La ruota gira, la barca sale per 24 metri

Falkirk wheel
Via

Il profeta di Brahan, personaggio mitologico della cultura gaelica scozzese, possedeva una pietra magica con un buco in mezzo, detta Adder stone o pietra delle streghe. Secondo una leggenda riportata dal folkrorista Alexander Mackenzie, guardandoci dentro poteva scorgere visioni del futuro. Nel 1620, a seguito di una di tali esperienze, egli pronunciò di fronte al suo intero popolo queste strane parole: “In verità vi dico, un giorno le barche navigheranno tutto intorno alla collina di Tomnahurich”. Cosa intendesse in realtà lo sapeva solo lui, anche perché tale rilievo boscoso, nei dintorni della città di Inverness, era in pieno entroterra e noto soprattutto come abitazione di fate, troll ed altre strane creature. Però con il senno di poi, quest’uomo bizzarro ci aveva visto davvero giusto. Perché a partire dal 1800 per attraversare le Lowlands della Scozia si fa uso di un tipo particolare di strada, scavata nel terreno e riempita d’acqua: il canale navigabile, un vero prodotto dell’ingegneria moderna. Sfortunatamente, praticamente in contemporanea con il completamento di tale costosa, efficiente rete di collegamento statale, le imprese private scelsero d’investire i loro capitali su di un’alternativa più convenzionale e assai meno affascinante, la stessa dei loro vicini meridionali dell’Inghilterra. E fu così che il popolo scozzese conobbe la ferrovia, lasciando che i suoi splendidi viali d’acqua cadessero in disuso. Nell’ultimo secolo, ben poche imbarcazioni hanno visitato l’affascinante canale di Crinan, il rurale Monkland o il vasto Caledonian, la via che taglia il paese da costa a costa attraverso 60 miglia di villaggi, lochs e viste su panorami mozzafiato. E proprio nessuno aveva percorso, fino al 2002, l’interezza dell’antica via navigabile costituita dai due canali di  Forth and Clyde e quello di Union per il semplice fatto che attualmente, a causa della demolizione di alcuni vecchi bacini a tenuta stagna, nel punto in cui s’incontrano c’è un trascurabile dislivello di 24 metri, l’equivalente di un palazzo di 8 piani. La situazione sembrava impossibile da risolvere, finché qualcuno non pensò di chiamare l’architetto di Edinburgo Tony Kettle, che dopo un’attenta analisi suggerì di costruirci, neanche a dirlo, una grossissima ruota. E che ruota! Guardate un pò qui.

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L’attacco furibondo del capro allupato

Brazilian Goat

Il pericolo più grande è sicuramente quello che non ti aspetteresti mai. Quando la capra è serena, nel suo recinto a brucare l’erba mentre si gode il tepore dell’estate, non c’è nulla da temere. Nessuno infastidirebbe un leone o un orso, animali generalmente in grado d’incutere paura, mentre tutti amano il cornuto quadrupede dalla lunga barba. Lo nutrono e lo accarezzano, non privi d’interessata aspettativa per i beni che vengono inevitabilmente tratti dalla sua esistenza. Delle capre beviamo il latte, mangiamo il formaggio. Con la loro lana facciamo caldi guanti e cappellini, per meglio accettare il cupo gelo dell’inverno. Thor, dio del fulmine, cavalcava un carro trainato dalle capre immortali Tanngrisnir e Tanngnjóstr, di cui ogni giorno mangiava le carni per poi resuscitarle, al fine di continuare i suoi viaggi. Pensando soltanto agli aspetti positivi dell’animale, difficilmente proveremmo un giusto grado di timore vedendone un’esemplare per la strada. Dimenticandoci della sua natura selvaggia, immediatamente proveremmo spontaneo affetto e simpatia, tentando di aiutarlo a ritrovare la via di casa. Non così il gruppo eterogeneo di questi sfortunati passanti brasiliani, coinvolti accidentalmente nei 15 minuti di terrore causati da uno scornato capro in amore con la sua serafica compagna, smarriti, per un’accidente del destino, proprio nel mezzo di un affollato quartiere residenziale. Il fatto è che lui, preso dalla voglia di concludere al più presto o travolto da un forte senso di gelosia, a farsi aiutare non ci pensa proprio. E così da inizio al suo implacabile assalto.

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Emergence day: quando nascono le cicale

Return of the Cicadas

In questo preciso istante nei giardini, nei parchi, vicino ai fiumi e ai laghi del Nord America c’è un triliardo di esseri alati pronti a rinascere dal sottosuolo, accompagnati dal suono di un frinire roboante. Come i grandi mammiferi carnivori che vanno in letargo, le magicicada hanno fatto della pazienza un’arma, dell’attesa uno strumento e del sonno uno stile di vita. Diciassette anni fa, sbucando dal legno di un albero come striscianti larve, sono cadute in terra e hanno scavato in profondità, preferendo l’assoluta solitudine agli affanni del mondo di superficie. Occasionalmente, seguendo i loro ritmi dilatati, hanno succhiato la linfa dalle radici degli alberi. Aspettando. Secondo Samuel Orr, documentarista dello stato dell’Indiana, manca poco, anzi pochissimo: entro la fine di luglio tutto intorno a Washington D.C, Philadelphia e New York si scatenerà, ancora una volta, uno degli sciami d’insetti più grandi noti all’uomo, il tripudio momentaneo di un intero popolo artropode che tenta di proiettare i suoi geni verso il futuro. Bisognerebbe fare qualcosa, documentare l’evento a beneficio dei posteri di noi bipedi dall’intelligenza, e la curiosità, particolarmente sviluppate; però, occorre sbrigarsi. Il progetto Kickstarter Return of the Cicadas, lanciato attraverso la compagnia di produzione Motionclicker, consiste nella realizzazione di un documentario della durata di un’ora su questa rara contingenza naturale, con lo scopo finale di arrivare a trasmetterlo sul network televisivo PBS. Come di consueto, in proporzione al contributo monetario offerto all’autore, i partecipanti potranno ricevere la versione digitale del video, piuttosto che su DVD o Blu-ray, eventualmente accompagnate da stampe o poster in alta definizione. Una volta emerse, le cicale periodiche restano in vita soltanto per poche settimane, assediate tutto intorno da famelici e voraci predatori. Sarebbe bello se stavolta, oltre a loro, trovassero gli obiettivi di qualche innocua videocamera.

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La felicità è un pranzo a base di riso e kimchi

Sa chaeeobja

La gioia e contagiosa, come del resto può dirsi anche la fame. In questo video che si sta diffondendo  a macchia d’olio, neanche fosse il nuovo singolo di un big dell’industria musicale, un giovane coreano diventa l’antonomasia del mangiatore solitario, pienamente appagato dal suo cibo. La scena si svolge di fronte al PC, con il protagonista che dimostra con orgoglio le straordinarie qualità del lauto pasto appena giunto per corrispondenza, rivolgendosi con strane movenze alla sua webcam. Sembrerebbe, in effetti, essere impegnato in una complessa video-chat. E gradualmente i commensali virtualizzati lo incoraggiano nel suo delirio, forse con una punta d’invidia piuttosto che riconoscendo il suo pontenziale di intrattenitore, finendo per creare una situazione estremamente insolita, quasi surreale. Fra moine e gridolini infantili, risate sguaiate e sguardi improvvisamente seri e tremendamente concentrati, specie durante le complesse operazioni di apertura dei piatti in un luogo che non sarebbe a questo deputato, ovvero la scrivania, costui pone le basi di quel che potrebbe trasformarsi in un futuro classico del web, affine per certi versi a The Numa Numa Guy (Gary Brolsma) un altro insolito comunicatore del quale tutti ancora si chiedono se davvero fosse quello che sembrava, per lo meno al momento in cui iniziò la sua strada verso la fama. In un mondo in cui, tra gli eventi di YouTube, la diffusione via streaming di segmenti televisivi e altre trovate pubblicitarie si sta ormai cercando di monetizzare ogni angolo del web, questo nuovo fenomeno del pasto informatico spicca per almeno due motivi. Intanto viene dalla Corea, un paese che ci affascina  per le implicazioni esotiche della sua cultura popolare moderna, sempre più sfrenata e originale. E poi, soprattutto, appare con le caratteristiche di una vera contingenza del momento. Un breve sguardo nella vita dell’uomo che amava mangiare di fronte al suo computer. E buon pro gli faccia.

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