Tra i diversi archetipi di grandi guerrieri del passato, il più sfruttato nel mondo dell’intrattenimento è forse quello del ninja. Assassino notturno, addestrato nell’arte della furtività e dell’inganno, utilizzatore di innumerevoli strumenti dalla foggia caratteristica ed acrobata dotato di capacità eccezionali. L’antico agente nascosto dell’arte della guerra cinese e giapponese si è arricchito nei secoli di una grande quantità di abilità mistiche e mitologiche, tra cui l’invisibilità, la facoltà di camminare sull’acqua, l’ubiquità nel combattimento… Nei diversi campi dei manga, degli anime e dei videogames, ciascuno per sua natura costantemente alla ricerca di protagonisti eroici ed avversari particolarmente temibili, l’immagine popolare del ninja ha gradualmente assunto le caratteristiche di un vero e proprio supereroe. Gettata la maschera nera che storicamente copriva il suo volto in missione, abbandonata ogni pretesa di discrezione, il ninja moderno è ormai una sorta di stregone guerriero con armi sovradimensionate, che nel mezzo della battaglia evoca l’aiuto degli elementi gridando a gran voce il nome di ciascuna delle tecniche a cui fa ricorso. É così che nel 2007, proprio mentre il nuovo e popolare cartone animato giapponese Naruto ed i suoi giovani ninja invadevano il mondo a cavallo di rospi e lumache giganti, lo studio canadese del colosso del gaming Ubisoft trovava una strada nuova per rappresentare la leggenda dell’assassino furtivo in Oriente, attraverso un cambio radicale di contesto che potrebbe anche definirsi un ritorno alle origini. Questa è la storia del capostipite Altair, del trionfatore Ezio e dell’erede Desmond: due uccisori per professione, tre assassini per nascita.