Momotaro guardò l’orologio, guardò il foglio del test di metà anno, infine rivolse la sua intera attenzione sull’inesorabile avanzare di quella dannata coppia di lancette. Per gli ultimi 10 minuti aveva cercato di fermarle con la sola forza della mente. Adesso basta, non ce la faceva proprio più. Stranamente, la sua bocca prese a concersi in una smorfia, mentre le labbra si mossero spontaneamente sussurrando sottovoce “Sono freg…” La vecchia prof. Matsuda, subito guardinga, fece di nuovo saettare il suo acuto sguardo da un lato all’altro dell’aula di matematica, pronta ad intercettare eventuali fughe d’informazioni tra i suoi amati 14 pupilli. Non che il sentimento fosse ricambiato, anzi. “…Ato”. Momotaro, pensa! Non puoi portare a casa un altro brutto voto! Tentando di risolvere l’ardua equazione, finì per distrarsi ulteriormente. Impossibile riuscire a far di conto, quando si è coscienti dell’enorme peso della storia.
Strinse nel pugno l’amato ciondolo magatama, gemma segreta del potere. Come siamo giunti a questo strano 2560 d.C., l’epoca in cui tutti devono saper fare tutto? Io, ultimo discendente del clan degli artropodi guerrieri, costretto a far di conto come un comune servitore del daimyo di Owari! Dannato il pianeta Terra, che da quei tempi ha scelto di seguire la via della civiltà. Sono passati esattamente mille anni dalla prima invasione degli alieni di Alpha Centauri, spietati conquistatori dei sette continenti. Da quando Sauratomaton, il tirannosauro corazzato, scatenò l’onda che sommerse i palazzi di Atlantide e di Mu. E nessuno mai dimenticherà Deltraidazon, lo strisciante limulo chelicerato, grande divoratore degli eserciti d’Europa e delle Americhe settentrionali. Soltanto i nostri antenati samurai seppero resistere a quei terribili nemici, stringendo le misteriose alleanze che ancora preservano le poche roccaforti rimaste a questa umanità. La guerra non è mai finita, tutti lo ignorano e a me tocca pure andare a scuola! “Uff…” La prof. Matsuda lanciò un minaccioso colpo di tosse, come stesse schiarendosi la voce. Momotaro tacque. La sua ultima speranza: copiare dal foglio della sgobbona, la sua compagna di banco e di occasionali fantastiche avventure. Il tempo stava per finire. Questo era il momento di fare la sua mossa, imbrogliando.
Yuko, la coda di cavallo a ricoprire la nuca e parte della sua uniforme alla marinara, sedeva dritta innanzi a lui. Il fermaglio a forma di falena leopardo, lievemente luminoso, non poteva che accrescere l’innato fascino del suo splendido candore. Momotaro considerò come farsi passare una risposta. Il sudore sulla fronte, protendendosi sbiegamente innanzi, stava già per appoggiarle una mano sulla spalla… Quando gli capitò di avvertire un significativo, distante suono. “ALARM! Pheeeew ALARM!” Momotaro e Yuko trasalirono insieme, impercettibilmente, fra la totale indifferenza. Nessun’altro in quell’aula poteva sentire la sirena psichica d’allarme, segno concordato per un attacco imprevisto degli alieni. La penna di Momotaro, proteso in maniera tanto compromettente, cadde sonoramente in terra. La prof. si voltò di scatto, trionfante, stringendo gli occhi rugosi con fare di rimprovero e… Rimase così. “Siamo salvi!” Gridò Momotaro. “Di che diavolo parli?” Fece Yuko, indispettita. L’inaudibile voce nella loro mente, dal canto suo, pronunciò queste 6 nitide parole “Comma 22 attivato, congelamento temporale preventivo!” L’aula si fece immobile, sospesa fra due attimi distinti. “Megamushiton, prepararsi al teletrasporto!” Yuko si sciolse rapidamente i capelli, impugnando fra le mani l’ornamento simbolo del suo totem protettivo. “Momo-kun faresti meglio a sbrigarti, dobbiamo raggiungere il tetto”. La finestra del terzo piano era già aperta, così lei saltò fuori senza pensarci due volte, in un turbinio di ciocche traslucide color corvino.
Momotaro prese goffamente il suo zaino appesantito, poi corse verso la porta dell’aula, girando intorno ai suoi dodici compagni di classe congelati. Il corridoio era deserto, tranne che per l’inserviente del piano, altrettanto silenzioso e immobile. “Bene!” La gemma appesa al suo collo restituiva il più tiepido dei lucòri. Corse verso la ripida rampa di scale, rischiando d’inciampare nel secchio dell’acqua o nello scopettone. In pochi secondi raggiunse l’ultimo piano. Sentì spalancarsi rumorosamente una porta, fastidiosa barriera fra lui e l’obiettivo designato “Aspetta, ragazzino!” Ieyasu, capitano della squadra di kendo, studente dell’ultimo anno e orgoglio accademico di tutta la scuola. Per buona misura, anche lui graziato dal sacro potere degli insetti combattenti. Tutti lo amavano, tranne. Momotaro. Ore-no-rivairu! Il mio rivale. “Senpai, fatti da parte!” Niente dialoghi superflui, non c’e tempo. Già il colonnello Guildenstern, a bordo della super-astronave Sky-King, stava sorvolando il tetto della scuola; i due corrono in cima, trovano Yuko ad aspettarli. Come un sol uomo, le tre voci gridano “Megamushiton, attivazione!” In un attimo, spariscono nell’aria.
La situazione è molto seria: Gametrazod, la tartaruga carnivora a tre teste, si è abbattuta come un tornado nel centro urbano di Tokyo, calpestando palazzi e spuntando fuoco a destra e a manca. Tali situazioni sono rare persino nel 2560, epoca del più lungo conflitto interplanetario. L’esercito non può nulla, contro simili nemici. Occorre il coraggio di particolari eroi. Rapidissima, un’ombra oscura per un attimo il campo di battaglia. Il suo muso affusolato già punta verso Levante, mentre con la forza del tuono tre giovani discendono sul campo di battaglia. “Yuko-chan, tu attacca la bestia, io e Momotaro pensiamo ai suoi sgherri di terracotta” Stupido saccente… “Chi ti ha eletto capo del gruppo?!” Fece Momotaro. “Wakaruhime, proteggimi nel momento del pericolo” Yuko cadde in ginocchio, evocando la prima bestia robot di ogni situazione, la grandissima, pelosa falena leopardo. In un turbine, saltò in sella e puntò dritta sul mega-rettile invasore. Ieyasu estrasse la lunga e splendida bokken, simbolo del suo lignaggio, correndo incontro ai duemila haniwa corazzati, guerrieri automatici emersi dalle profondità del suolo, inconfondibile segno di ogni attacco alieno. Così, la battaglia entra nel vivo. I due giovani eroi, fieri nel mezzo della mischia, respingono strenuamente la marmaglia nemica. Momotaro impugna una coppia di jitte acuminati, contenuto segreto del suo sciatto zaino. Yuko, volando in cielo con Wakaruhime, distrae il mostro colossale con salve di missili e frecce fiammeggianti. Ben presto arriva il momento dell’empasse. Gametrazod presenta le tipiche caratteristiche di una creatura di tipo diamante. La falena, che è un tipo celeste, non potrà mai sconfiggerla. “Ieyasu, evoca il tuo robot, qui ci penso io” Momotaro sapeva quando farsi da parte. Ancora una volta, il senpai avrebbe ricevuto dal colonnello gli allori della situazione. Nessun mostro può resistere a Tadakatsu, il possente millepiedi elettro-corazzato. Meglio restare a terra, proteggere la popolazione… “No! Hai ragione, ragazzino, stavolta tocca a te!” Un falco pellegrino gridò da lontano, gettandosi spietato sulla sua preda. “Co.. Cosa..?” La gemma magatama stava diventando incandescente. “Momotaro, chiama Kabu-san! Combatti quest’oggi con tutte le tue forze, fallo per noi!” Il sole parve accendersi di una luce nuova, mentre il giovane ardeva di una fierezza sconosciuta. “Il mio momento! Megamushiton, attivazione!” L’asfalto della strada sviluppò un subitaneo rigonfiamento, mentre un fischio assordante risuonava dalle profondità del suolo. Come sorgendo da un vulcano, lo scarabeo cornuto totemico di Momotaro emerse in superficie. Kabu-san, roboinsetto di tipo hercules: l’invincibile dynastinae, noto come kabutomushi, dalla forma simile a un elmetto samurai, che guarda il modo dai due lati di una lunga spada biforcuta. Il più forte fra i coleotteri, anzi, fra tutte le creature (in proporzione) capace di sollevare un peso pari a 250 volte quello del proprio corpo. Lontano erede dei primi mecha della Terra, perfetto rovesciatore di tartarughe policefale giganti…
TO BE CONTINUED (maybe!)