Kokeshi, le bambole totemiche dei giapponesi

Kokeshi

Ci sono due tipi di giocattoli a questo mondo, declinati in ciascuna forma progettuale. Due tipi di aeroplani. Altrettante automobiline. Due guerrieri: soldatino, e generale. E pupazzette dalla foggia deliziosa, tra l’altro. Il primo tipo è raro e ricercato. Da qualche parte, non so dove, è custodita la perfetta bambolina giapponese. Siede sopra un piedistallo di broccato rosso, accanto a suo marito l’Imperatore. Con quattordici strati di splendenti vestitini, in sete raffinate e nello stile di passate Dinastie. Ha un copricapo alto e flessuoso, con gioielli che ricadono a cascata, incorniciandogli lo sguardo conturbante e connotando la sua posa rigida, impostata. Mi riesce facile immaginare le vicende che l’hanno portata lì, dentro allo scuro mobile di legno di ciliegio: era stata di una bambina di ottima famiglia, che l’ha ricevuta in dono, assai probabilmente il 3 di Marzo di qualche secolo fa, nell’occasione dell’Hinamatsuri, festa nazionale della sua categoria. Quindi, lì rimase. Dopo quella sera memorabile, nessuno l’ha mai più toccata, per paura di macchiare quell’eterea porcellana, o perdere la protezione offerta dagli spiriti malvagi. È un oggetto straordinariamente raffinato, questa perfetta bambola giapponese. Si chiama 雛人形 (hinaningyō).
La bambola perfetta giapponese, forse, è del tutto differente. Qualcuno l’ha comprata, durante un viaggio di piacere, presso la bottega di un “comune” falegname. Semplice e gioviale, un uomo forte, ma creativo, che lavora certamente tutti i giorni, per mangiare. E come lui, questa こけし (kokeshi) è semplice e diretta, distillata fino al nocciolo della questione. Ed è viva nello spirito, proprio perché immediata. La sua giovane proprietaria, assai probabilmente, l’avrà scelta di persona. Così felice, da quando l’ha ricevuta in dono dai suoi genitori, da portarla in giro nella onbu, la borsa-passeggino, lasciando che i raggi del sole ne scolorissero vernice e grana. Perché: non importa. Questo non è un giocattolo prezioso, da custodire dentro caso. Oppure, d’altra parte, lo è tanto maggiormente, proprio perché usato senza alcun ritegno.
Le kokeshi appartengono a quel tipo di artigianato popolare così tradizionalmente trascurato, dai libri di storia, che viene fatto risalire per derivazione dalle epoche più antiche. E si dice: “Fin da quando l’essere umano ha avuto la coscienza di se, ha cercato di plasmare a propria immagine i diversi materiali…” Solo che tale spiegazione assai vaga, in questo caso, si applica soltanto in parte. Perché questi particolari ninnoli cilindrici nella loro forma tradizionale, così colorati e caratteristici, un’epoca d’origine grossomodo ce l’hanno: siamo nel XIX secolo, quando fiorisce in Giappone un nuovo tipo di turismo. Gli abitanti dei sempre più vasti centri urbani, stanchi di lavorare tutto l’anno e senza un attimo di posa, riscoprono il piacere dei bagni termali, gli 温泉 (onsen). Dalla distanza d’Occidente, è facile dimenticare come quell’arcipelago sia ricco di attività geologiche più o meno minacciose, dai vulcani ai geyser, dalle fonti solferine ai terremoti. Per ciascuna prefettura, in effetti, abbondano i varchi d’accesso alle regioni del profondo, da cui sgorgano le acque calde in grado di curare ogni diverso tipo di malanno. O almeno, così si riteneva, e ancora in parte ci si crede. Partendo verso un certo tipo di pellegrinaggio, culminante con quest’immersione nella vasca naturale in assoluta nudità. Fra membri solo dello stesso sesso, come si usa ancora, o nella maniera di una volta, uomini e donne insieme, senza un’ombra di vergogna. Che fosse proprio questo, il merito dell’esperienza? L’annientamento dello stress, assieme al complesso artificioso di vergogna, attentamente costruito dalla società moderna. Da tali viaggi, ad ogni modo, si tornava ritemprati. Differenti nello spirito e nella presenza. Ed idealmente quasi sempre, col perfetto souvenir

Leggi tutto

È giunta l’ora (di dare al porcospino la sua zucca)

Porcupine Pumpkin

Ah! Gioite, è la stagione. Il giorno e l’ora, l’orrido momento. Quando gli spiriti del mondo, secondo le credenze d’Oltreoceano, vagano su strade dissestate in cerca d’anime da annichilire. E noi non contenti, già di questo, lì a vestirci come zombie, poliziotti e giustizieri con il volto della morte stessa. Apotropaico, chiaramente, resta il senso della cosa: come nel grande Oriente, in cui le immagini dei mostri e dei dragoni, fin da quando esiste la pittura, son servite a scoraggiare spiriti maligni e la sventura, personificata. Almeno, nell’idea fondamentale di partenza. Poi, si cambia e si va oltre; finché ormai nessun ricorda, di quel fabbro buono a nulla, Jack-della-Lanterna, che il diavolo stesso, truffò. E che per il voler di quello già scornato, come ogni volta capita, venne alla fine condannato. Alla trasformazione, di lì e per sempre, in mostro occulto della Notte, con luce di ben fievole speranza e denti acuminati, ricavati dalla scorza di una rapa vuota.
Tali ortaggi sono ovunque, già intagliati ormai da tempo e messi sopra i davanzali (di chi preferisce, alla Befana, feste d’altri mondi culturali) Il momento è prossimo. E guai saranno certamente, per tutti quelli privi di un tal volto sghembo posto a guardia della casa! Presto visitata dai vampiri, dalle streghe et cetera. Il funzionamento? Davvero chiaro. Ogni cosa dalla forma circolare, nell’immaginario collettivo, è come un uovo. Da cui scaturiscono le cose più diverse. Non soltanto così, zucche. Esiste pure il caso di una sfera esatta, mezza bianca e mezza rossa, con un tasto in mezzo; come da copione, tale Pokéball può contenere…Le creature variopinte, di una festa senza fine, il carosello di battaglie del famoso videogioco giapponese. Come la zucca ospita fantasmi e pipistrelli, perché dal canto suo li crea, con il gesto dell’allontanamento. Tutto esiste, se ci credi abbastanza da giocarci. Esiste, addirittura il porcospino americano! Ma devi crederci davvero, oppure non verrà.
“Ho le spine dentro” Sembra dire: “Non toccarmi o te ne pentirai” E in seguito, cento altre cose differenti, con la rabbia e un senso di assoluta fame ed entusiasmo. Teddy Bear, come hanno scelto di chiamare la bestiola, non tace proprio mai. Le sue vocalizzazioni sono un continuo susseguirsi  di piagnucolii, lamenti e gridolini. Benché l’origine dell’ansia, a ben guardarlo, sia supremamente chiara: è frutto di una gioia sopraffina. Perché l’animale ha ricevuto, come dono stagionale, un’intero calderone di zucchette. Roba rara-rara-veramente, sulle tavole del mondo. Certamente, perché prive di sapore, soprattutto, e poi utili per l’altro scopo, quello protettivo di cui sopra. Eppure, ad averceli, compagni casalinghi come questi. Si vivrebbe molto più sereni…

Leggi tutto

Il supplizio dell’abulico consumatore

Infomercials

“Non hai comprato, non hai comprato. E adesso, come farai?” Il classico venditore televisivo è un personaggio che dimostra di possedere, molto spesso, una spiccata componente diavolesca. Come le occulte presenze di Poltergeist, si manifesta dalle emanazioni elettromagnetiche dell’etere, per condurre innanzi una novella di assoluta perdizione. Ma a differenza di queste ultime, offre sempre una singola e remota luce nel profondo dell’oscurità. Qualche volta in senso letterale (incredibile! Dotata di una dinamo a pedali!) Avete presente la reclame lunga di stampo americano? In cui un prodotto bizzarro, estremamente specifico e relativamente costoso, viene proposto al pubblico passivo, con verve annessa del tutto comparabile a quella di una reliquia religiosa… Ce ne sono di vari tipi, eppure il metodo rimane sempre quello. Dimostrare l’assoluto senso di tragedia! Come quando andarono di moda presso i nostri lidi, per un tempo alquanto lungo, quei coltelli di fabbricazione giapponese che vantavano il nome di Scioo-gùn (pronunciato, pressappoco, proprio in questo modo). Chiaramente, la collettività telespettatrice d’Europa si è sempre prestata maggiormente a soluzioni di disavventure semplici nella composizione. Chiare ed evidenti, come la cucina. Ed era drammatica, la sequenza di presentazione, in cui nulla si tagliava, senza l’uso di Scioo-gùn. Il pane diventava quasi pari a un blocco di cemento. Le zucchine erano dei pilastri d’alabastro, per quanto rovinavano gli attrezzi da cucina. E le cipolle una bomba chimica, pronta ad esplodere in mancanza di lame adeguate, almeno degne di essere impiegate da Jack Ketch, il boia decapitatore.
Eppure tutto questo non è nulla, al confronto con una mattinata educativa trascorsa presso certe lunghezze d’onda, che rimbalzano fra le periferie dei 48 stati, più le Hawaii ed il gelo impressionante dell’Alaska. Lì migliaia di demiurghi, ogni giorno, convincono individui impressionabili dell’esistenza di un Problema. Non sempre lo stesso, a descriversi, eppure indubbiamente Quello, nei suoi primi fondamenti. “Tu, uomo/donna/bimbo/cane: inefficace fallimento” Così comincia, quasi sempre. La rappresentazione, praticamente teatrale, di una macchina del quotidiano ormai del tutto priva di energia. E l’incapacità, tipicamente umana, di trovare approcci alternativi ad un fastidio, non importa quanto grave. “Tu, tu, tu. I tuoi vestiti sono pieni di pieghette, il tuo cane perde peli ovunque, la tua casa è un groviglio di polvere. La tua automobile ha un cattivo odore. Tu! Non sai cucinare, né lavare, né stirare….” Finché alla fine, privati della forza d’animo, non si scorge da quel vortice l’immagine dell’ultima salvezza: un prodotto, sangue, carne e plastica di Lui, il venditore. La suprema suggestione di salvezza.

Leggi tutto

Bagno di cani con bomba di topi

Rat Baiting

In un deposito d’immondizia, nato dall’inedia dietro a un grigio capannone, si consumano le grida di un’atroce guerra per il trono d’Inghilterra. È la frenesia di una caccia senza quartiere, la corsa sanguinaria senza sosta fino alla vittoria. Lo scontro tra due modi di vedere il mondo: da una parte chi capisce, da quell’altra chi comprende e non perdona. Certo, è il Rattus rattus, mammifero roditore, colui che meglio si è adattato alla moderna società degli uomini e dei loro pari. Non la gallina, che depone poche uova, senza fisime particolari. Né la mucca generosa, piena di tranquillo appagamento. Ma l’essere scattante che si nutre degli scarti, con eterna gratitudine, e prolifera senza controllo fino a che…Un giorno ci sveglieremo, sulle prime luci di una nuova alba, sotto un mucchio di maligna spazzatura a farci da coperta; sarà il mondo, nauseabondo, ormai ridotto al guscio vuoto di una noce. E milioni di occhi rossi che ci fissano, dai pertugi e i buchi dell’incomparabile immondizia.
Convivenza, che cos’è? Il topo nero delle fogne è per sua natura relativamente piccolo, ma laido. E ladro. Per questo fin dagli anni inverecondi, è stato fatto oggetto di ogni sorta di malizia. Con trappola e veleno, con forca e manico di scopa, l’umana società lo ha mille volte schiantato, smucinato, totalmente sbriciolato; eppure, anno dopo anno, ritornavano le malattie. Peste bubbonica e felicità, gentilmente offerte da baffone, il coda-ritta vagabondo e le sue pulci beneamate. Si stima che tra il 1346-53, con il diffondersi del batterio della Morte Nera, siano periti tra i 75 e 200 milioni di esseri umani. Non c’è davvero da meravigliarsi. Mancavano le muffe di Alexander Fleming, nate per errore da colture tralasciate, ricche di propositi di guarigione. E i molto giusti, bravi cani, provenienti dagli incroci di generazioni.
Guardandoci addietro dall’alto del presente terzo millennio, in cui la tecnologia ci ha finalmente dato il predominio su quasi tutte le cose naturali, è facile guardare tali scene ed esclamare: “Poveri topi!” È l’anima di Mickey, Speedy Gonzales, Jerry e gli altri personaggi della nostra fantasia, dopo tutto, quella che vediamo assunta in cielo, per ogni mandibola di pitbull che riceve la sua sanguinaria gioia del momento. Eppure, pensa pure a questo: non c’è modo maggiormente naturale, di sconfiggere quel male. Quanti esseri innocenti, uccellini e piccoli scoiattoli, di passaggio per sbaglio, sono periti ingurgitando erroneamente del rodenticida…E quanti invece, inclusi gli uomini, hanno ricevuto il bacio della morte da un topino, preso in mano per curiosità! Esiste in teoria, nel remoto futuro, in mondo in cui topi, gatti e cani vivono in totale pace ed armonia. Ma tutto questo non è ora, non è adesso, quindi lascia l’osso e corri, corri e vai.

Leggi tutto