Quanto nella pratica di assaporare il gusto del tabacco trasformato in sbuffi di vapore è il frutto di un piacere soggettivo, quanto invece è la diretta risultanza del bisogno percepito di mostrarsi distinti, raffinati, alla moda? La risposta è che di certo non esiste un termine di paragone universale, contro cui stagliare l’individuale percezione di questi due princìpi contrapposti. Ma di certo quando ci si sposta oltre gli aspetti meramente estetici della semplice sigaretta, tutto ciò che ruota attorno a un tale mondo sembra connotato da significativi rituali, attenzioni e circostanze di palese prestigio apparente. Vedi il caso, ancora oggi simbolo di mascolinità pregevole, della pipa. Oggi un oggetto prevalentemente costruito in radica, un materiale creato a partire dalla radice dell’albero di noce, con una forma prototipica che è la diretta risultanza della necessità: la camera di combustione, un sottile stelo forato, la parte terminale che s’inserisce nel cannello, chiamata convenzionalmente bocchino. Eppure ciò non sembra essere stato, in molti casi nella storia dei nostri trascorsi, giudicato in qualche modo abbastanza. Particolarmente dal punto di vista dell’immagine, come esemplificato dalla straordinaria quantità di pipe costruite nelle più diverse culture, in base a crismi artistici o con attenzioni scultoree, raffiguranti di volta in volta soggetti e figure mitologiche, forme sinuosamente vegetali o personaggi della storia umana. Quasi mai capaci di raggiungere l’alto grado di sofisticazione, e l’attenzione ai dettagli, tipici di una ricca tradizione che può essere fatta risalire almeno al XVIII secolo, concentrata geograficamente nella zona pianeggiante a nordovest della Turchia, attorno alla città di Eskişehir. Questo per la disponibilità esclusiva, presso le miniera di quell’area, di un materiale che potremmo definire come il non-plus ultra di questo settore dell’artigianato: la cosiddetta sepiolite, o come viene chiamata internazionalmente dal tedesco, meerschaum. Schiuma di mare, poiché si credeva in origine che di questo potesse trattarsi, costituendo una risultanza del materiale organico trasportato dalle maree, in qualche modo cristallizzato in una sorta di gestalt fossilizzata che si accumulava sulle spiagge del Mar Nero. Non che tale fonte di acquisizione, nella realtà dei fatti, fosse utilizzabile per alcun tipo d’artigianato, vista la maniera in cui il minerale umido (in effetti un filosilicato di magnesio con ossidrili, derivato in maniera per lo più ignota dal serpentino) era solito sgretolarsi per l’effetto dell’erosione in componenti troppo piccoli per la pratica di alcun tipo di attività produttiva. Allorché l’effettiva fabbricazione dei manufatti titolari cominciò a diffondersi dal momento in cui vennero trovati giacimenti nell’entroterra, a profondità di almeno 40-50 metri, con noduli estratti sistematicamente attraverso una rete capillare di redditizie miniere. Ben presto seguiti dall’istituzione di una vera e propria filiera produttiva, ancor prima dell’epoca industriale, capace di condurre alla perfetta realizzazione di una pipa quale il mondo non aveva mai conosciuto prima d’allora. Anche considerando soltanto la sua notevole capacità di assorbire una patina, senza per questo contaminare il gusto del tabacco migliore. Ma ciò sarebbe, ancora e nonostante tutto, assolutamente riduttivo…
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Come perdersi tra i sette cerchi del castello della terracotta ad Hanoi
La struttura di un cono invertito composto da un succedersi di cerchi progressivamente maggiori evoca, nella concezione mistica dell’universo prevalente in Europa, la visione del paradiso cristiano, luogo delle anime destinate ad un luogo migliore al compiersi del proprio destino terrestre. Tale immagine probabilmente non figurava, tuttavia, al centro dei pensieri dell’architetto vietnamita Hoàng Thúc Hào, alle prese con quello che sarebbe diventato, dopo il 2019, uno dei simboli più iconici del suo particolare modo d’interpretare gli spazi civici ed abitativi. Nonché una destinazione di assoluto primo piano nel panorama urbano di questa città: Hanoi, la capitale sulla riva destra del fiume Rosso. Lungo il cui corso, un po’ più a valle verso il golfo del Tonchino, sorge da più di 500 anni un polo dell’artigianato e della produzione artistica profondamente celebrato nel contesto di questa particolare area geografica. Sto parlando del villaggio “della ceramica” di Bat Trang, tradizionalmente abitato da 23 famiglie, ciascuna titolare di un forno in grado di rafforzare la propria reputazione nel succedersi delle generazioni fin qui trascorse. Un luogo da visitare per trovarsi circondati dalle straordinarie fogge, colori e geometrie di manufatti utili o decorativi, ed ora farlo anche tra le mura di un’istituzione pensata per massimizzare l’esperienza multimediale che conduce a un tipo più contemporaneo d’apprendimento. Così il Trung tâm Tinh hoa Làng nghề Việt (“Centro per l’Essenza Artigianale dei Villaggi Vietnamiti”) sorge con tutte le amenità di una perfetta destinazione turistica tra le sue mura del colore dell’argilla, senza dimenticare la sua importante funzione di commemorare e mettere in mostra la lunga storia produttiva all’origine di questi luoghi. In ogni aspetto fin dalla sua particolare struttura, assemblata dal titolare dello studio “1+1>2” come una metafora visuale e iterativa di due significativi oggetti: la ruota del ceramista, base per la produzione di ogni vaso ricavato con le mani dalla sabbia silicea dell’argilla; ed il forno di mattoni tradizionali del tipo Lo Bau, costituito da una cupola di mattoni refrattari capaci di raggiungere i 12.500 gradi di temperatura. Tutto l’opposto, in altri termini, della struttura tanto rinfrescante da meritarsi l’attribuzione dopo l’apertura del premio internazionale Architecture Masterprize (AMP) per la migliore realizzazione culturalmente commemorativa, nel perfetto incontro di forma, significato e funzionalità. Nient’altro che il primo capitolo di quella che sarà, senz’altro, una lunga storia di successi nel massimizzare la visibilità e i meriti di quest’arte antica che non potrà, semplicemente, mai passare di moda…
L’esempio berlinese del palazzo che contiene un’autostrada metropolitana
Circostanze insolite portano generalmente a soluzioni o approcci poco ortodossi e non c’è stato in epoca moderna un luogo maggiormente fuori dalle situazioni urbani usuali, che l’enclave circondata dal muro di Berlino Ovest, resa in qualche inaspettato modo necessaria dalle consuetudini socio-politiche dello stato dei fatti al termine del secondo conflitto mondiale. Emblema della guerra fredda e simbolo della testardaggine degli uomini al comando, ma anche un luogo particolarmente ambìto residenza perché normativamente esente dalle incombenze ed i doveri civici di un fiero stato socialista, come la parte di Germania allineata con il Blocco Orientale. Il che avrebbe portato, anche al termine del lungo periodo delle defezioni dolorosamente contrastate a colpi di fucile dalle guardie di frontiera, ad uno stato di sovrappopolazione pressoché costante, con una quantità di alloggi disponibili semplicemente insufficienti agli oltre 2 milioni di persone in grado di chiamarla casa all’inizio degli anni ’70. Molte delle quali costrette dalle circostanze a vivere in condizioni disagiate, totalmente opposte a quelle che si sarebbero aspettati all’interno di una cosiddetta democrazia occidentale. Fu dunque nel 1971 che una grande compagnia di sviluppo edilizio privato, la Degewo, diede inizio ai lavori per costruire qualcosa di completamente nuovo: un complesso residenziale composto da due massicci edifici, dislocato come il soffitto di una caverna sopra una delle principali strade di scorrimento del quartiere Rheingauviertel. Coinvolgendo direttamente diversi architetti di larga fama, tra cui Georg Heinrichs , Gerhard Krebs e Klaus Krebs, i quali molto prima delle fine dovettero ritrovarsi a fare i conti con la problematica più comune: i loro committenti avevano esaurito i soldi ed il progetto si era trovato in un impasse procedurale entro un periodo di cinque anni. Inoltre le oltre 250.000 tonnellate usate per costruirlo, inaspettatamente, stavano iniziando sprofondare. Una problematica urgente che avrebbe necessitato l’immediato coinvolgimento del governo in qualità d’investitore, il quale finanziata l’immissione di potenti sbarre d’acciaio nelle fondamenta, avrebbe decretato che una parte significativa dei nuovi palazzi fosse assegnata in qualità di case popolari. Fu dunque proprio questo, il sentiero percorribile che avrebbe condotto l’Autobahnüberbauung Schlangenbader Straße (Complesso Autostradale sulla Via del Serpente) al suo tardivo ma riuscito coronamento nel 1980. Non che nessuno, in seguito, avrebbe continuato a definirlo in questa ponderosa maniera, preferendogli il tipico berlinismo di Schlange o Snake, ovvero molto più semplicemente e metaforicamente, “Il Serpente”. Questo anche per la sua lunghezza di 600 metri sufficiente a renderlo uno dei complessi di appartamenti contigui più vasti di tutta Europa e conseguentemente, del mondo intero. Offrendo un sentiero di possibile risoluzione, per il problema universale di riuscire a restituire all’uomo, i considerevoli spazi urbani attualmente necessari per gli spostamenti degli autoveicoli dal un lato all’altro del centro abitato…
Fortezza e centro del potere nell’Età del Bronzo: Arkaim, dove la Russia cerca il mito della sua storia
Alle origini del concetto stesso di civiltà può essere individuata la doppia realizzazione da parte dell’uomo di essere contemporaneamente il più potente alleato, ma anche il peggior nemico di se stesso. Per cui qualsiasi traguardo possa essere raggiunto da una collettività indivisa, con altrettanta facilità potrà venirgli sottratto, in un secondo momento, da una quantità pari o persino inferiore di persone, fermamente intenzionate a percorrere la strada più bassa delle interazioni tra i diversi gruppi sociali. Quegli stessi appartenenti ai luoghi d’incontro che, nell’epoca del Paleolitico, avevano costituito funzionali roccaforti contro gli animali e gli altri pericoli della natura, e che grazie alla lavorazione successiva dei metalli avevano imparato a trattarsi vicendevolmente nello stesso modo. La punta della lancia, la freccia incoccata nell’arco, il filo tagliente della spada e a un certo punto, come corollario delle tecniche di predominio e accerchiamento, l’invenzione prototipica del carro da guerra. Forse la prima macchina nella storia dei popoli, nonché un gradino verso la creazione del concetto di città e stato. Poiché in quale modo sarebbe stato possibile sfuggire all’odio del tuo vicino, supportato dal potere dall’energia equina, se non costruendo mura alte e solide, possibilmente difendibili da una posizione sopraelevata? D’insediamenti come quelli ritrovati in grande numero nella zona Trans-Uralica, tra le città di Magnitorgorsk e Chelyabinsk, il più grande dei quali avrebbe dato il nome alla cultura dei Sintashta, gli antenati delle genti Indo-Iraniche che durante il secolo scorso iniziarono ad essere associati col concetto vagamente trasversale di “Ariani”. In buona parte scoperti e studiati dall’importante archeologo di epoca sovietica Gennady Zdanovich, il quale nel 1987 si sarebbe trovato innanzi ad una delle sue scoperte più importanti: la doppia fortezza concentrica con quattro porte, densamente popolata, che potrebbe anche costituire l’osservatorio più sofisticato costruito prima dell’Età Classica: quel sito di Arkaim chiamato non a caso, in particolari ambienti, la Stonehenge della Russia europea. Oggi poco più che un cerchio di pietre parzialmente ricostruito, dall’estensione di 20.000 metri quadri, ma che all’epoca ospitava oltre 60 abitazioni con focolai, cantine, pozzi e fornaci metallurgiche. Circondate da mura in mattoni d’adobo essenzialmente impenetrabili, nonché inerentemente difficili da incendiare. Il che rende ancor più misteriosa la maniera in cui attorno al XVI secolo a.C, dopo almeno 200 anni di utilizzo, la città venne probabilmente devastata dalle fiamme ed i suoi 1.500/2.500 abitanti decisero di trasferirsi altrove, in quella che doveva costituire all’epoca una delle regioni più densamente popolate dell’intero continente eurasiatico…