Sembra un fiore, invece è ferrofluido

Ferrofluido

Porcospino nero liquido che scorre. Ma non verso il basso, all’incontrario! Su per la salita e fino in cima, ad acquosa mimesi dei capelli, dove sboccia fior di cardo, senza freni gravitazionali. Se lo tocchi, la mano ti diventa nera. Non lo fare. Un liquido ben saturo di particelle di metallo, ecco che cos’è. Già piuttosto fuori dal comune, come sostanza, senza andarci a mettere anche la forza motrice dell’elettro-magnete. Nascosto, come in questo caso, sotto a una scultura dalla forma funzionale, eccezionale. Nel creare uno spettacolo perfettamente logico e fisicamente saldo, eppure innaturale. Guarda: pare proprio un gioco di prestigio.
Questi fluidi misteriosi, una vecchia conoscenza dei video virali internettiani e diversi gruppi d’artisti, derivano dall’agglomerato di innumerevoli minuscole particelle (anche meno di 10 nanometri ciascuna) di ematite, magnetite o ferro, diluite all’interno di un liquido che ne annienti la viscosità. Olio, possibilmente, o un qualche tipo di solvente organico. Altrimenti, altro non diventerebbero che sabbia bagnata. Mentre da tale commistione nasce l’incontro fortunato qui messo in mostra, che dimostra chiaramente le caratteristiche del secondo stato della materia, liquidità, eppure ha una sua forma corrugata e incancellabile. Pronta a riapparire, nel momento della verità: ovvero quando si accendono le telecamere, tu guarda il caso. Il fenomeno si chiama Normal-field instability benché non abbia, all’apparenza, proprio nulla di normale. Avevate mai visto l’acqua, quel preponderante re dei fluidi, disporsi nell’apparente susseguirsi di picchi e valli, picchi e valli, in un modo tanto carico di sottintesi, interessante al tocco e affascinante per lo sguardo… Forse, se vivete su Titano, sesta luna di Saturno. Oppure, in altri luoghi ultramondani. Qui da noi, questa è l’unica maniera, che fa capo a quello che si chiama, per l’appunto, ferrofluido. Non certo ferro, fluido.
Il suo comportamento nasce dall’incontro di diverse forze contrastanti. La maggiore, chiaramente, è quella della potente calamita, generalmente al neodimio, usata per sollecitare il movimento. Come in un motore d’altro tipo, questa pone le basi della scena, a partire da quel gesto quasi universale, la pressione di un interruttore. Ma non c’è niente di indotto, in quello che succede dopo; ebbene si, contrariamente all’apparenza, questo succedersi di bitorzoli è la forma che garantisce la migliore conservazione d’energia. E dunque, ciò che l’ordine prestabilito del cosmo impone per definizione, addirittura in tali assurde circostanze. In cui la gravità deve combattere con quell’unico nemico che conosce, il magnetismo, e nel farlo stabilisce la surreale forma d’armistizio.
L’energia percorre il fluido, tendendo a disperdersi. Ma poiché l’aria è meno invitante, a tale scopo, di quest’acqua nera, per ciascuna propaggine l’endemica viscosità interviene sulla linea di ritorno, creando l’avvallamento dell’onda. In un perfetto susseguirsi regolare, fino al ritorno sospirato di uno stato di equilibrio, semplice e apparente. Imposto al mondo per il pubblico ludibrio di colui che lo comanda.

Leggi tutto

La cavalletta grande come il Texas

Neobarrettia Spinosa

Trentasei telecamere, ciascuna posta sopra il ramo di un albero e chi ce l’ha messa? Quale sciocco mai vorrebbe assistere a delle scene tanto sconvolgenti…I virionidi sono un gruppo di cinguettanti passeriformi, lunghi al massimo una decina di centimetri, davvero graziosi e variopinti, che negli ultimi anni stanno lentamente scomparendo dall’intero meridione degli Stati Uniti. A partire dal 2010 un gruppo di studiosi della University of Notre Dame, tra cui Kathryn N. Smith e James W. Cain III, ebbe a mettere su carta e memoria digitale il modo in cui, un po’ come la tipica gazzella nella savana, i piccoli di questi uccelli fossero appetibili ad un vasto ventaglio di affamati predatori. Come previsto dal nutrito gruppo di scienziati, ben presto, ci si rese conto che i nidi di questi uccellini, pesanti qualche grammo appena, erano più affollati di un fast-food la sera di Natale: i serpenti americani dei topi (Elaphe obsoleta lindheimeri), tendenzialmente, proprio lì venivano a servirsi per la colazione. Giusto un uovo o due, niente di che. Qualche uccello vaccaro (Molothrus) al primo sopraggiungere di un vago languorino, allargava il suo grosso becco, facendo sparire un povero pulcino. Oppure tutti quanti, perché no. Stuoli di formiche, addirittura, si aggiravano per quei luoghi alquanto sfortunati, marciando in file parallele, nella speranza di trovare piccoli morti o vaghi rimasugli dell’altrui spietata libagione. Teschi già scarnificati, becchi ancora saporiti…
Ogni qual volta uno dei nidi sotto osservazione subiva un attacco, gli scienziati continuavano ad osservare i genitori degli uccelli, finché questi ultimi non tornassero a un comportamento normale, come se nulla fosse mai accaduto. Solo così, la natura poteva continuare sulla sua strada. Ma l’evento più incredibile l’avrebbero registrato il 10 luglio del 2010, verso le 11 di sera, da un obiettivo posto sopra un albero di Sophora secundiflora – E meno male, altrimenti chi ci avrebbe mai creduto! Qualcosa entrava dai confini dell’inquadratura, con lunghe zampe dalle molte spine…
I diavoli con gli occhi rossi, secondo un modo di dire popolare, sarebbero questi spettacolari appartenenti alla famiglia dei Katydidi, anche detti Tettigonidi o cavallette dalle corna lunghe. Al contrario della maggior parte dei loro parenti europei, questa particolare tipologia di insetto è voracemente carnivora e notturna, essendosi adattata, attraverso gli anni della sua vertiginosa evoluzione (ogni anno, due generazioni) a divorare qualsivoglia essere si muova, emetta suoni o vibri leggermente ad ogni singolo respiro. L’esemplare oggetto di questo spettacolare video, per l’appunto, è una Neobarrettia spinosa maschio, presa nell’atto di arrampicarsi sopra il ramo di un terrario, dalla sapiente telecamera di Precarious 333, autodefinitosi: “L’uomo con la telecamera e una relazione d’amicizia con gli insetti”. Il sesso della bestia, in questo caso, è facile da definire, visto che la femmina, oltre alla ricca selezione di zampe, ali, antenne, spine etc. presenta una vistosa spada posteriore, null’altro che, in effetti, lo strumento usato per deporre le sue uova, sotto un rassicurante manto di terriccio smosso.
Un privilegio, chiaramente, negato ai virionidi, volatili nidificatori, l’involontario oggetto di un simile sguardo, rosso e preoccupante…

Leggi tutto

Spirito di un flipper, lascia queste penne!

Lyrebird

PEW! PEW! In Australia, certe foreste suonano come una sala giochi. E la colpa è soprattutto sua, di questo uccello elettronico. SWIIISH! Con il dietro tecnologico, simile a un’antenna, e altoparlanti ben nascosti, nel profondo di… Un siringe molto sviluppato, al suddividersi della trachea. Non c’è neanche la laringe. Nell’uccello (superbo) della lira. Che non è un galliforme, né un fasianide, né tanto meno un pappagallo, nonostante le sue doti di perfetto imitatore auditivo, di ogni cosa che squilla, romba, trilla o cigola distante. Bensì un passeriforme, o per meglio dire, il terzo più grande al mondo, dopo il corvo imperiale e il corvo avvoltoio dell’Africa Nord Orientale, bestione dal cipiglio minaccioso. Mentre lui invece, ispira simpatia. Preferisce correre, piuttosto che volare. È lungo quasi un metro al massimo, dal termine della maestosa coda fino alla minuta testa, dotata di due buffi occhi tondeggianti e un sottil becco grigio, oggetto di ben poca attenzione. Ma quando lo apre, con esso si apre il Cielo. Inizia la festa, perché non c’è limite ai rumori che l’uccello può produrre: si ritiene, in effetti, che il Menura (questo il nome scientifico) sia l’uccello con l’apparato fonatorio meglio sviluppato in assoluto, strumento che utilizza spesso e con impavido entusiasmo, al fine di chiamare la sua lei-senza-una-coda, presso una radura e sotto il sole della primavera. A quel punto, come da copione, si applica nel suo abile pavoneggiarsi, una vera e propria danza seducente. Coronata dal momento in cui, alla fine, alza in verticale le due lunghe penne mediane, le dispone con le tredici filamentarie in un accenno di raggiera e poi le porta innanzi, per correggere la ricezione? Per deviare il vento del mattino? Per finire sulle banconote, i francobolli? L’effetto complessivo, ad ogni modo, resta straordinario. E conduce immancabilmente alla deposizione di quell’uovo nel suo nido, uno solo, da covare per un tempo di 50 giorni. Prima di ricominciare.
E si può ammirare un simile spettacolo, dall’inizio alla fine, nell’incontro qui video-documentato con quell’uccello marroncino che dovrebbe avere, stando all’utente redditiano Ornate Giant, nome e cognome. Sarebbe infatti Nova, l’uccello lira maschio del santuario di Healeswille, nel piccolo stato meridionale di Victoria, posto ad affacciarsi sull’oceano verso la Tasmania. Non proprio uno zoo, quindi, ma comunque un luogo che gli ha consentito di conoscere gli umani. E ascoltando i suoni di quel variegato ambiente, assumerli ed incorporarli nel suo repertorio. In natura, questi uccelli soprattutto fanno questo: costruiscono sequenze. Hanno già in mente, nel momento in cui si mettono all’opera, il preciso medley da produrre, sulla base di chi hanno di fronte.
Ed è buffo, perché dal nostro punto di vista umano, sembra quasi una presa in giro: quell’uccello che ti fissa, gorgheggiando, facendoti dei versi strani. Mentre invece, quello, chiaramente, è puro amore!

Leggi tutto

Motociclista effettua il salto con gli sci

Robbie Madison

Con il fiato sospeso per 114 metri, ad osservare una cometa umana. Che discende dalla cima e vola giù per l’equivalente di diciotto piani (nuovo record del mondo) come si usa fare, normalmente, con due assi piatte ai piedi. Ma qui si parla, gente, di due-ruote. O per essere maggiormente precisi, della supermoto, insigne versione multiruolo usata dai centauri più spericolati fin dall’epoca di Evel Knievel, il primo grande acrobata armato di manubrio e del pedale di avviamento. Da premere con forza, proprio come in questo caso, poco prima di lanciarsi nel…
Ma cominciamo dal principio. Lui è Robbie Maddison, nato nel 1981, lo stesso anno in cui quella leggenda di cui sopra, ricoperta dagli allori e i gran successi di un’interminabile carriera, ebbe a ritirarsi, raggiunta per miracolo l’età della pensione. E qualcuno potrebbe dire, con un senso dell’allegoria di stampo tibetano, che una tale anima sia stata ereditata, guarda caso, proprio in quella particolare casa di campagna dell’Australia, sita presso il bel paesino di Kiama, Nuovo Galles del Sud. Siamo, per intenderci, nella parte sud-occidentale dell’unico continente isolano, nexus globale del passare-il-tempo usando il rombo dei motori, le onde dell’oceano, il soffio inarrestabile del vento. O del resto si potrebbe dire che la Terra è vasta. E su di essa esistono persone per le quali niente è sufficiente, tranne la realtà. Quello che noi ci accontentiamo di sognare, per il tramite dell’intelletto, la televisione e i videogiochi, loro devono provarlo su pneumatici di carne ed ossa. E hanno la benzina, nelle vene: per agire in prima persona, per cambiare il flusso delle cose logiche o possibili, umanamente realizzate. Fino all’ultimo respiro! Così lui lo ritroviamo, ben presto, a correre nei campionati nazionali di Supercross ed FMX, la specialità che consiste nell’effettuare acrobazie a turno, sottoponendosi al giudizio dei Pari. Coloro che, evidentemente, questo campione lo trovarono virtuoso, tanto di spingerlo innanzi, oltre i suoi studi da elettricista e verso competizioni sempre più importanti. Nel 2004, Maddison vince gli X-Games d’Australia, grazie all’esecuzione in sequenza di 13 flips-giravolte (!) L’anno dopo supera un paio di record del mondo, salto maggiormente esteso e salto con acrobazia più lungo. Poi, nel 2009, si fa male a Las Vegas, pur completando addirittura QUELLA sfida; ma una tale storia appassionante, tanto celebre, voglio usarla per il gran finale.
Ci vuole chiaramente ben altro, per fermare simili campioni dalla volontà feroce. Che per ogni caduta, si rialzano due volte. Finché non giungono, mirabilmente, ad esagerazioni ultramondane come questa. Il luogo: lo Utah Olympic Park, complesso in cui si tennero una parte delle Olimpiadi Invernali di Salt Lake City, nel 2002. La parte più esosa, in termini di strutture necessario, visto che qui si trova, neanche a dirlo, il grande trampolino. E la pista dei bob, arzigogolato semi-tubo dove superare in abbondanza i 130 Km/h, a bordo di una slitta di metallo. (Vuoi vedere che…) Ma il tempo passa e qui non è rimasto più nessuno. Come sempre, dopo un grande evento, se ne vanno le persone, le telecamere, il prezioso senso dei minuti. In questo caso si nota addirittura, un’ulteriore assenza: non c’è più la neve, visto che siamo in estate. Poco male, giusto?

Leggi tutto