(Video completo dell’escursione a seguire nell’articolo) Non c’è niente di più rilassante che il campeggio. Quante cose, ci puoi fare! Ma fra tutte quelle attività di matrice anglosassone legate a tale contesto, c’è n’è una, in particolare, molto amata da grandi e piccini: la cottura a fuoco vivo del dolcissimo marshmallow. Il bianco cilindretto, tradizionalmente tratto dall’estratto mucillaginoso delle radici della pianta ornamentale Althaea officinalis ma che oggi, grazie alla tecnologia alimentare, è semplicemente frutto di zucchero gommoso e mescolato ad amido di mais. Ognuno ha la sua valida teoria d’impiego: lo puoi mangiare solamente un poco riscaldato, quasi crudo oppure cotto praticamente a puntino, finché non diventa di un caratteristico color marrone, possibilmente in mezzo a due biscotti e con un pezzettino di cioccolata – in questa forma esaltata, tale snack lo chiamano s’more. E c’è questa immagine esemplificativa, assai diffusa nel cinema per ragazzi o nei cartoni animati, di un qualche personaggio, tanto ansioso di assaggiare il primo bocconcino da prendere un bastone biforcuto dal terreno ed infilarci due, tre, dieci marshmallows, accostandoli con ingordigia al suo falò.
Perché il fuoco è uno stato d’animo, oltre che uno degli elementi del consorzio cosmico immanente. Quindi, di una persona davvero appassionata per qualcosa, si può dire che arde, brucia e che ribolle magma lavico nel suo cuore incandescente. Che nella sua fame, a forza di pensare, si stia lentamente trasformando in un vulcano? Il qui rappresentato Simon Turner, abitante di Christchurch in Nuova Zelanda e proprietario di una piccola compagnia aerea con sede nella libera Repubblica di Vanuatu, su quello stesso sentiero ha scelto una particolare scorciatoia, ulteriormente metamorfica ed energizzante. È infatti sceso e qui ne abbiamo la testimonianza, assieme al suo amico e cameraman specializzato Bradley Ambrose fino al fondo di uno dei crateri del monte Marum, sull’isola di Ambrym, a circa 1750 Km dal continente australiano. Dove le placche sommerse dei continenti, scontrandosi tra loro in mezzo al vasto nulla del Pacifico, si sono sollevate verso l’alto e, toh! È sbocciato un arcipelago, noto fino agli anni ’80 con il nome di Nuove Ebridi, fino all’ottenuta indipendenza dal colonialismo d’Occidente. Cos’è in fondo una terra emersa, se non il frutto di un conglomerato lavico che preme per uscire… Ma che in genere, non ci riesce. Salvo valide eccezioni, nella storia come nella geologia! Così. Non è davvero chiaro quale susseguirsi d’eventi, o particolare catena di ragionamento, abbia portato i due giovani scavezzacollo/i giù, giù nel buco frastagliato e poi avanti, fino al bordo sdrucciolevole di quella conca per estrarre dallo zaino, con gesto plateale, un lungo palo normalmente usato per la tenda (che però tenuto a quel modo, sembra più una canna da pesca). E allora ritroviamo Simon sul suo sgabello pieghevole, la bottiglia di birra nella mano sinistra, l’altra che tiene un lungo arnese e in fondo a quello, la perla bianca della sua merenda straordinaria. Chissà se avrà avuto una pazienza sufficiente per tirare fuori tutto il suo sapore…
Si vive nella costante cognizione che il contesto sia una parte del sapore. Pizza cotta a legna, oppure scongelata dentro al microonde: difficile affermare sia la stessa cosa. Eppure sarebbe possibile, dal punto di vista teorico, costruire un perfetto sistema di cottura innaturale, magari basato sull’effetto dei raggi fotonici o delle emissioni gamma-kryptonoidi (!) Talmente indistinguibile, nei risultati, da portare a chiudere qualunque sbocco di camino. Prepariamoci a criticare, da fedeli amanti della tradizione. La legna di quei forni non ha un ottimo sapore; non è dolce, né salata, non è umami e chiaramente, non si mangia per davvero. L’unico vantaggio che concede, per l’effetto di un’implicazione imprescindibile della termodinamica. è che sotto quella volta di mattoni refrattari offre un apporto termico davvero contingente e duraturo, in grado di fornire dei vantaggi utili a massimizzare il gusto della tipica nostrana. Una pizza, quando vera, pare infusa dello spirito vegetativo del mondo. In fondo cos’è l’alchimia, se non un tipo magico di associazione dei princìpi, come qualsiasi altro tipo di attività stregonesca, inclusa la cucina! Tonda e rossa, ricoperta di testimonianze ebullienti, croccantissima se vuoi. Proprio come piace a quel buontempone di John Frum. Come, chi è John Frum?