Il peso specifico dell’incudine in volo

Anvil Shooting

Così parlò Zarathustra all’ombra di un cupo monolito, geometricamente perfetto. E mentre lui (silenziosamente) parlava, grazie alle note immortali di Richard Strauss, lo scimmiotto Guarda-la-Luna batteva in terra la prima arma nella storia dell’uomo, un femore bovino. La scena iniziale di uno dei film più influenti al mondo, Odissea nello Spazio, trova il suo culmine in quel preciso attimo fuggente: il nostro antenato primitivo, tracotante del trionfo dell’ego e finalmente certo di sconfiggere i suoi nemici, che scaglia in aria il fatale mazzuolo e…Dissolvenza in nero, si passa ad un’astronave soavemente in approdo Sul Bel Danubio Blu. Quell’osso, in effetti, non è mai ricaduto. La parabola inerziale di un qualsiasi proiettile rappresenta il prolungarsi di un momento perfetto, infinitamente sospeso fra cielo e terra, durante il quale si scolpisce nel creato la possenza di chi ha saputo donargli una nuova vita. Nessuno replicherà mai il gesto innovatore di Guarda-la-Luna, primo inventore ominide della preistoria, ma non per questo dobbiamo smettere di lanciare le cose. O di ammirare l’operato esplosivo di Gay Wilkinson, attuale campione del mondo nella specialità tradizionale del tiro dell’incudine. “Non è poi così diverso…” afferma lui “…Dal far decollare un pianoforte, una Cadillac o qualsiasi altra cosa che non sia stata concepita per volare”. La preparazione richiede un certo grado di attenzione ai dettagli. Prima di tutto, si deve disporre dei materiali giusti, ovvero sufficientemente antichi. La polvere da sparo di nitrocellulosa è troppo potente. Le incudini moderne, prodotte a macchina, si rompono facilmente. Con l’affermarsi della società industriale, ci sono arti e mestieri che sono andati perduti. Centinaia di migliaia di questi splendidi arnesi, fatti con uno o due corni, a piramide o a lingua, sono stati fusi attraverso il secolo scorso, per farne munizioni da cannone. Non soltanto le poche rimaste sono estremamente costose, ma per praticare questa nobile arte ne servono ben due. Una viene appoggiata a testa in giù a terra, sopra un disco di metallo, e viene poi riempita della cara vecchia polvere nera, la stessa usata dall’ammiraglio Nelson e dai suoi molti nemici coévi. L’altra, analogamente imbottita di esplosivo, si appoggia sopra la sua identica compagna. In mezzo, tradizionalmente, dovrebbe esserci una carta da gioco, a fare da miccia improvvisata. Mr. Wilkinson, invece, sceglie una soluzione in cordoncino, più affidabile e sicura. La pericolosità implicita nel volo pindarico di un bestione metallico da 50-60 Kg è già più che sufficiente a fargli ribollire il sangue, per non parlare, poi, di chi dovesse trovarsi a passare di lì.

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Salsicce-aragosta che crescono sulle cime degli alberi

Dryococelus 01

Da sempre, c’erano stati. Sua Maestà li aveva trovati, trasportando un carico di carcerati. Non sono mai cambiati. Il topo nero, quasi tutti se li è mangiati! Solo in pochi si sono salvati. Sopra una guglia di roccia, isolati. Questi grandissimi insetti stecco, prosaicamente detti “aragosta di terra” o “salsiccia mobile” hanno costituito, per millenni, una parte importante dell’ecosistema di un’isola molto particolare, sita 600 chilometri ad est dell’Australia, che deve la sua scoperta al capitano inglese Henry Lidgbird Ball. Costui,  al timone della nave HMS Supply. era solito spostarsi sulla rotta tra l’isola di Norfolk e la colonia penale di Botany Bay, trasportando i prigionieri condannati all’esilio dai tribunali degli spietati imperi europei. Il 17 febbraio 1788, navigando tra i flutti di un mare tranquillo, scorse all’orizzonte una piramide di basalto, svettante nel mezzo del nulla più totale. Avvicinandosi a questo luogo misterioso, silenziosa vestigia di un vulcano spentosi milioni di anni fa, scoprì poco più in là una terra emersa molto più grande, e ricca, mai calpestata da piede umano. Entusiasta, subito decise di battezzarla con il nome del primo conte di Howe, un ammiraglio britannico, suo antenato professionale. I marinai al seguito, inviati per piantarvi l’imprescindibile bandiera inglese, ritornarono presso il vascello con una ricca selezione di tartarughe e uccelli mai visti prima, che furono portati a Sydney per studiarli. Questo luogo dalla flora e fauna tanto originali divenne, quindi, un importante punto di approdo e rifornimento, presso cui gli equipaggi erano soliti lasciare capre o maiali, da prelevare volta per volta, in base alle necessità dei loro viaggi. Il primo insediamento permanente risale al 1834. Gli abitanti del luogo, aggirandosi nelle oscure notti tropicali, ebbero modo di ridefinire i preconcetti comuni sulla dimensione massima di un artropode di terra. Colpiti dalla bellezza e dall’utilità delle salsicce semoventi, ne fecero un uso importante. Le diedero in pasto ai pesci.

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10 anni di età, sconfigge un campione a scacchi

Samuel Sevian

Sembra la scena di una sit-com, con l’incontro tra il protagonista di Due uomini e mezzo e il dr. Sheldon Cooper, lo scienziato irascibile di The Big Bang Theory. In una fulminea partita di neanche 5 minuti, giocata secondo le regole della variante blitz chess, questo giovanissimo genio della scacchiera con tanto di lattina di 7-up  riesce ad avere la meglio sul campione internazionale Greg Shahade, fondatore di alcune delle più prestigiose scuole degli Stati Uniti, prossimo al conseguimento del titolo di gran maestro. L’azione è concitata fin dal primissimo secondo: il segnatempo viene messo a sinistra, poi a destra, poi a sinistra (risata del pubblico)  i due si stringono la mano, bianco muove il pedone in c4 (apertura inglese) nero risponde con c6 (difesa Caro–Kann, una scelta inconsueta) poi cavalli-alfieri in un turbinio di battaglie per il territorio, con le torri che avanzano ponderose (un sorso di 7-up) e i giocatori che devono, di continuo, risistemare i pezzi (piccola bevuta). Gli spostamenti sono talmente veloci, in effetti, da rendere meccanicamente difficile centrare la casella al primo colpo; né, del resto, sarebbe del tutto necessario: a questi livelli, i concorrenti percepiscono il flusso di gioco ad un livello tale da poter comprendere, istintivamente, la prossima mossa dell’avversario. A 28 secondi esatti, la svolta “Oy! I’m winning, I’m winning him! (slurp)” A parlare, ovviamente, è stato lui, il giovane sorseggiatore di bibite frizzanti. Non siamo neanche a metà partita ma iniziano a cambiare di lato i pezzi più importanti: Greg allunga la mano al centro della scacchiera, non trova il cavallo. La prende con filosofia. In un crescendo di piccole smorfie e battute, perde gradualmente terreno “Ah, state pure registrando?” ride sconsolato. Alla fine, rimane soltanto il suo candido re con un pedone…Circondato dall’ebano nero dei suoi nemici. Un passo a destra, uno in avanti. Non ce la farà mai: il 34enne chiama scherzosamente lo stallo, appellandosi a una mercé in cui non poteva di certo sperare. Poi, perde. La controparte prende la sua bibita e scappa via, verso nuove vittorie. Il pubblico osserva, senza parole, mentre lo sconfitto scuote la testa, divertito. Con quella serena rassegnazione che contraddistingue i veri sportivi, in ogni momento, anche i più imbarazzanti.

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La sistematica messa in buca degli eroi del cross

Erzberg

È successo durante la Red Bull Hare Scramble, rocambolesca fase finale del grande festival di motociclismo della cittadina austriaca di Ertzberg, un evento che attrae molte migliaia di motociclisti provenienti da oltre 40 nazioni differenti. Una salita sul percorso in terra friabile, un salto spettacolare, l’entusiasmo del pubblico, pochi secondi e poi l’improvvisa sparizione dall’inquadratura del primo pilota, insieme a tutto il suo mezzo. Colpa, neanche a dirlo, di un buca non vista. Può capitare…Il fatto è che, poco più in là del tragitto designato c’era un lungo avvallamento. Non così profondo da causare infortuni significativi, per fortuna, anche perché a finirci dentro sono stati davvero tanti. Uno dopo l’altro, seguendo l’esempio della prima inconsapevole vittima, una ricca porzione di questo gotha dei motociclisti estremi si è dovuta arrendere all’evidenza: almeno per quest’anno 2013, il Gigante di Ferro (secondo nome della perigliosa montagna) aveva avuto la meglio. Ci saranno nuove occasioni! L’epico Erzbergrodeo, una sfida senza quartiere fra la tenacia dei suoi iscritti e le pendici di un rilievo spietato, anticamente famoso per le sue miniere del prezioso minerale ferro, si tiene regolarmente tra giugno e luglio, con la precisione del tipico orologio austriaco e quella certezza imponderabile che viene generalmente attribuita alle tasse. Si tratta, però, di un qualcosa di ancor più piacevole e attraente: tanto da riuscire ad ospitare in media 1800 partecipanti, un numero di molto superiore agli abitanti dello stesso paese da cui prende il via.

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