L’iperrealista delle cose semplici nell’era di YouTube

Marcello Barenghi

Marcello Barenghi è il disegnatore di Milano, famoso a livello internazionale e sul web, che può riprodurre alla perfezione tutti gli oggetti e gli animali presenti in casa vostra, dal più prosaico, come questo dettagliato pacchetto di patatine, a preziosi gioielli, lumache o pizze al pomodoro. Senza l’impiego di alcuno strumento digitale o fotografico, salvo la messa in pratica di doti artistiche fuori dal comune, disegna, poi accelera in post-produzione e quindi pubblica online splendide sequenze come questa, almeno due volte alla settimana. Così costituirebbe, a mio parere, la personificazione dell’artista che crea, non produce, come automatica risultanza del proprio tempo libero; sapendo che la fama arriverà da se, purché meritata. Mettersi d’impegno senza preconcetti, in tale ottica, diventa una finalità particolarmente valida, specie qualora si scelga di farne un metodo d’insegnamento, a beneficio della collettività. E a guardarlo mentre si mette all’opera, alternandosi fra le matite e i pennarelli con la padronanza di un prestigiatore, vien quasi voglia di provare ad imitarlo, stimolati dalla natura contagiosa della più classica e pervasiva tra le forme d’arte. Proprio tenendo presente quel comune sentimento, che anche lui conosce tanto bene, Marcello ci offre l’ausilio del suo intero canale dimostrativo su YouTube, con piglio giocoso e generosità. Che diventa la guida pratica, più ricca di un ponderoso catalogo d’ipermercato, verso la perfetta riproduzione iperrealistica di…Qualcosa, un quibus qualsiasi, purché abbia quelle tre solite, rassicuranti dimensioni da poter tratteggiare.
Il segreto sta tutto nella luce, anzi nel chiaroscuro, che non vuol dire, in questo caso soltanto correr dietro all’ombra. Sopra un foglio formato A4 di color grigetto, per meglio dare risalto all’essenziale brillantezza di certi dettagli, prendono forma, uno dopo l’altro, i vari contorni, valorizzati dal prezioso apporto delle due matite contrapposte: quella nera e la bianca, teoricamente invisibile ma che qui si dimostra fondamentale quanto l’altra, come lo zero nella matematica.

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Cinque topi acrobati, un gatto e un cane cliccatore

Nana&Kaiser

Potrebbe sembrare il cast di un circo, ma non lo è. Tanti animali, tutti assieme, che agiscono per il più nobile degli obiettivi: la divulgazione dell’addestramento etico, basato sul rinforzo positivo, o per così dire multimediale. Molti di quegli animali, tigri, leoni, elefanti e così via, probabilmente ne trarranno giovamento, prima o poi. E il merito, si capisce, è anche dell’abile padrona. Nonché del fido clicker, portachiavi rumoroso, da lei usato per comunicare, in modo istintivo, con i suoi variegati amici a quattro zampe. E con che risultati! Questa YouTuber semi-anonima, senza volto per sua scelta, è da tempo nota attraverso il nome del suo cane, Nana. Ma una sola rappresentante del suo metodo, per quanto d’eccezione, poteva lasciarci qualche dubbio. Ovvero: si può, per così dire, cliccare, onde farsi comprendere da ogni specie? Senza limiti di proporzioni? Simili interrogativi, nella loro fondamentale importanza, ci assillavano da tempo. Così quest’agilissima border collie, di una razza tipicamente amata dagli addestratori, è per gradi diventata l’inseparabile compagna di Kaiser, l’imponente, maestoso gatto ibrido del Bengala e di Suki, Famous, Raven, Shadow e Paris, cinque eccelsi roditori, dal pelo splendido e fluente. Per un simile team di eroi dei nostri giorni, tutto è possibile. Pubblicità, video virali, servizi fotografici…. A partire dall’altro ieri, in particolare, sta ricevendo ampia visibilità una nuova sequenza, durante la quale i cinque topoloni, superficialmente simili agli abitanti delle proverbiali fognature, si trasformano in altrettanti Power Rangers, balzando fra le sedie, dentro ai tubi, sopra ai muri, oppure dritti nella mano della padrona. Meglio di Ratatouille! (imprese culinarie a parte, e meno male) Così si scopre, non ce l’aspettavamo, che addestrando il più classico nemico dell’umanità, paventato parente del demonio, se ne potevano trarre grandi soddisfazioni; vallo a trovare, un cane che ti salta a questo modo, l’equivalente della sua lunghezza, per 9, 10 volte. O che salga adorante sopra la tua gamba, sperando nell’essenziale bocconcino. Del resto con il cibo, lo diceva la sapienza popolare, si addestrano pure le belve. Però qui, per fare tali e tante cose, soltanto quello non bastava. Infatti c’è qualcosa in più: quel suggestivo sound, di un “flauto” meno magico, ma molto cliccatore…

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Ragazza pseudo-psionica sconquassa la caffetteria

Carrie

Nell’era di YouTube, ci sono diversi modi per creare la perfetta candid camera. Ne abbiamo di semplici, spontanee come una vecchia barzelletta: tre uomini entrano in un bar, la cassiera pone domande imbarazzanti, si spegne la luce d’improvviso e… Surreali, bizzarre: qualcuno si veste da lumaca, si apposta vicino ad un semaforo e al momento di attraversare la strada… Tecnologiche, innovative: il drone telecomandato con la forma di un grosso scorpione, sballonzolante, corre fra le gambe che… E poi, c’è questo. La sublimazione più totale del terrore, ovvero qualcosa di così elaborato, tanto scenografico e inconcepibile, che parrebbe appartenere ad una classe del tutto differente. Che ti colpisce quando meno te lo aspetti, scomodando il cardiologo di fiducia. La scena, stavolta, si svolge a New York, all’interno di un pacifico luogo di ristoro, riempito per l’occasione di carrelli motorizzati, carrucole e altri implementi malandrini.
Il momento in cui ci si concede, in luogo pubblico, l’essenziale tazzina di caffé assume connotazioni differenti qui da noi, rispetto ai remoti Stati Uniti, paese da cui proviene quella classica bevanda. Il sacrosanto bar della tipologia italiana, rumoroso, confabulatorio, è un luogo d’incontro, il veloce attimo di sosta fra casa e lavoro, una breve tregua nel mezzo dell’ennesima giornata piena d’impegni. Tutt’altra storia questo tipo di serafiche caffetterie, comunemente dette dagli anglofoni café. Sedersi a tali tavoli, spesso forniti di un ottimo segnale Wi-Fi, sarebbe quasi come farlo in una biblioteca. Al visitatore, laptop o tablet alla mano, viene automaticamente riconosciuto un diritto a star tranquillo, mentre sorseggia con eleganza quel decilitro di prestigioso europeismo, riprendendosi, soavemente, dagli sgravi e le panciate dell’ennesimo fast-food. Ma gli incidenti, ecco, possono capitare. Per esempio, se ti versano dell’acqua sul MacBook (eresia!) Non è che puoi scatenare un putiferio. Facevi forse meglio a lasciarlo nella borsa, cara giovane fanciul-err, volevo dire Carrie. Come, chi è Carrie?

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L’immortale Dubstep Kombat, che non ammette noob

Mortal Kombat

Ultima frontiera delle botte, questi due brutali ninja nel deserto, magistralmente interpretati da Johnny Yang e Tony Sre, al soldo di un digital director d’eccezione, Mike Diva. Due minuti di pura adrenalina, sulle note disarmoniche del più inumano dubstep. E a guardarli un poco meglio, i mostri occulti paiono parecchio familiari: Scorpion, vendicatore non-morto del suo clan, VS. Noob, tenebra sfuggente, con un nome dal pericoloso doppio senso. Disse Confucio: “He who calls for a noob, is often the noob himself!” E pure in questo specifico contesto, tutto sommato, quel saggio ci aveva visto giusto. Ai tempi, quando il misterioso guerriero delle ombre fece il suo ingresso nell’arena fulgida di Mortal Kombat 2 (1993) trionfo della digitalizzazione combattente, non c’era il gioco online, mancava la netiquette e si andava in sala giochi col grugno del duro marinaio, pronti a scambiarsi spaventevoli minuzie verbali con i propri avversari d’occasione: “Sei una schiappa! Come, non lo sai che la fatality di Sub-Zero si esegue con  Avanti – Avanti – Basso – Calcio Alto (Dalla distanza esatta di un calcio) e non Avanti – Dietro – Basso – Pugno Basso (Da distanza ravvicinata)? Che ci sei venuto fare? Lascia il passo, ritirati e medita su ciò che hai fatto!” Gradualmente, giustamente, noi gamer siamo tutti diventati molto più attenti (alle apparenze) del buon competere civile. O per meglio dire, più sottili, perché indubbiamente via l’etere, senza metterci la faccia, si riesce ad essere altrettanto crudeli. O anche di più. Tanto che nell’era dei deathmatch, dei MOBA e del matchmaking, basta una parola di quattro lettere per scatenare l’odio collettivo, che rimbalza fino a provocare l’improvviso sfaldamento, pure dei gruppi più affiatati. La pronunzia, anzi scrive su tastiera, lo stregone del party ruolistico alla World of Warcraft, oppure il cecchino trincerato dietro tre saldi strati di sacchetti antriproiettile: “Siete tutti dei N-O-O-B”. Noob: contrazione di newbie, novellino. L’eterno principiante. Non importa che tu abbia 350 ore di volo, 1.000 abbattimenti all’attivo nella tua carriera di Battlefield 3, il maligno co-pilota potrà pur sempre, prima o poi, darti del Noob. E allora, apriti cielo, perché la situazione sta per precipitare. Quindi, tornando a quell’omonimo di Mortal Kombat…Il nome completo del ninja, Noob Saibot, dal punto di vista etimologico è molto più antico. E dunque, vanta una diversa provenienza: sarebbe l’inversione di Boon & Tobias, i nomi dei due creatori della serie. Miglior luogo per nascondersi, non potevano trovarlo!

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