Fra tutte le doti dell’intelletto la più saliente è l’empatia. Leggendo, giocando, studiando ci si proietta oltre i limiti di un solo luogo, verso mondi e situazioni diverse dall’ordinario. Prendi, ad esempio, questo grazioso cane giapponese. Siamo a Kobe, prefettura di Hyogo-ken, grande isola centrale dello Honshu. Con certi animali domestici non sei mai, davvero, una persona ferma e distaccata. Gli parli con voce infantile, ti metti a terra per stargli più vicino e partecipi di un entusiasmo particolare, che si origina fuori dal tuo ragionevole contesto umano. E la tua palla lascia la mano insieme all’anima, che sorveglia impalpabile l’amico a quattro zampe, divertito. Lanciando quell’oggetto diventi come il cane, liberamente in corsa e senza preconcetti. Comprendere a tal punto l’animale libera e schiarisce le menti subissate da mille o più problemi: resti soltanto tu, padrone e lui, beniamino con la sfera rotolante. Pienamente coinvolti, l’uno rispetto all’altro. La vostra sinergia crea un insieme di feedback interconnessi, che si accrescono a vicenda verso qualcosa di più grande. Si medita sereni, senza neanche farci caso.
L’empatia di un simile momento può pervadere ogni cosa, sia questa vivida o inanimata, incluso il pegno del vostro gioco, perennemente riportato; così, mentre pensi di essere il cane lui, a sua volta, proietta la sua individualità all’interno della palla. Giù per le scale, nell’acqua increspata di un mare d’agosto, sulle nevi candide di un paesaggio alpino, rotolando insieme le tre parti, temporaneamente unite, manifestano i presupposti per un sublime contatto con la natura.
Altrimenti, come si potrebbe spiegare questa scena? Si svolge all’interno di un tipico canale di scolo, muschioso e turbinante. Il protagonista marroncino, saltellando su alcuni pseudo-marciapiedi in affioramento, prende la palla e poi la lascia andare, lungo il tragitto della corrente. Sembra disposto a perderla, pare quasi godere di quel piccolo rischio calcolato. Nessuno scaglia il tondeggiante oggetto, eppure questo viene riportato, ancora una volta e poi di nuovo. Il gesto è superato, resta l’idea. Ma c’é dell’altro. Il padrone, dalla riva, guarda e partecipa della strana contingenza. Empaticamente, diventa cane. Che diventa palla. Che diventa il fiume, ovvero l’infinito.