia musicale, e canta. Mentre apriamo questi…
Grandi Padiglioni. Strumenti per l’acquisizione del sapere, sede di un senso nobile, quasi come l’occhio che può de.codi-ficare l’energia fotonica dell’Universo stesso. Per vedere, chiaramente, la natura fisica della realtà. Come un prisma che scompone, soavemente, il raggio mattutino dell’aurora, nel settuplice bagliore dell’arcobaleno; così è l’animale. Col suo verso che ha funzioni spesso varie, nasce da organismi fonatòri di ogni foggia e dimensioni. Eppure rende zampillante, nella sua forma maggiormente pura, l’unico e mirabile Messaggio, ancora e ancora e ancora – Si, ci sono, ci sono ancora, si cisonoancora. Splendono le stelle. Scorre l’acqua di una simile presenza. Dal passero fin troppo solitario, verso aprile, poco prima di trovare la pulzella pigolante. Poi dai becchi di quell’affamata prole, frutto della sospirata unione, per sollecitare un beneamato portatore dell’avanzo di panino, la briciola della giornata. Come il grillo di cui sopra, alla stagione degli amori. Per non parlare dell’orsetto dell’Australia, il caro e piccolo Koala.
Chissà quale arcano accenno di linguaggio, che oscura formula di comunicazione, stavano adottando questi criptici e pasciuti marsupiali. Che seduti ben composti, sopra l’erba di un ventoso prato, si sussurrano i segreti. I grandi musi neri spinti l’uno contro l’altro, coi ciuffetti delle orecchie ben divisi, onde meglio discernere la piazzata della controparte. Epiglottidi vibranti d’entusiasmo, mistico e profondo. Parte qualche accenno di zampata, mentre l’uno, poi l’altro, tenta di spuntarla nella discussione. Ma nessuno si allontana, come per l’effetto di una foza misteriosa. Convitati di una cabala spirituale: i fascolarti non conoscono misantropia. E faticosamente, uno scambio sopra l’altro, tornano alla stasi soddisfatta di chi ha detto tutto quello che doveva. Sulla cima dell’abero dell’eukalypto, da qui scaturisce un senso collettivo di soddisfazione. Chissà che non fosse, in fin dei conti, proprio questa l’intenzione.

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Giostre impossibili da cui non scenderesti mai

Centrifuge Brain Project

Non voglio mica la Luna. Ma soltanto un Parco, in cui girare su me stesso, ribaltarmi, accelerare fino all’àpice dell’universo stesso. Potrei quasi morirne, estasiato. Nel famoso cortometraggio visionario pubblicato dalla Kurz Film Agentur di Amburgo, The Centrifuge Brain Project, si va ben oltre i limiti di ciò che possa effettivamente essere affrontato, senza gravi conseguenze, dalle cedevoli e utilissime interiora dell’uomo. Mettendo alla prova, addirittura, i villi di materia grigia che contengono la sua immaginazione. Che cuore gonfio d’entusiasmo, quale polmone che trattiene il fiato per la suspence, dov’è il fegato spappolato dalla gioia? La realtà è diversa, grigia quanto la materia stessa. Tutta l’azione si svolgeva infatti nella mente, e nei computer, Till Nowak, regista, ideatore, produttore, tecnico delle riprese, addetto agli effetti speciali e chi ne ha d’altro, venga innanzi. Si, se non fosse ancora chiaro, siamo nel mondo fai-da-te del piccolo cinema d’avanguardia, in cui la tecnica viene subordinata allo splendido valore delle idee. Talvolta, certo, mica sempre. Le macchine scuotivento progettate per il qui presente capolavoro, piuttosto, sembravano praticamente vere. Nonché quasi leonardesche nell’impostazione. Merito non soltanto delle modalità con cui avevano trovato genesi, delle ore e i giorni trascorsi sui programmi tridimensionali e Adobe AfterEffects. Bensì soprattutto del modo impreciso, quasi accidentale, con cui compaiono in riprese all’apparenza amatoriali. Come nel fruttuoso film The Blair Witch Project (1999), tra i primi fenomeni virali internettiani, brevi spezzoni di quest’opera creativa potrebbero facilmente, una volta estrapolati dal contesto, passare per l’orrenda e candida realtà. Anzi, è già successo varie volte.
C’è una storia, se proprio vi interessa. Le riprese di cotante inimmaginabili giostrine, dalla sfera rotante alla catapulta da fine del mondo, sarebbero inserite nel contesto di un segmento televisivo a sfondo storiografico. Per usare il termine tecnico, stiamo assistendo a un mockumentary, il genere che prevede l’imitazione di un metodo documentaristico, con finalità dichiarate d’intrattenimento. E per fortuna, direi!

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L’incidente più piccolo del mondo

RC Live Action

…Non è per questo meno orribile, né spaventoso. Qualcuno chiami i pompieri, il soccorso medico, la polizia! Un camion cisterna è precipitato dal ponte della cava di granito e adesso, sotto lo sguardo distratto dei presenti, divampa sotto i fumi di un pesante incendio. Fonti non confermate dicono che le fiamme raggiungano all’incirca i 36 cm. Minuscoli pompieri, come stoccafissi, innafiano l’orribile catastrofe, in attesa dell’arrivo dei mezzi pesanti. Ma l’aspetto peggiore, senz’ombra di dubbio, è il modo in cui nessuno pare stia reagendo in modo naturale. Non c’è traffico in fermento. Non c’è elicottero della TV, oppure folla che si adopera per aiutare. Anzi, a guardarsi meglio attorno, tra gli astanti troneggiano individui silenziosi ed enormi, che neanche tengono il telefonino pronto, nella speranza di fare un sollecito alle autorità: ma piuttosto paiono rapiti, quasi ipnotizzati. Tra le loro mani dei dispositivi angolosi, scuri, con una lunga antenna che si orienta verso il cielo. Sono in realtà tali sinistri arnesi, telecomandi. Ed è tutto un folle gioco.
Sul canale di YouTube RC Live Action, componente multimediale del sito di settore Modellkran.de, ormai da tempo vengono inscenati dei disastri di variabile entità. Ce n’è un po’ per tutti i gusti, dai cantieri alle autostrade, dagli ambienti urbani alle pericolose valli della Foresta Nera, e ciascun video viene realizzato, molto appropriatamente, nella contemplazione più totale, con l’unico accompagnamento di una varietà di suoni e musica di sottofondo. Il risultato è appassionante ed al tempo stesso, tutto considerato, rasenta il mondo inquietante del sovrannaturale. Sarebbe una scena non dissimile da quella di moderni giocatori, che muoviamo le pedine virtuali su altrettante scacchiere fatte in pixel e vettori colorati, eppure si dimostra arricchita di connotazioni nuove. Fra tutte spicca l’inimmaginabile materia. Ché mentre regole precise, a loro modo, sono pur sempre fondamento di qualsiasi forma d’intrattenimento digitale, gli elementi della vita vera si comportano secondo differenti presupposti. C’è pur sempre la scintilla del caso, a far da base alla subime narrazione degli eventi. Riusciranno, questa volta, nello spegnimento, i nostri eroi di plastica e speranza? Di sicuro, la tecnologia è dalla loro parte. Siamo pur sempre di fronte ad uno degli intrattenimenti principi della nazione tedesca, la simulazione modellistica. Che in quanto tale, quando inscenata secondo i severi crismi di genere, può contare sui migliori mezzi disponibili presso i rivenditori del settore: un’intera formazione di autopompe, e qui cito, delle fenomali serie GTLF Rosenbauer e Flugfeldlöschfahrzeug Panther 6×6, ciascuna dotata di un potente getto meccanico comandato a distanza (assai da lontano, va detto, nel qui presente caso). Il loro getto schiumoso, composto di vere sostanze ignifughe industriali, potrà ben presto vincere sulla tremenda virulenza fiammeggiante. Almeno quest’oggi, la nazione è salva.
Mentre il pubblico osserva e ne trae le relative conclusioni: il senso e la ragione, il presupposto dello sforzo operativo. I drammi del quotidiano sono molteplici, e possono richiedere interventi di ogni tipo. Tanto meglio essere preparati, dunque, se pur soltanto nella rigida teoria. Pochi professionisti possono salvarci dalle opprimenti tenebre del fato. Ma comprendere il richiamo del dovere, a difesa del futuro, è un’utile ragione per giocare.

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L’allegra carica del ragno-cane

Cane ragno gigante

E allora tu conoscerai la PAURA di essere inseguito da un ragno gigantesco. Dieci chili di zampe, peli e un probabile veleno micidiale. Con la lingua penzoloni, gli occhi strabuzzati fuori dalle orbite e la coda che si agita festosa. Un mare di saliva… Con questa sequenza siamo giunti all’ultima frontiera degli scherzi buffi a beneficio della digitale collettività: piuttosto che mettersi direttamente in discussione, questa volta, il genio del settore SA Wardega ha qui bardato un buffo ma simpatico cane, metà volpino, metà mistery e naturalmente, per la terza sua metà, una bestia mutante all’inseguimento degli inconsapevoli passanti. Per giocare o farsi nuovi amici, perché il cane in questione non dimostra una comprensione concettuale dell’abbigliamento – soprattutto il proprio. E senza fermarsi alle apparenze, per caso oppure ingenua volontà, fa le feste a tutto e tutti, nonostante l’orrido aspetto di ciò che porta sulla schiena. Che sarebbe, praticamente, la ragionevole approssimazione dell’esoscheletro di un aracnide, scartato a seguito di una sua crescita ancor maggiore. Un chiaro frutto delle cose innominabili che si aggirano nella notte.
Terminata la scena di apertura, in cui un inquietante troll deforme, con gesto imperioso, libera la belva dodecapode (4+8) in mezzo a un parco cittadino, inizia la reale burla. E forse la prima scena del video, fra tutte quante, è quella che genera maggiormente un certo seme del dubbio sull’autenticità dell’intera operazione: un giovane con due sacchi della spesa apre una porta e si ritrova innanzi la creatura. Senza pensarci un attimo balza indietro e scappa via, nonostante la luce piena del vicolo potesse ampiamente bastare a dimostrare la vera natura delle cose. L’immediato quanto enorme successo di questo genere di candid camera, del resto, è un fatto largamente noto: da ieri sera, l’ora del caricamento, questo video ha già ottenuto oltre due milioni di visualizzazioni. Cosa vuoi che sia, al confronto, convincere qualche amico a fare finta di essere un tremendo credulone! Però il bello è proprio questo: resta sempre il dubbio. Esiste pur sempre l’aracnofobia, che fra tutte le paure psicologiche ed irrazionali, secondo studi sociologici recenti, sarebbe una delle maggiormente diffuse al mondo. E va pure detto che il costume, così collocato in movimento sopra il cagnolino, genera illusioni veramente interessanti. Le zampe del ragno, semi-flessibili, paiono muoversi autonomamente. Mentre, come nell’ormai celebre costume meccanico da dinosauro, la parte inferiore dell’interprete tende facilmente a scomparire. Non sarebbe forse poi così difficile, presi alla sprovvista, cadere vittime di questo scherzo.

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