L’unica moto con una sola ruota

Ryno

Il futuro degli spostamenti veicolari appare incerto. Tra l’esaurimento dei carburanti fossili, la crisi economica e l’incapacità di rinnovarsi di un’industria molto conformista, ovvero quella dei mezzi di trasporto, la familiare automobile sembra ormai destinata a fare la fine di un vetusto dinosauro tecnologico. Fino a 20 anni fa, tutti erano sicuri di una cosa: a partire dal 2000 non avremmo più avuto bisogno dell’invenzione preistorica che più colpisce la nostra fantasia, la ruota. Auto volanti, con bizzarri congegni antigravitazionali, turbine o colossali magneti, ci avrebbero condotto da casa al lavoro passando per i cieli tersi di un pianeta pulito, limpido e silenzioso, alimentate da micro-pile a fusione, fantastici pannelli solari o i pensieri positivi di un’utopia socio-economica appagata e del tutto priva di conflitti. La realtà, come spesso capita, è che i cambiamenti richiedono sempre una fase di transizione, variabilmente lunga e travagliata. E noi quel momento lo stiamo attraversando, forse, con il numero sbagliato di pneumatici. Per tutti quelli che vogliono viaggiare in solitario sulle strade, ma la moto non la sanno portare, e nello stesso tempo disdegnano la costosa soluzione delle quattro ruote, oggi esiste un’alternativa intelligente: RYNO, l’uniciclo a motore elettrico che sembra quasi un Segway, ma permette di restare seduti mentre ci si sposta da un luogo all’altro, in tutta comodità. Al ritmo tranquillo di 40 Km/h, perché la fretta non sempre risolve i problemi della vita. E poi, a quel punto, si potrebbe fare il passo successivo e comprarsi un realistico costume da orso bruno. Tanto per passare inosservati…

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C’è uno sciame di cursori che aspetta solo te

Do Not Touch

Un vecchio detto afferma che “su Internet nessuno può sapere che sei un cane”. Perché il pubblico del web vedrà di te soltanto quello che tu vuoi mostrare. Se non partecipiamo alla discussione, a meno di voler lasciare una chiara traccia, restiamo invisibili. In questo video interattivo, creato per Kilo, l’ultima canzone del gruppo olandese Light Light, c’è una tecnologia in grado di registrare ogni movimento fatto dal mouse di coloro che passano di lì, riproducendolo a beneficio dei futuri visitatori. Cosa ci rappresenta meglio nei computer, in fondo, se non la freccetta del nostro mouse? L’avatar non è soltanto lo strumento degli anonimi di professione, ma un concetto imprescindibile, caratterizzante. Da un’iniziativa come questa si possono trarre molte conclusioni. Alcuni seguono pedissequamente le missioni del testo fornito sullo schermo, come in un videogame. Altri si ribellano, oppure restano passivi. In almeno un paio di casi, a sorpresa, si generano situazioni di cooperazione spontanea, con chiare finalità artistiche o di ribellione. Posti tutti insieme all’interno di uno spazio definito, il riquadro di un movimentato video musicale, i membri casuali di una folla assumono, chiaramente, le caratteristiche di un gregge o di uno sciame. Questo è materiale degno di una tesi sociologica; qualcosa che riesce, giocosamente, a spiegare e definire una piccola parte del pensiero umano.  Se davvero esiste un cervello collettivo, che trascende l’individualità dell’ego, dovrà pur esserci una sua componente minima. Si dice che la distanza coperta dai neuroni, se disposti tutti in fila, sia pari a quella fra la Terra e la Luna. E se noi potessimo prendere le freccette di ogni utente al mondo, chissà dove arriverebbero…

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Cavalieri russi contro un maligno Super Mario

TriBogatirya

C’era una volta l’ideale cavalleresco, fatto d’integrità morale e un profondo senso dell’onore. Semplice, diretto e impossibile da sovvertire, come i racconti dei menestrelli viaggiatori, fondamento romantico dei nostri attuali generi narrativi. Famosi guerrieri, fanciulle in pericolo e draghi sputafuoco; ciascuno essenziale agli altri due, in un triumvirato concettuale strettamente interconnesso, destinato ben presto a dissolversi per le strade tortuose del tempo. Prima ancora dell’informale guerriglia di Robin Hood, delle follie visionarie di Don Chisciotte, senza il fecondo immaginario Tolkieniano, l’ironia di Calvino oppure le rigide meccaniche di Dungeons & Dragons;  soprattutto ben lontano dai cupi intrecci narrativi del Trono di Spade, c’erano tre eroi: Il’ja MuromecDobrynja Nikitič e Alëša Popovič, rispettivamente: il fedele, il forte, lo scaltro. Secondo la tradizione dei popoli slavi orientali, i tre venivano detti bogatyr, un termine dall’etimologia complessa, che si potrebbe ricondurre alle gerarchie delle orde dei tatari invasori. Eccoli  in un cartoon russo, spin-off più smaliziato di una recente serie TV per bambini, mentre vanno in cerca di fanciulle in pericolo attraverso i paesi e le ambientazioni dell’immaginario collettivo post-moderno. Invitati sul fondo di un pozzo da un baffuto idraulico italiano, finiranno in un mondo a loro ignoto, dalle regole illogiche e sconsiderate. Per andare a caccia di un drago sputafuoco si, ma diverso. E il nostro amico Bowser, il diplodoco aculeato che governa l’esercito dei Koopa, riserverà loro almeno un paio di sorprese. Perché alla fine non sarà lui, stranamente, il cattivo della storia.

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La patata tornado e il gelato gigante coreano

Potato Tornado

Quest’uomo brandisce nella sua mano destra un oggetto misterioso, che ricorda la forma di un’elica turbinante. Non si tratta di una sorta di sciabola o arma contundente, ma di un invenzione gastronomica dei Pojangmacha (포장마차) i tradizionali ristoranti mobili della Corea. Mmm, delizioso! In quel paese, come in molti altri luoghi dell’Asia orientale, c’è una predisposizione innata al consumo di cibo da passeggio, che nasce in epoche lontane e ha condotto, attraverso i secoli, a innumerevoli creazioni culinarie, tanto insolite quanto affascinanti. Lui è Steve Miller, alias QiRanger, famoso blogger viaggiatore, mentre il suo snack trova identificazione nel nome ammaliante di Tornado Potato, un binomio in lingua inglese talmente universale, e riuscito, da essere stato recentemente trasformato anche in marchio commerciale, ad opera di un imprenditore dello stato americano del New Jersey. Si tratta di una patata che viene fritta e poi tagliata a spirale, disposta lungo un bastone di lunghezza variabile e successivamente insaporita con formaggio, chili piccante e/o salsa barbecue. Talvolta viene realizzata mediante un apposito dispositivo, che permette addirittura di metterci dentro una salsiccia. Secondo Korea.net, il blog ufficiale della Corea del Sud, le prime patate tornado risalgono al 2005-2007, ma viene sottolineato come in patria stiano diventando un prodotto sempre più raro. Chi volesse fare l’esperienza di sgranocchiare uno di questi bastoncelli passeggiando per il quartiere commerciale di Myeongdong, a Seul, dovrebbe sbrigarsi a prenotare il viaggio. Mentre l’estate si avvicina, i banchetti stanno per sostituirlo con un’altra sublime diavoleria….

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