Oggi cuciniamo la comune batteria stilo

Battery maker

AAA, mancano i veri MacGyver di una volta. AA, piuttosto, ci troviamo sempre a dire inconsolabili: non è possibile, non si può fare, è del tutto inaccessibile per le mie doti. Finiti su di un’isola deserta, assieme a un carico di batterie a bottone, tireremmo fuori dalla borsa il telefono satellitare, che invece ne voleva solo due, ma di mini-stilo. E imprecando contro l’ironia del fato, lì resteremmo. Per mangiare cocco fino all’ultimo dei giorni, della nostra lunga oppure breve vita. L’aneddotica delle vicende umane è piena fino all’orlo di racconti come questi, con un taglio estremamente indicativo dei secondi fini della narrazione. Quello stesso prologo, dell’aereo che precipita, della nave naufragata, è sempre l’inevitabile preludio di un ricco viaggio di scoperta personale. In cui l’individuo rimasto solo, gradualmente, apprende che l’ingegno medio è spesso sufficiente, per sopravvivere laggiù fra i gridi di gabbiano, senza l’aiuto della società. Ma addirittura prosperare, superando le aspettative dello spettatore, quella è tutta un’altra storia…
NurdRage è il giovane scienziato con la voce sempre alterata digitalmente, forse uno studente canadese amante della privacy, che da qualche anno offre al mondo i video dei suoi esperimenti e le molteplici invenzioni che produce. Fra i suoi campi preferiti, a giudicare dai recenti successi, va senz’altro annoverato il campo delle batterie stilo. Lui, che le smonta e poi ricostruisce, che le scarta, che le apre, che ne esplora i limpidi segreti, con gran dispetto delle compagnie produttive. E che addirittura, in questo caso, le costruisce in casa! Possibile? Tutto vuolsi, ove si puote. Si tratta di una pratica ricetta, ecco qui cosa ci vuole: per prima cosa, un paio di siringhe ipodermiche, o anche più, a seconda del bisogno. La loro forma cilindrica di plastica, a quanto pare, è pari nel diametro a quella della pila stilo. Strana coincidenza, quasi…Intenzionale. Un colpo o due di pinze, per ottenere la lunghezza esatta. Tale pratico involucro trasparente, quindi, sarà rivestito nella parte interna di un foglio di zinco, misurante 50 x 30 mm. Un oggettino per nulla inusuale, che si compra normalmente al supermarket (quello canadese. Forse, non saprei.) E adesso, guarda, viene il bello. Da un barattolino (maneggiansi con guanti belli spessi) ecco lui che tira fuori del veleno sopraffino, l’idrossido di potassio, che ivi versa, come niente fosse, dentro a un bricco d’acqua trasparente, messo quindi lì da parte a dissolversi, come un Alka-Seltzer. Nell’involucro plasticoso del suo divertimento precedente, invece, costui ci mette del diossido di manganese (?) Bene avvolto nella carta e pronto da fumare come l’erba, all’apparenza. Però nero quanto l’anima di chi comunemente inquina, senza mai sapere come riciclare… Oppur la pratica mina di matita, messa, guarda caso, lì a fare da conduttore. Ecco che, a questo punto, l’insieme avvolto e multi-strato viene immerso dentro al liquido semi-biancastro appositamente preparato e lì lasciato, per un tempo medio. Lui consiglia una giornata. Ciò “attiverà gli elettroliti” permettendo alla carica d’ingenerarsi, dentro al circuito così ben costruito. Sarebbe difficile crederci, se gli occhi non ci assistessero nell’ardua impresa: quand’ecco, nel finale, lui che mette i due cilindri dentro al corpo cubico di un’orologio digitale. Ed esso vive, per Frankenstein!

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Il motorino che conquista la Siberia

Tarus

L’uomo-cavallo non si ferma quando termina la strada, perché è spinto dallo spirito indomabile della poesia. E in parte uguale dal principio del selvaggio, il desiderio di scoprire cose nuove che proviene dal suo doppio quarto equino, irsuto e con gli zoccoli, dai muscoli possenti e mai domati. La sua coda è fluida pure quando manca il vento. Dell’avena, non gli importa: può mangiare frutta, può mangiare carne. Può nutrirsi addirittura dei residui fossili nascosti fra la terra friabile e gelata, purché siano liquidi, a toccarli, neri e velenosi: il centauro adora la benzina. Di quel fluido, ne fa molte cose. Se lo beve e dopo corre, e quando corre i suoi sentieri li disegna, con pneumatici di fuoco e il rombo assordante di un motore piccolo, ma sufficiente. In questo caso l’energia di un tagliaerbe, senza siepi e senza prati, re-ingegnerizzato nel…
Alexander Zinin è l’inventore russo che possiamo qui osservare mentre scala monti, esplora fossi e attraversa pure i fiumi, sulla sella del suo motociclo fatto in casa, verde militare a macchie come i carri armati, oppur le mucche appunto, visto che si chiama, guarda caso, Tarus. Infuso dello spirito dell’animale, eppure frutto, chiaramente, di una buona e utile idea: come attraversare, senza spendere parecchi soldi, certi tratti di terreno, duri e puri, ripidi, scoscesi, che ben pochi mezzi, normalmente, sono in grado di affrontare. Stanchi di trovarvi in difficoltà, col vostro scooter cinquantino, nel salire sopra il marciapiede del centro città? Oppure vivete in campagna, fra strade provinciali un po’ dismesse, tanto serpeggianti che fareste prima scavalcando un tratto di foresta? Poco importa, ecco la vostra soluzione, tanto lungamente attesa. È rivoluzionaria, nell’approccio, da un certo fondamentale punto di vista. Pensate a tutti quegli enormi fuoristrada a quattro ruote, dai cavalli incatenati sotto il cofano, pistoni serpeggianti e sibilanti, forti come motoristiche anaconda. E considerate il modo in cui persino quelli, qualche volta, debbano pagare pegno. Perché questa resta la fondamentale legge di natura (tecnologica) che tanto più una cosa è sofisticata, avanzata e potente, meno può essere influenzata da fattori esterni, siano questi controproducenti, oppure utili ed intenzionali, frutto della mano che se può si stacca dal volante. Ipotizziamo, dunque, che il feroce Landrover sia in grado affrontare un vertiginoso gradiente dell’85%. Se l’incontra del 90, cosa fare? Puoi spingerlo quel vasto arnese, tu, semplice umano, fino in cima al picco del destino…Certamente, certamente no. Mentre il centauro, soprattutto quando russo, può contare sull’arma segreta insita nella sua pratica fisicità: è un tutt’uno con se stesso e il suo veicolo!
Lo spirito fondamentale dell’oggetto, questa bassa e leggera motocicletta così conforme ai canoni estetici di un fantastico giocattolo, è stata concepita per pesare all’incirca 70 Kg, risultando quindi sollevabile da forti braccia umane, se non proprio facilmente, nel momento del bisogno. E del resto tutti abbiamo visto la celebre composizione di foto memetiche con la vigorosa babushka che solleva facilmente un grosso tronco, mentre quattro militari in uniforme, dal canto loro, faticano per far la stessa cosa. C’è questa visione internettiana, saldamente fondata sui vecchi stereotipi nazionali, che vedrebbe gli abitanti di quel territorio transcontinentale come veri e propri maestri nell’arte di arrangiarsi, diretti nel risolvere i problemi quanto poco avvezzi, per inclinazione, a considerar le conseguenze delle loro folli scorribande. Quand’ecco la prova invece, se pure ce ne fosse stato mai il bisogno, di un esempio di ottimo pensiero laterale. L’approccio nuovo ad un problema vecchio dei trasporti, frutto di presupposti validi all’esportazione, addirittura: quasi rivoluzionari! Ciò che resta, forse, è lavorare un po’ sul marketing, nonché la colonna sonora, dei pur affascinanti video di supporto…

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Quando i campioni facevano i conti col macinapepe

Curta Calculator

1954: un fantastico pomeriggio sulle strade di montagna tra La Bollène-Vésubie e Sospel, quartultima tappa del grande Rallye Automobile Monte Carlo, l’evento motoristico più amato da mezza Europa. Le fiammanti automobili di un tempo ormai lontano, momentaneamente silenziose e poste in fila indiana lungo un breve rettilineo, creano un contrasto significativo con le anse digradanti del Col de Turini, una delle strade più celebri, e pericolose, che attraversano le Alpes-Maritimes, sopra la barbagliante Costa Azzurra. Manifesti disegnati a mano, bandiere e nastri variopinti si agitano lievi nel vento. “Questce que c’est, copilote?” Chi ha parlato è Louis Chiron, il 55enne campione d’innumerevoli segmenti dal crudele asfalto, tornanti irrecuperabili ed altre ripide tenzoni. Fin da ragazzo, costui aveva guidato. Sempre al volante: dapprima come chaffeur dei marescialli Philippe Pétain, e Ferdinand Foch, durante la prima grande guerra, e poi ancora, sui circuiti da gran premio delle nascenti gare in monoposto. Aveva trionfato, per Bugatti e Alfa Romeo, in luoghi ormai quasi leggendari, come i circuiti di Marsiglia e Saint-Gaudens, vicino la città di Tolosa. E adesso stava qui, nonostante tutto, a guardare il suo navigatore che sembrava macinare il pepe; CLICK-CLICK-CLICK-FRRR. “Cosa-stai-facendo?” Ciro Basadonna, l’italiano che occupava il suo sedile passeggeri fino a poco fa, è appoggiato con la schiena allo sportello destro della Lancia Aurelia GT, bianco fulmine della giornata. Alza lo sguardo, per un attimo, verso il suo compagno di squadra e solleva la mano destra, con il palmo aperto e declama: “Aspetta un attimo!” Un passero sceglie quel momento per posarsi sul cofano dell’auto. Un’occhiata del francese basta a farlo subito scappare via. L’altro continua a sferragliare.
“Dodici minuti, quarantasei secondi e 2 decimi” Fa Ciro, con l’indice sinistro alzato. Pétain resta perplesso per un attimo, poi comprende: “Il tempo massimo? Per vincere, vuoi dire?” L’altro esibisce l’oggetto della sua frenetica attenzione: “Si, puoi contarci. Me l’ha detto un austriaco!” A quel punto, finalmente ben visibile in controluce, si staglia il cilindretto a manovella, la piccola invenzione meccanica, prima calcolatrice portatile della storia. Frutto dell’opera ingegneristica di Curt Herzstark, veniva venduta da qualche anno in particolari e piccoli negozi di orologeria, con il nome commerciale, netto e chiaro, di calcolatrice Curta Calculator. Ciro aveva avuto la sua dal cugino, di ritorno da un viaggetto in Liechtenstein, fatto con la moglie per il quindicesimo anniversario di matrimonio. “Vuoi vedere, Pétain?” Di suo il grande pilota, che tren’tanni prima era stato anche tenente d’artiglieria, di calcoli ne capiva qualche cosa. Ma un oggetto simile… Così accetta l’offerta del compare, stringendo delicatamente la struttura poco familiare. La calcolatrice non ha nulla a che vedere con quelle usuali di quei tempi, simili a sferraglianti macchine da scrivere, pesanti e delicate. Assomiglia, piuttosto, alla testa metallica di una granata tedesca o all’obiettivo di una macchina fotografica, striato da numerose levette preminenti. Dalla parte superiore dell’oggetto, come lui aveva già avuto il tempo di notare, spunta una piccola manovella di metallo, che può essere estratta di uno, due scatti. Quando la gira per due volte in senso orario, qualcosa cambia nella parte superiore dell’oggetto: sono dei numeri stampati, montati su degli elementi in grado di ruotare. “Aspé, aspetta un attimo.” Ciro, d’un tratto eccitato, inizia a spiegare in breve quale sia la storia. La regola fondamentale di funzionamento ed il sistema d’utilizzo. A quel punto riprende in mano la Curta. E parla a lungo, un po’ in italiano, un po’ in francese, del modo in cui lo straordinario oggettino possa, incredibilmente, calcolare addizioni, sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni, sulla base di come si manovrano le sue diverse componenti. Quindi, di fronte allo sguardo fisso di Pétain, ripete la serie di gesti usati nel suo calcolo di due minuti prima: addizione del tempo impiegato per le diverse tappe precedenti – il totale dei tempi del team della Peugeot 203, loro principale avversaria nella gara. I due concorrenti, loro vecchie conoscenze nonché amici-nemici di tante altre competizioni, sono già al di là del passo, avendo partecipato alla sessione mattutina della gara. Ma una breve telefonata dall’hotel ad un amico dei giudici ha fornito a Ciro quel fattore necessario, per conoscere la Verità.
Il grande pilota sorride, poi batte una pacca sulla spalla del navigatore “Quelle bonne idée! Grazie, grazie mille amico mio! Questa volta…Aha! Li-facciamo-neri!”

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Carri-nani armati di volàni

Tankette

Lo spostamento autonomo è da sempre stato, nell’ambiente dei giocattoli, un punto cardine della questione. Poiché non importa quanto è piccola una cosa, l’automobilina, il camion dei pompieri: se cammina sembra vera. Se non usa pile, pare magica, persino…Appunto come queste splendide invenzioni, cromate, dell’utente giapponese スターリング (da leggersi probabilmente: Stirling) che se ne vanno, su e giù sul suo tappeto, grazie unicamente ad una spinta muscolare. Quella data, da principio, con un gesto relativamente faticoso, la mimési dell’interminabile avanzata, che segue, di lì a poco e poi procede, avanza, divora centimetri e decine di corpuscoli o animelle. Come può essere una cosa tale? Come mai, se spingi prima, poi si muove, dopo, ancora? È un fenomeno della meccanica. Già, la ruota che conserva, nell’inerzia, l’intenzione di partenza, che ricorda e gira meccanicamente, così esegue, senza lapsus, la missione di giornata. Col volàno, non ti sbagli. Guarda e grida! Se non vòlano, poco ci manca.
Una pura e semplice rivoluzione. Giacché tra i popoli dei piccoli, come gli gnomi, oppure gli elfi della tradizione, non è facile trovare bestie valide che li possano trainare. Non ci son cavalli piccolini, a parte i pony. Hai voglia, cavalcare un topo! Non puoi farti trasportare da una tartaruga, se non hai pazienza. E un motore con i crismi ultramoderni, per sua implicita natura, può ridursi nelle dimensioni. Ma soltanto fino a un certo punto e poi del resto, ne hai bisogno? Quando è facile in alternativa, farti trasportare da una soluzione semplice, assai più chiara e luminosa. Sottinteso: con l’aiuto di un gigante, che ti spinga. Il solo problema di questo particolare approccio motoristico, ciò che gli impedisce di trovare applicazione tra gli umani full-size, è che la ruota di metallo, colei che accumula il moto angolare, in qualche modo devi metterla in funzione. E la forza necessaria è sempre quella, del tuo viaggio intero, ma ben concentrata in un momento oppure, a dire tanto, due.
Qui entra in gioco la persona vera, che s’immagina quegli altri, per il suo divertimento. L’uomo è forte, grande, l’essere che domina il tappeto e il pavimento. Assieme a tutto quello che lo ingombra, inclusa la mobilia e i modellini. Così ti svegli, una mattina, e guardi il frutto di tanta fatica: 15 centimetri di splendido metallo, con un lungo cinturino a far di cingolato (chissà se in Giappone li vendono, tali componenti, per i tanti appassionati di montaggi sbarazzini) e dici: “OGGI”. Allora sposti tutto verso i muri. Metti un’asse lignea 2-by-4 in diagonale, dal terreno fino al tavolo da pranzo. E mandi innanzi la tua splendida (Queen) Vittoria…

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