Fra schermi e processori, ventole o condensatori, l’utente diventa un ingranaggio del sistema, soprattutto nelle grandi aziende. Tecnologia: il mondo dell’assoluta razionalità, logico e coerente. Così le personalità creative, esplorandolo, devono portare l’uniforme. Ogni cosa è specializzazione. Il montatore video professionaista non effettua le riprese. Chi fa il ritocco di una foto difficilmente l’ha scattata, colui che impagina, in genere, non costruisce siti (tagli al personale permettendo). E in fondo poi, perché? Se guardi gli spazi online di un gestore telefonico, di un grande magazzino ecc…Confrontandoli con le rispettive brochure o manualetti, non è che cambi poi moltissimo. C’è un intestazione –pardon- la head, ci sono riquadri geometrici con immagini e figure –pardon- i banner e il testo, molto testo, schede tecniche o piantine. Lo fai su carta, piuttosto che su schermo, il risultato è del tutto simile o persino uguale…Si e no. Ciò che cambia resta dietro, invisibile agli utenti. Per produrre il web occorre programmare in più linguaggi, adattarsi a degli standard contrapposti. Diciamolo, la colpa è pure sua. Ebbene si, di questa ragazza! Per anni la giovane guerriera, in qualche città del distante Oriente, era cresciuta lontano dai nostri riflettori virtuali, fino a quest’età fatidica della prima adolescenza. Ci aveva reso la vita difficile, col suo modo astruso d’interpretare l’HTML. Oggi è finalmente qui, iper-agguerrita, e ha gia trovato i suoi nemici senza volto né pietà, rigorosamente dotati di occhi minacciosi e bioluminescenti. Malware? Virus? “Cavalli” dei greci digitali, latòri di dubbiosi doni? Chi può dirlo. Stiamo parlando, comunque, di Inori Aizawa, la figlia segreta di 2chan e di Clippy (quella saccente graffetta che abitava in fondo a ogni pagina di Word). L’ultima mascotte di una compagnia che fra tutte, storicamente, è sempre stata quella più incapace di produrre la sua valida mascotte: l’onnipresente, l’eterna Microsoft.
Nessun ambito si muove per strade parallele, ciascuna indipendente dalle altre; così è anche questo, del mondo virtuale. Come sono i professionisti, così anche gli stereotipici utilizzatori occasionali. Tutti uguali. Siccome di questo concetto, l’uniformità, si è fatto il perenne termine paragone e fondamento commerciale, oggi siamo al parossismo di un’imprescindibile faziosità. Che viene considerata buona e giusta. L’utente ideale, per uno dei maggiori browser, sarebbe un po’ come un soldato. Specializzato nel suo ruolo, fedele a un ideale, soprattutto: quello di un potente logo. Ma che noia queste mele morsicate, Pokéball multicolori (cromate) e/o bussole bluastre da safari! Soprattutto, perché dovrei cliccare su quella vetusta “e” minuscola, con appena un accenno agli anelli di Saturno, per di più offuscata da una pessima reputazione (soltanto parzialmente motivata) di lentezza funzionale e incapacità interpetativa. Ora che Internet Explorer si rinnovi. Anzi, che affronti la sua vulcanica trasformazione. Verso la notte dei super-eroi nipponici, evoluzionisti per necessità, di grandi battaglie postumane. Verso le misteriose allegorie robotiche e il Futuro.