L’uomo dei razzi costruisce una bici

Colin Furze Bike

Non c’è niente di meglio, in una giornata nebbiosa, che montare in sella a un fragoroso pulsoreattore, per esplorare la brughiera inseguiti da una terribile scia di fiamme. Colin Furze è il giovane stuntman inglese, con un ricco background nel campo dell’idraulica, che detiene con orgoglio i record mondiali di: falò più grande, motociclo più lungo, carrozzina per bambini e scooter per disabili più veloci. Nella sua nuova folle bicicletta, messa insieme impiegando tecniche anticonvenzionali nel suo garage del Lincolnshire, si può individuare la più perfetta applicazione del progetto dell’inventore francese Victor De Karavodine, colui che ai primi del ‘900 ebbe l’idea di far sviluppare la combustione ad un gas volatile fra la presa d’aria e l’ugello di un trombone d’acciaio, privo di alcun tipo di valvola o altre parti soggette ad usura. Certo, il veicolo di Colin si presenta con tutte le tipiche limitazioni di un prototipo. La bombola del carburante deve essere tenuta in mano da un assistente, costretto a seguire di corsa la strana diavoleria metallurgica. Soltanto in un secondo momento il gruppo avrà l’idea di eseguire un test della velocità massima, caricando il pesante ma essenziale contenitore a bordo di un furgone, quello impiegato per giungere sul luogo dell’esperimento. Liberatosi del suo limitatore umano, l’esperto daredevil riesce così a raggiungere con facilità i 50 chilometri orari, con ottime prospettive di un’ulteriore accelerazione. Purtroppo, in quel preciso attimo di trionfo, il proprietario della pista per aeroplani in cui si sta svolgendo la scena li raggiunge in auto, lamentandosi del rumore. Un suono che si potrebbe descrivere come la flatulenza di un dragone, accuratamente sincronizzata sul fastidioso ritmo dei 50-60 Mhz.

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Quel piccolo cane dall’ululato infernale

Cody the dog

Non tutti i cani dell’oltretomba hanno tre teste, collari borchiati e giganteschi occhi di brace. Cody, l’ultima star scoperta dal prolifico canale di YouTube Petsami è un grazioso maltese dal pelo folto e arruffato, alto all’incirca una 30ina di cm. La sua caratteristica speciale è il saper riprodurre la voce umana, compito che svolge con grande impegno e una certa dose di originalità, forse dovuta al tempo passato con il suo precedente padrone, l’Orco distruttore delle profondità del Tartaro. Non sembra possibile, eppure è così: quando il piccolo Cody spalanca la sua boccuccia di rose, subito scende la notte e le anime dei dannati gridano attraverso di lui cercando di turbare la debole psiche degli uomini. Per 5000 anni questa particolare razza di cani ha trovato posto nelle nostre case, fin dalle più antiche civiltà della Mesopotamia, costruttrici di ziggurat e maestosi templi. Attraverso le residenze dei faraoni, esportato su rapide navi fenicie, il fedele maltese approdò poi sulle spiagge di tutto il Mediterraneo, accolto in funzione della sua innata giocosità e simpatia, del suo coraggio e dell’abilità dimostrata nel dare la caccia ai topi. Nell’antica Roma possederne uno era l’invidiabile segno di uno status elevato, tipico delle famiglie patrizie o dei ricchi mercanti. Chi l’avrebbe mai detto? Se al posto delle oche del Campidoglio ci fosse stato uno come Cody, nessuno avrebbe dovuto combattere le orde dei Galli. Sarebbero tornati indietro da soli.

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La saga degli scheletri scintillanti

Scheletri ingioiellati
Via

C’è stato un tempo in cui gli scheletri passavano in processione per le vie della Roma, si vestivano d’oro e partivano all’indirizzo di chiese lontane. Altro che fuga di cervelli! Era il XVII secolo, quando la città eterna rappresentava il centro nevralgico della cultura e delle molte filosofie d’Europa. Ad essa, con le sue cupole e cattedrali, accorrevano le principali menti pensanti, le più abili mani d’artista e gli ambasciatori di ogni repubblica o regno, per quanto potenti, orgogliosi e remoti. Eppure, all’ombra di tale incontrastata maestosità, germogliavano i primi semi dello scontento. A pochi passi dai grandi teatri e dalle basiliche dei potenti, dilagavano i drammi della miseria e della malattia. I mendicanti morivano di fame, fra mille predicatori e medici ciarlatani. Si viveva nel costante terrore della peste, grande sterminatore dei popoli urbani dal Medioevo in poi. E al tempo stesso imperversava, a nord, lo spettro dell’eresia. Molte cose erano cambiate dal tempo dalle 95 tesi di Martin Lutero, fatalmente affisse alla porta della chiesa di Wittenberg, e una dinastia straniera poteva fregiarsi del titolo di Re dei Romani, con grande dispiacere dei potenti in Vaticano e di colui che in persona, volta per volta, occupava il seggio di Pietro. Il papa, tuttavia, per riacquistare il prestigio dei secoli passati poteva sfruttare un’arma davvero significativa: la cultura delle immagini. A quei tempi, ovviamente, non c’erano mezzi di comunicazione, come la radio o la tv, e dunque mancavano vere forme popolari d’intrattenimento. Al posto di esse una valida alternativa: le splendide chiese barocche. Si andava a messa per salvare la propria anima, si, ma anche per sperimentare il fascino di quella ritualità, per apprezzare lo splendore decorativo racchiuso fra tali mura e soprattutto, più di ogni altra cosa, per poter dire di aver conosciuto un santo. Questi erano ovunque e si presentavano in molti modi, talvolta strani e stupefacenti. Certo, non era proprio come incontrarli in carne ed ossa….Al massimo, qualche volta, c’erano tutte le ossa.

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Decolla come un fulmine ma pesa 40 tonnellate

JATO

Quando i vichinghi assaltavano le coste della Britannia o della Normandia, tutto l’equipaggio doveva immergersi nella furia della battaglia. Il timoniere sbarcava con gli altri impugnando un pesante scudo e persino il cuoco di bordo affilava le asce e seguiva il suo comandante nel mezzo delle fila nemiche. Giunto il momento della verità, nessuno aveva più un ruolo esclusivo e tutti contribuivano allo scontro. Così è, ancora oggi, per i Blue Angels, la squadriglia acrobatica della marina degli Stati Uniti seguita assiduamente da più di 13 milioni di persone, notevole soprattutto per la maestria dimostrata nell’impiego dei cacciabombardieri F/A-18 Hornet, con cui realizzano coreografici voli in formazione di 6 elementi. E celebri, anche, per il loro variopinto aereo da trasporto, un colossale C-130 Hercules detto Fat Albert, il quale piuttosto che limitarsi a fare da taxi volante per le apparecchiature e gli uomini partecipa anche lui, da protagonista, a ciascuno degli eventi in calendario. Decollando praticamente in verticale, nonostante le sue 35 tonnellate di peso (a vuoto) grazie all’impiego di un’originale serie di razzi ausiliari monouso, i cosiddetti JATO, concepiti per l’impiego in situazioni difficili, con piste troppo corte o carichi eccessivi a bordo. Originariamente, durante la guerra, venivano talvolta montati sugli alianti, per catapultarli subito in cielo senza l’impiego di un velivolo da rimorchio. Nel mondo di oggi tale tecnologia trova uno scopo decisamente più meritevole, quello di far sognare gli spettatori. Superando i limiti della fisica apparente nell’equivalente moderno di una drakkar scandinava, soavemente lanciata tra i mari celesti.

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