Se incontri un bufalo nella foresta del parco di Yellowstone, amico guarda meglio, quello non è un bufalo è un bisonte. L’animale più grande del continente americano. L’animale più grande del continente europeo. Quell’essere che ricorderebbe molto da vicino una mucca, soltanto che è lungo 3 metri, alto 1,90, pesa fino a 900 Kg, ha i quarti posteriori di un cavallo purosangue, il davanti di un grizzly e degli ottimi motivi per portare risentimento verso l’intera razza umana. Ah, si, anche un paio di corna, piuttosto mediocri rispetto all’enormità di tutto l’insieme. Nessuno mai ci pensa, a quel paio di piccole corna diavolesche, potenziale segno di riconoscimento e classificazione. Meno di tutti, forse, gli scopritori del vecchio West, coloro che, viaggiando sui loro carri lungo la pista dell’Oregon, di queste creature ne lasciarono un’esanime scia, tanto lunga da poter collegare gli estremi limiti di un continente. Loro, i pionieri mormoni in fuga dalle discriminazioni delle colonie inglesi, non andavano granché per il sottile, né del resto lo facevano i soldati delle compagnie mercenarie, pagate per fornirgli cibo e protezione dagli “indiani”. Passati erano i tempi in cui le popolazioni semi-nomadi delle americhe sfruttavano quelle antiche mandrie con giusta moderazione. L’eroico Buffalo Bill, forse il più grande cacciatore della storia, si vantava di averne uccisi, lui soltanto, circa 4000. Gli alti cumuli dei loro crani bucefali marcavano la posizione dei campi recentemente arati, come materia prima per far da concime. Certi dagherrotipi, visti ai giorni nostri, ricorderebbero più che altro le copertine fantasy di Frank Frazetta con il mefistofelico Death Dealer, rimpiazzato per l’occasione da un cowboy, ugualmente trionfante sulle spoglie defunte dei suoi molti barbarici nemici. Se soltanto li avessero guardati due volte, prima di sparargli, non li avrebbero chiamati bufali. Avrebbero probabilmente notato quanto diversi fossero nell’aspetto dai bovidi della tradizione europea, i cosiddetti “tori lunati” dell’Eneide e della Teseida di Boccaccio. Niente puntuta luna sulla testa…Ma quelli erano tempi difficili e con il bisonte c’è poco da scherzare: l’animale che era e resta tutt’ora più pericoloso dei puma, degli orsi bruni e dei lupi messi tutti assieme. Statistiche alla mano, s’intende!
Si può essere amici di un bisonte? Sicuro! Secondo ThePossumPosse, il creatore della popolare webseries Guy on a Buffalo, si potrebbe addirittura cavalcare. Il riferimento, in effetti, è ad una serie di spezzoni tratti dal film Buffalo Rider (1978) in cui una sorta di giustiziere itinerante viaggia per il paese cavalcando uno splendido esemplare dell’irsuta specie, annientando pericolosi indiani e salvando innocui infanti dati per sperduti nell’erba. In ciascun caso una voce fuoricampo racconta per esteso, a ritmo di musica, gli eventi che avvengono su schermo. L’effetto finale non si scorda facilmente.
Il bisonte, ad oggi, non è più a rischio di estinzione. La ragione è presto detta: si è scoperto che allevandolo c’è molto da guadagnare. La carne, particolarmente saporita, viene abitualmente portata in tavola nei più prestigiosi ristoranti degli Stati Uniti e di ogni parte del mondo. Facendo accoppiare il bisonte con un bovino più mondano, come la tipica mucca, si possono ottenere quei particolari ibridi che vengono detti beefalo, molti ricercati per la loro sorprendente capacità di produrre un’ottima lana. Tutti amano l’aspetto fiero e l’imponenza del maestoso bisonte; indossarlo, quindi, è anche un’importante segno di prestigio.
Tra gli animali più simbolici del mondo, il buf…bisonte rivive ogni giorno, anche attraverso la famosa filastrocca Buffalo buffalo Buffalo buffalo buffalo buffalo Buffalo, che vuol dire: “Bisonti di Buffalo che sconcertano bisonti di Buffalo possono sconcertare [altri] bisonti di Buffalo.”
La prossima volta che qualcuno dice che l’inglese è facile da studiare, spiegategli la logica perversa di questa strana frase. E poi restate in silenzio, facendo la stessa faccia di quei due ragazzi del parco di Yellowstone, dopo l’incontro col possente re di centomila praterie dimenticate.