Possedere gli oggetti, metterli in fila e guardarli, un giorno dopo l’altro. Questo è il passatempo preferito dell’otaku, almeno per come viene visto dal nostro lontano mondo d’Occidente. Svettanti cumuli di manga, gli albi illustrati giapponesi. Frotte di videogiochi, sciami di libri e di tutte quelle altre cose attraverso cui crescere da soli. E poi, un certo tipo di hobby. Non importa che sulle sue sconfinate mensole trovino posto schiere di possenti robot guerrieri, piuttosto che giovani fanciulle in pose provocanti, l’otaku archetipico troverà sempre un qualcosa da fare con le mani; costruire, dipingere, assemblare. Il fine ultimo è l’aver acquisito la collezione completa di… Però anche la via d’accesso, per un tale stato di grazia affine al Nirvana, è di per se gradevole e importante. Proprio per questo, alcune delle più affascinanti cose moderne giapponesi fuoriescono da scatole di montaggio, prevedono l’uso di colle specifiche e una mano ferma col pennello. Il repertorio di una stanza, perché possa davvero fungere allo scopo, va guadagnato un pezzo per volta, acquisendo le doti artigiane di un vero appassionato di modellismo. Qui ci vogliono tempo e capacità: solitari si nasce, o quantomeno si diventa con fatica. Questa visione, un po’ stigmatizzante, del giovane misantropo d’Oriente prevede anche un’altro aspetto, tanto diffuso quanto chiaramente approssimativo: tutti coloro che percorrono una tale strada sarebbero, senza eccezioni, uomini. I siti di e-shopping d’importazione ci offrono oggettistica perfettamente in linea con tale preconcetto: carri armati della seconda mondiale, jet militari e altre amenità guerresche. Possibile che nessuna bambina si dedichi a una tale pratica singolare? Dobbiamo pensare che le ragazze di quel paese, una volta cresciute, mettano da parte la Barbie americana, oppure la tipica casa di bambole in stile vecchia Inghilterra? Forse no. Guardate ad esempio questi piattini, deliziose minuscole cibarie, pranzo luculliano per gli gnomi. La quantità di dettagli, la varietà offerta sembrerebbero rivolgersi a un pubblico di giovani adulte/i, piuttosto che di bambine/i. Ecco forse una versione meno aggressiva di quest’ossessione tipicamente nipponica per il collezionismo, pensata per un pubblico più vasto. La prova dell’esistenza della otaku, ingiustamente, tanto spesso, dimenticata.
Questi video provengono dal canale di RRcherrypie, un’entità misteriosa, forse uomo, donna oppure persino un collettivo di più persone, che da anni carica puntualmente su YouTube ogni nuova componente della più straordinaria dispensa dell’immaginazione. Il modellismo cibario giapponese si divide essenzialmente in due branche separate: decorativa oppure commestibile. Il primo tipo, quello mostrato nel video d’apertura, raccoglie quei fantastici piattini, dolcetti e altre squisitezze, costruiti a seconda dei casi in plastica, porcellana, ecc. Il loro uso non sarebbe immediatamente chiaro. Qualcuno potrebbe pensare che andrebbero in vetrina, per poterseli rimirare quando si ha fame, però c’è dell’altro. Le agili mani del/della collezionista ne fanno le portate di un pranzo ideale, affettando, cuocendo e portando in tavola. L’atmosfera è rilassante, quasi onirica. Sicuramente c’è del bello in questo, come se si stesse assistendo all’esibizione di un’antico rito.
Nel secondo caso, quello delle mini-pietanze pensate per essere mangiate, la procedura è differente. Nella scatola sono contenute polverine, additivi e altre sostanze gommose, da assemblare, secondo le precise istruzioni, a guisa dei cibi più svariati. Avremo quindi la caramella-hamburger, il lecca-lecca patatina e così via… Di sicuro, non riesce facile immaginarsi che sapore possano avere. Ancora una volta, RRcherrypie colpisce per la sua straordinaria precisione; qui non c’è nulla della grezza manipolazione, intercalata da brusche risa, degli altri video sull’argomento reperibili su YouTube. Il buffo dolcetto viene creato con tutto il rispetto di un cuoco mistico, ultimo depositario di tradizioni millenarie.
L’incredibilmente minuscolo, spesso, viene dal freddo. Tutto il repertorio dei racconti del piccolo popolo (nani mitologici, elfi, gnomi e altre creature) è un’appannaggio tipicamente nordico, che ci è giunto attraverso la reinterpretazione fantastica del corpus tolkeniano. Anche al nord del Giappone, sull’isola di Hokkaido, secondo la tradizione Ainu vivevano persone piccolissime. Si chiamavano Koropokkuru e abitavano in buche scavate nel terreno, sotto le foglie delle piante di asteracea. A quanto pare, in epoche remote questi esseri sovrannaturali erano soliti ricevere del cibo dai loro vicini umani, ricambiando il favore attraverso gli utili prodotti della loro sapienza silvana. Magari, chissà, la stessa procedura funzionerebbe con gli/le otaku.