Dopo il crepuscolo tra il primo ed il secondo settembre 1859, l’intero pianeta Terra fu colpito dall’equivalente geomagnetico di un asteroide in grado di annientare l’attuale civilizzazione digitale. Ma poiché ci trovavamo ancora in un’epoca di carrozze e macchine a vapore, il principale effetto venne riscontrato nelle stazioni del telegrafo, dove alcuni dei macchinari andarono improvvisamente in corto circuito, causando scintille ed arrecando scosse elettriche agli operatori. Molti di loro, di lì a poco, scoprirono l’impensabile: una volta scollegate le batterie i dispositivi funzionavano ancora, agevolmente alimentati dall’implacabile energia che aveva invaso la troposfera. In determinati luoghi, l’effetto fu osservabile ad occhio nudo. L’aurora boreale illuminò la notte del Texas e Nevada, dove i cercatori d’oro si svegliarono famosamente in anticipo, credendo fosse giunta l’ora di andare a lavorare. In Europa Occidentale, fino alla latitudine di Roma, la luce fu talmente intensa da permettere di leggere un giornale a mezzanotte nella più totale assenza di fonti di luce naturali. Era… La potenziale fine del mondo ed un uomo solo, tra tutti, era stato in grado di riscontrarne l’origine mediante l’impiego del suo telescopio presso l’osservatorio universitario di Cambridge, dove si trovava per approfondire il comportamento delle macchie solari. Richard C. Carrington era il suo nome, destinato a passare alla storia proprio perché associato al deleterio evento, non prevedibile, del tutto ripetibile e che in un momento assolutamente indistinguibile delle nostre esistenze potrebbe riportarci temporaneamente indietro di secoli, se non millenni. Con conseguenze notevoli in termini di danni economici, ma anche potenziali perdite di vite umane. Un “episodio” come questo viene stimato come in media probabile ogni 450 anni; ma nella maniera tipica delle analisi statistiche, la fortuna può costituire un importante fattore, al punto che già il 23 luglio del 2012, dal punto di vista della nostra stella, è in pratica successo di nuovo. Mancandoci soltanto di due settimane, grazie all’ispirata danza dei corpi astrali. Alla conseguente e comprensibile domanda di cosa sia possibile effettivamente fare per proteggersi da un tale infausto destino, non esiste dunque alcun tipo di risposta semplice, fatta eccezione per scollegare ogni dispositivo elettrico dalla grande rete di distribuzione per tempo, sfruttando idealmente il ragionevole preavviso di qualche ora di cui potremmo disporre, in forza degli organismi cautelativi su cui potremmo fare affidamento nell’attuale dipanarsi dell’emergenza. Benché ciò non sia sempre possibile, anche senza considerare gli effetti di un blackout globale di durata prolungata. Con anche la collaterale cessazione del funzionamento degli impianti idrici, oggi funzionanti principalmente tramite l’impiego di pompe elettriche, ed il probabile malfunzionamento di una buona parte dei mezzi di trasporto contemporanei. Per non parlare di quelli appartenenti alla “rivoluzione elettrica” che sta iniziando, in questi anni, a circolare silenziosamente per le strade cittadine. E tali conseguenze costituiscono in effetti, se vogliamo, ancora una visione ragionevolmente ottimistica di quello che potrebbe accadere…
L’abito splendente, il suono della pioggia ed il segreto della guarigione Ojibwe
Sette grandi conchiglie di lumache di mare dalla forma convessa, che fluttuavano nell’aria appena sopra la linea dell’orizzonte. Si udì una voce: “Le genti delle Terre dell’Alba migreranno verso l’entroterra, per trovare una serie di isole a forma di tartaruga. Ma se andranno troppo ad occidente, incontreranno gli uomini dalla pelle chiara. Che li porteranno a perdere il contatto con le ancestrali tradizioni e la propria cultura.” Quindi come un fulmine cadde dal cielo, ed un certo numero di uomini saggi si ritrovarono avvolti in un sonno profondo. Al loro risveglio, essi possedevano il potere del Midewin, un contatto con gli spirti capace di compiere miracoli inusitati. Alcuni erano semplicemente troppo potenti per vivere tra gli uomini, ed al ritorno di uno tra i favoriti degli Waabanakiing tra gli altri membri della sua tribù molti morirono non appena posarono i propri occhi su di loro. Questo era il potere della profezia, e questo ciò che un uso inadeguato del mandato divino a comunicare con gli spiriti (manidoog) poteva arrecare per il tramite coloro che non erano sufficientemente preparati a gestirlo. Ma la società segreta dei Midewiwin, attraverso il corso dei secoli, imparò a gestire i sacri compiti per il bene collettivo degli Ojibwe, nel territorio canadese di quello che oggi prende il nome di Quebec. Ed attraverso le alterne peripezie dei popoli, avrebbero portato a manifestarsi il potere sovrannaturale di distruggere (i nemici) e ricostruire (i rapporti tra momenti agli apici contrapposti delle idee). Incluso quello tra la vita e la morte, riuscendo in certi casi di prolungare la prima, a discapito della seconda, mediante l’utilizzo di precisi rituali, complesse preghiere, canzoni. E qualche volta il movimento delle membra, attentamente codificato all’intero di specifici rituali.
La danza di guarigione degli ziibaaska’iganan (coni di metallo) definita anche “dell’abito tintinnante” rappresenta tuttavia un’applicazione alquanto insolita di tale concetto, per due ragioni al di sopra di qualsiasi altra: primo, il fatto che sia esclusivo appannaggio delle donne, contrariamente a molti altri rituali paragonabili di quello stesso ambiente. E punto secondo, la sua creazione relativamente recente, che porta a datarlo verso l’immediato periodo antecedente alla grande guerra. Quando la terribile influenza spagnola infuriava nel mondo, conducendo a una spropositata quantità di decessi ed ogni “uomo della medicina” inclusi gli sciamani di questo particolare gruppo etnico delle Prime Nazioni cercava una possibile soluzione per arginare il disastro. Così narra la leggenda, popolare tra il clan dei Mille Lacs e con alcune modifiche all’interno della Banda della Baia del Pesce Bianco, che verso i primi del Novecento una bambina si fosse ammalata, essendo ormai prossima a lasciare il mondo dei viventi. Quando suo nonno, un membro dei Midewiwin, sognò una notte il modo potenziale di riuscire a salvarla. Un gruppo di mogli e figlie del villaggio avrebbe dovuto riunirsi e costruire dei costumi corrispondenti a istruzioni ben precise. Quindi, dopo averli indossati, avrebbero praticato dei passi di danza. E tanto efficace si sarebbe rivelata tale procedura, che dopo il primo giro del piazzale la bambina sarebbe riuscita a camminare con l’aiuto dei genitori. E dopo il secondo, mantenersi in equilibrio utilizzando soltanto la forza delle sue gambe. Per guarire totalmente al compiersi del terzo, ritornando sana come un condor sopra gli alberi della foresta primordiale. Qualcosa di notevole era stato portato tra le genti e nulla, in molti lo capirono immediatamente, sarebbe più stato lo stesso…
L’alto pinnacolo dei panda nell’antica terra dei germogli di bambù
“Quando si ha il bisogno di passare in mezzo a questi territori selvaggi, occorre mantenersi a distanza. Dopo tutto è sempre un orso. Capace di raggiungere l’altezza teorica di un grattacielo di 1.500 metri.” Questo lo stereotipo quando si parla di panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) e tali le sorprendenti proporzioni fuori misura, qualora si tenti di definirle tramite la recente occorrenza del più rappresentativo oggetto interconnesso alla vita di questi animali: l’escrescenza zannuta della punta del germoglio di bambù legnoso, forse la più emblematica tra tutte le piante strettamente interconnesse al segno grafico nella cultura del Regno di Mezzo. Poiché affermare che la Cina sappia dare meriti alle sue metafore è ancora un eufemismo, innanzi a cose come queste costruite fuori dal precipuo centro cittadino ed a contatto con l’amenità della natura, per il beneficio di quest’ultima senza nessun tipo di preoccupazione relativa alla sua capacità di diventare un parte indistinguibile dallo sfondo del suo paesaggio. Anzi, tutt’altro: questa opera dello studio architettonico shanghaiese UDG. Atelier Alpha, questo eccezionale… Palazzo sviluppato in 11 inconfondibili piani, curvo quasi quanto la propaggine tentacolare di una spropositata piovra sotterranea, implora di essere notato, discusso su Twitter (*ahem! Weibo) fotografato su TikTok (pardon, volevo dire Douyin) ed in ogni altro modo posto al centro dell’attenzione e della comunicazione pubblicitaria, in quella che potremmo definire come una delle principali capitali del divertimento dell’Asia. Niente meno che Chengdu, la città con 14 milioni di abitanti e l’estensione totale di un paese europeo di dimensioni medie, capitale de facto dell’odierno Sichuan almeno fin dall’ancestrale epoca degli Stati Combattenti (481-221 a.C). Un luogo dalle molte attrattive ed ancor più significativi meriti, incluso quello di aver contributo più di ogni altro alla notevole storia di successo del recupero dell’urside vegetariano più amato e conosciuto al mondo, proprio grazie al centro di conservazione della Base di ricerca di Chengdu per l’allevamento del panda gigante (Chéngdū dà xióngmāo fányù yánjiū jīdì – 成都大熊猫繁育研究基地) situata proprio sui confini del territorio naturale di queste notevolissime creature, a poche decine dai confini delle zone residenziali urbane. Tanto che è possibile affermare, con significativa precisione statistica, che di tutti gli appartenenti a questa specie oggi liberi in natura, oltre l’85% viva negli immediati dintorni di questo istituto ed a partire dagli ultimi anni, non distante dalla potenziale ombra del suo edificio relativamente recente e molto, molto avveniristico nell’aspetto…
La quaglia con la virgola sul capo e uno spiccato senso della solidarietà pennuta
La gente di città in genere non riconosce molte varietà d’uccelli. Abituati più che altro ai versi ripetuti di piccioni, corvi, gabbiani e l’occasionale pappagallo introdotto dall’uomo, guardiamo all’origine dei loro versi con un senso di tranquilla familiarità ed occasionale fastidio, associandoli a quel sostrato chiassoso che include lo squillo del clacson, le sirene della polizia ed il suono di autoradio distanti. Verso la seconda metà degli anni 2010, tuttavia, nel parco Presidio di San Francisco, una presenza anomala diventò familiare per i passanti e visitatori locali: stranamente saltellante, grazioso nella sua pura eleganza, emettitore di un particolare canto reiterato che può essere trascritto come “Chii-ca-go! Chii-ca-go!”. Ma nessuna possibile compagna o altro maschio in lizza per il territorio avrebbe più raccolto la sfida di Ishi, così chiamato per analogia con il celebre ultimo membro della tribù degli Yahi, nativi americani delle colline della Sierra. Esattamente come il proprio antesignano, questo piccolo rappresentante della natura era rimasto totalmente solo al mondo. Una condizione particolarmente sofferta per creature socievoli come la quaglia della California, famosa per l’inclinazione a riunirsi un tempo in gruppi tra i 60 e (raramente) più di 1.000 esemplari, straordinariamente solidali nella ricerca del cibo, la protezione dei piccoli e la vigilanza nei confronti dei predatori. Caratteristiche di uccelli ad oggi tutt’altro che rari, nonostante la caccia notoriamente entusiastica che ne viene fatto nell’intero spazio del proprio areale. Eppure la scomparsa della specie all’interno della quarta città della California, probabilmente dovuta alla progressiva proliferazione dei gatti ferali, dovrebbe rappresentare un monito fondamentalmente bene accetto. Poiché non vi sono molti gli altri volatili, qui o altrove, a possedere lo stesso di fascino frutto di un accurato equilibrio di fenotipi mirati a monopolizzare l’attenzione dei propri co-specifici del sesso opposto. All’interno della specie Callipepla californica, forse il più celebre rappresentante di un genere di quaglie del Nuovo Mondo, famose per la loro capacità di adattamento e la capacità di colonizzare paesi del Centro America a discapito delle specie locali. Eppure non sarebbe giusto, di sicuro, fargliene una colpa: uccelli non-migratori e perciò inerentemente soggetti alle alterazioni climatiche e del territorio, fatta eccezione per la capacità di scendere a valle nei mesi invernali, questi visitatori occasionali della nostra coscienza hanno quietamente e lungamente combattuto contro condizioni avverse. Che li hanno visti diventare vittime prescelte di una quantità spropositata di predatori, finché grazie alla notevole attenzione ai dettagli, la capacità di proliferazione e di trovare possibili fonti di cibo, hanno prevalso in buona parte di un habitat capace di estendersi lungo la costa Ovest, fino alle propaggini meridionali del territorio canadese. Insegnando i meriti di una creatura semplice, ma non per questo comune…